In Italia e non solo c’è un grande problema e riguarda il mancato bilanciamento dei parametri che riguardano i tre criteri di Environmental, Social e Governance. Infatti, i SDGs, (Sustainable Development Goals) raccolti nell’acronimo ESG non sono normati dall’Europa in maniera calibrata, e ciò è dovuto a una diversa storia e cultura di riferimento riguardo a queste tematiche.

Norme e certificazioni, ritardo importante sulle tematiche sociali

Mentre la letteratura scientifica internazionale vanta almeno mezzo secolo di studi sull’ambiente, con conseguente elaborazione di dati, parametri, norme e certificazioni da parte dell’Europa, c’è sicuramente un ritardo importante per quanto riguarda soprattutto le tematiche sociali. Non solo: perfino tra di esse ci sono gap enormi in termini di consapevolezza e misurazione: sulle donne e parità di genere, ad esempio, esistono numerosi dati ormai (con tanto di certificazione), quasi inesistenti, al contrario, sulle persone gender variant, tanto per dirne una.

Per non parlare delle differenze tra continenti: mentre Australia, Canada e Stati Uniti stanno raccogliendo i risultati di studi longitudinali su comunità LGBTQIA+, discriminazioni BIPOC e persone disabili, in Europa si fatica ancora a individuare i target da misurare.

Sono quindi i punti 1, 3, 4, 8, 10, 12 dei 17 individuati dall’Agenda ONU 2030 ad essere indietro: povertà, salute, istruzione, lavoro, disuguaglianze, consumo responsabile. Attualmente, infatti, a differenza della E, non esiste tassonomia nè parametri formali dall’Europa che permetta alle organizzazioni di certificarsi sulla S (social) nel suo insieme, e potersi quindi assicurare l’accesso ai mercati dopo il 2030. La S insomma resta un concetto ancora nebuloso e orfano di normative.

Gli indici della sostenibilità sociale

Tuttavia, si può lavorare ugualmente sulla misurazione degli impatti: ci sono infatti tantissimi assessment, la maggior parte realizzati da aziende private, che tentano di assegnare indici ad alcuni aspetti della sostenibilità sociale, ad esempio i verticali sulla Diversity e Inclusion. Solo l’S-Assessment di ReWorld, ad oggi in Italia, riesce a misurare scientificamente e in ottica intersezionale l’impatto delle organizzazioni in termini di sostenibilità sociale, e cioè sondando tutti i punti S dei 17 SDGs: realizzato in un anno di lavoro dal DIAG Sapienza Università di Roma attraverso un progetto di ricerca finanziato dall’impresa sociale ReWorld, è stato ottimizzato da Eikon Strategic Consulting società benefit, da 30 anni leader in Italia della misurazione dei media e delle percezioni sociali. Presentato ad ottobre 2023 al ReWriters fest., ha visto subito salire a bordo aziende con TIM e RAI, tra le prime a compilare l’assessment. Uno strumento importante che risponde a quel buco nero appena emerso dal secondo rapporto annuale dell’ESG Culture Lab: totale mancanza di consapevolezza sulla sostenibilità sociale, sia in azienda sia nel sistema-Paese.

Se l’S-Assessment può fare un ottimo lavoro per creare quella consapevolezza, non può, per i motivi di cui sopra, certificare alcunché, come del resto, dicevamo, nessuno oggi può fare. Tuttavia esiste qualche punto fermo:

  • Il Rapporto ASviS (Alleanza Italiana per lo sviluppo sostenibile) e in particolare l’incontro del 14 novembre 2023, dedicato alla dimensione sociale dello sviluppo sostenibile, concentrandosi soprattutto sugli aspetti istituzionali e politici e meno sulla dimensione imprenditoriale.
  • Il CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directives), proposta legislativa del 2021 erede delle Non-Financial Reporting Directives (NFRD, direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario), in cui si prevede un insieme di informazioni su cui le aziende (non tutte) dovranno rendicontare a partire dal 2025, ma non costituisce un benchmark. Qui, però, la S non fa da protagonista, ma è analizzata insieme alla E e alla G.
  • La CSDDD (Corporate Sustainability Due Diligence Directive UE) punta l’attenzione sullo sviluppo di una forma di due diligence che permetta di controllare tutti gli ambiti dell’ESG, con verifiche e adempimenti affinché le operations delle aziende non provochino danni all’ambiente e alle persone (anche qui la S non fa da protagonista).
  • Gli ESRS (European Sustainability Reporting Standards): il 31 luglio 2023, la Commissione Europea ha adottato la prima serie di ESRS che richiedono alle società UE ed extra UE con specifici livelli di attività nell’UE di presentare relazioni annuali sulla sostenibilità (anche sociale) insieme ai loro rendiconti finanziari (anche qui la S non fa da protagonista).

Senza l’umanità

conclude Eugenia Romanelli, CEO di ReWorld

il nostro Pianeta non sarebbe in pericolo, oggi. Per questo, la responsabilità che abbiamo può considerarsi anche un grande potere: quello di riparare agli effetti dei nostri comportamenti perversi, trasformandoci da predatori in custodi della casa che ci ospita. L’ottica human, quella S dell’acronimo ESG, per noi rappresenta quindi il coraggio di Sabotare un sistema competitivo e conflittuale per costruire, invece, una convivenza di cooperazione in cui ciascuna persona possa fiorire secondo la propria natura e con pari opportunità. La sostenibilità sociale è ben raccontata dai 16 punti del Manifesto ReWriters, capaci di delinare gli obiettivi S dei 17 punti dell’Agenda ONU 2023″

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