Il lavoro. La domanda che più mette in relazione le persone al loro primo incontro è 

“Di cosa ti occupi? Che lavoro fai?”,

per stabilire una connessione – si può dire sentimentale ed emotiva – con quella identità che si costruisce per ciascuno di noi, attraverso le attività lavorative messe in atto. Non sono domande banali, non sono quesiti dentro i quali si annida la volontà di costruire un ponte di intimità e conoscenza fra identità e soggettività prima sconosciute.  

In questo scenario globale e trasversale, la performance, i risultati raggiunti e la produttività sul luogo di lavoro sono stati per lungo tempo i soli indicatori misurabili che hanno costruito le valutazioni di produttività – dunque di capacità lavorativa delle persone – incidendo fortemente sull’autostima anche al di fuori degli spazi lavorativi.  

La pandemia del 2019 ha interrotto questo paradigma, costringendo tutti a smontare quello schema pre-costituito e aprendo a nuovi scenari di scelte, facendoci riscoprire il valore umano, anche svincolato da una valutazione negli ambienti di lavoro. Il lavoro come unica fonte di senso della vita ha assunto una posizione più marginale e ha aperto ad una riflessione profonda sul rapporto tra vita personale e vita lavorativa, determinando quel fenomeno che è stato Grandi Dimissioni.

Il cambio di prospettiva

Viviamo tempi per cui il lavoro e la carriera definiscono chi siamo, non solo in rapporto con noi stessi ma stabiliscono anche il nostro status sociale all’interno di una società i cui confini, oggi, non sono affatto definiti ma attraversano culture e società molto distanti dalla nostra. Questo risulta ancora più evidente nella quotidianità in cui ci troviamo spesso a condividere comportamenti, mode, musica e abitudini.

La crescente indisponibilità a sacrificare salute mentale e benessere emotivo riflette oggi un cambiamento significativo nella percezione di vita e lavoro e mostra sempre più che la realizzazione personale, una volta solo legata al successo lavorativo, sta cedendo il passo a una valorizzazione della qualità della vita.

Un cambio di prospettiva enfatizzato nel recente libro di Francesca Coin, Le grandi dimissioni, dove l’autrice analizza proprio le ragioni di questa inversione di tendenza e propone una riconsiderazione del rapporto tra lavoro e vita.

Fenomeno economico e sociologico

Un fenomeno sì economico ma anche prettamente sociologico, nel quale un numero sempre crescente di soggetti adotta un approccio più soggettivo, valutando dinamicamente i pro e i contra di una esistenza votata completamente al lavoro. Si registra una maggiore indisponibilità a sacrificarsi completamente per il lavoro così come avveniva fino a prima della pandemia, come se altri valori avessero assunto pari rango e dignità di quello che solo lo status di lavoratore sapeva generare. 

Le grandi dimissioni rivelano una presa di coscienza complessa che non ha nulla a che vedere con la definizione di decrescita felice. I dati indicano che la situazione non è solo una conseguenza di una nuova mentalità, ma riflette una serie di sfide strutturali nel mondo del lavoro dove la dissonanza tra le aspettative dei lavoratori e le realtà organizzative suggerisce la necessità di un cambio significativo anche nella cultura e organizzazione aziendale.

Non sono solo un fenomeno, ma una chiamata all’azione 

Non solo un atto di protesta, ma una richiesta collettiva di ridefinire il significato del lavoro: è questo ciò a cui stiamo assistendo. Una realtà nuova in cui abbracciare un nuovo paradigma implica considerare il lavoro come uno strumento, un mezzo e non un fine, per raggiungere obiettivi personali, senza dover sacrificare la propria identità e dignità umana.

Il lavoro è essenziale, ma non dovrebbe essere la nostra unica strada di realizzazione, ed è necessario impegnarsi verso un equilibrio che sappia riconoscere il valore intrinseco di chi siamo al di là del nostro ruolo professionale. 

Il futuro del lavoro si configura come un paesaggio in cui il benessere è misurato in esperienze vissute e tempo dedicato alle passioni e alle relazioni, sfidando la società a riconsiderare il valore del lavoro e a costruire un paradigma che celebri la vita in tutte le sue sfaccettature.

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