C’è una proposta di legge che ad oggi mette in grande apprensione la maggior parte degli italiani, quelli che hanno a cuore l’ambiente, gli animali, la biodiversità e la bellezza dei nostri territori. Si tratta della proposta di legge avanzata dal deputato leghista Francesco Bruzzone che, così come è stata scritta, stravolge radicalmente la legge 157/92 dedicata alla protezione e conservazione della fauna selvatica e alla regolamentazione del prelievo venatorio.

Ne parliamo con Giovanni Albarella, referente Lipu per la caccia e l’antibracconaggio.

Una proposta di legge che fa paura

A che punto è la proposta di legge sulla liberalizzazione dell’attività venatoria?
Al momento è in fase di discussione in Commissione Agricoltura della Camera dei deputati, dove stanno discutendo tutti gli emendamenti, di cui oltre mille presentati dal Movimento 5 Stelle, qualche centinaio da Alleanza Verdi e Sinistra e qualche decina anche dal Pd.

Quali sono gli aspetti più inquietanti della proposta di legge Bruzzone?
A mio parere sono tre: il primo è quello in cui si prevede la possibilità di andare a caccia 7 giorni su 7; viene inoltre tolto il limite di tre giorni di caccia settimanale per il singolo cacciatore e viene abolito anche il silenzio venatorio, cioè quei due giorni settimanali, il martedì e il venerdì, in cui la caccia è attualmente chiusa. E questo avrebbe un effetto negativo non solo sulla biodiversità e sulla fauna selvatica, ma anche sulla fruizione del pubblico generico, che poi costituisce la stragrande maggioranza degli italiani. Già oggi il cittadino è fortemente limitato, perché sa che se vuole passeggiare senza rischi, può farlo solo nei due giorni di silenzio venatorio. Nell’ipotesi che la legge passasse, anche questi due soli giorni di libera circolazione sparirebbero. Il secondo aspetto inquietante è la previsione di un calendario venatorio quinquennale da approvare con legge: al momento i calendari vengono adottati con atto amministrativo e sono annuali, invece la proposta prevede un calendario quinquennale adottato con legge.

Quali sarebbero gli effetti?
Gli effetti sarebbero enormi. La prima cosa da dire è che prevedere un calendario di cinque anni è illogico, perché il calendario annuale consente di valutare come cambiano le condizioni nel tempo, ad esempio se la caccia in una determinata zona o contro una determinata specie va sospesa perché è intervenuto un motivo che rende quella specie più vulnerabile o quella zona a rischio; invece su 5 anni questo non è più possibile perché è un tempo troppo lungo, e qualsiasi cambiamento intervenga in quei cinque anni il calendario non potrà essere modificato. Inoltre è grave il fatto che, emanando l’atto con legge, si vuole rendere impossibile per i cittadini opporsi a questo calendario venatorio, come invece oggi avviene sempre più spesso, con i cittadini che ricorrono al Tar, con esiti molto spesso positivi, laddove siano in grado di rilevare delle difformità rispetto alle disposizioni comunitarie e alle disposizioni della legislazione nazionale.

Poi c’è l’altro aspetto critico, il più aberrante, che è quello del ricorso ai richiami vivi.
Questo è l’aspetto più grave di tutti. Oggi la legge consente già al cacciatore di usare i richiami vivi, una pratica lesiva della dignità degli animali. Ma cosa prevede ad oggi la legge? Prevede che gli animali usati come richiami devono avere degli anelli inamovibili per essere riconoscibili. L’anello serve perché quando il cacciatore compra il richiamo vivo dall’allevatore lo compra già con l’anello, che va messo quando è nidiaceo, entro dieci giorni dalla nascita, quindi nasce in cattività. Significa che se trovo un uccello da richiamo con anello inamovibile mi garantisce che è nato in cattività. La previsione della proposta Buzzone invece dà la possibilità ai cacciatori di sottrarre questi animali alla tutela della legge, perché basterà dichiarare che sono nati in cattività, e questo consentirà a chiunque di catturare animali in natura e immetterli sul mercato come richiami vivi.

L’Italia tradisce i dettati europei
su salute umana e ambiente

Nei confronti delle tutele europee come si pone l’Italia?
In questo momento, per via dei provvedimenti adottati dalla maggioranza parlamentare, l’Italia è sotto procedura di infrazione. E’ attiva una procedura che contesta due cose: l’adozione legislativa del controllo faunistico che non garantisce il rispetto della Direttiva Uccelli, e la violazione del Regolamento Reach, il regolamento dell’Unione europea adottato per migliorare la protezione della salute umana e dell’ambiente dai rischi che possono derivare dalle sostanze chimiche. All’inizio del 2023 è entrata in vigore l’integrazione di questo regolamento che proibisce l’uso di proiettili di piombo nelle zone umide. Questa integrazione è a tutela della biodiversità, perché l’accumulo di piombo nelle zone umide è dannosa per l’avifauna acquatica, ma il divieto tutela anche la salute pubblica. L’Italia, prima con circolare interministeriale, poi con modifica alla legge 157, ha reso vano questo divieto del regolamento europeo, per questo l’Italia è sotto procedura di infrazione. In questo caso questa violazione comporta anche un’altra violazione, perché i regolamenti europei non hanno bisogno di trasposizione legislativa nello stato membro ma vengono direttamente applicati, quindi una loro interpretazione peggiorativa comporta la violazione del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.

La scorsa estate la Commissione europea ha avviato anche una procedura Pilot contro l’Italia per le modifiche fatte sui calendari venatori, vero?
Esatto, abbiamo una procedura pilot interlocutoria con cui la Commissione Europea sottolinea alcune criticità rispetto alla Direttiva Uccelli e pone quesiti allo stato italiano che riguardano 3 aspetti:

  1. Le stagioni di caccia sono troppo lunghe, soprattutto sulle specie in fase di migrazione;
  2. E’ possibile anche la caccia su specie che si trovano in precario stato di conservazione, in assenza di piani di gestione o con piani di gestione non attuati, come il caso dell’allodola;
  3. Il fenomeno del bracconaggio resta una piaga, nonostante un piano contro il bracconaggio che rimane sulla carta. Anche su questo la commissione europea chiede chiarimenti.

Una petizione per dire NO

Quale è il suo stato d’animo per il futuro?
Al momento la proposta Bruzzone è in discussione, il M5S sta facendo un grande lavoro di ostruzionismo, e questo allenta il percorso e ci conforta. Ma ci aspettiamo che venga definitivamente ritirata. E’ per questo che abbiamo lanciato la petizione “Lasciamoli volare in pace”, con cui intendiamo dimostrare la contrarietà del nostro Paese a queste politiche nemiche della natura. Rimane comunque il tema delle mancate tutele, dell’adozione dei calendari venatori che non solo non rispettano il dettato comunitario, ma consentono periodi troppo lunghi o consentono la caccia su specie in cattivo stato di conservazione. Permangono insomma delle criticità e delle problematiche ancora molto grandi.

Non dimentichiamoci poi che tutto questo va contro lo stesso articolo 9 della Costituzione che prevede che la Repubblica tuteli l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi anche nell’interesse delle future generazioni.

L’ipotesi di un referendum per abolire definitivamente la caccia è ancora immaginabile?
Il referendum è uno strumento di partecipazione straordinario e per questo deve essere attentamente valutato sia nei tempi sia nei modi e nei contenuti. Inoltre richiede un enorme sforzo di messa in campo di impegno ed energie, e quindi va valutato nel contesto in cui ci si trova. Non la vedo una strada percorribile al momento. Quando i comitati promotori lo hanno proposto in passato e hanno avviato la macchina organizzativa credo abbiano lavorato almeno 2 o 3 anni. Noi come Lipu guardiamo a obiettivi più raggiungibili: al momento invochiamo il rispetto del dettato comunitario e costituzionale, togliere la caccia sugli uccelli in cattivo stato di conservazione, restringere la stagione venatoria, vietare pratiche anacronistiche come l’uso dei richiami vivi, e infine inasprire fortemente le pene contro i bracconieri.

Cosa ne pensa dell’articolo 842 del Codice Civile secondo cui i cacciatori possono entrare nei terreni privati senza chiedere il consenso ai proprietari? Parliamo di un articolo approvato con regio decreto del marzo 1942, quasi un secolo fa…
Noi pensiamo che sia un articolo più che superato, che va tolto e abolito. Credo che la persona proprietaria, se vuole vietare l’accesso al suo terreno, debba avere la possibilità di farlo senza ricorrere ad interventi costosi e onerosi come la recinzione e la creazione del fondo chiuso. E’ paradossale che io possa vietare di entrare nella mia proprietà a una persona che viene con una macchina fotografica o con un taccuino per scattare foto o dipingere, e non possa cacciarla se arriva con un fucile.

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