Quattro nomination agli Oscar, tre ai Golden Globes, sette ai BAFTA, otto ai Critics Choice Award, due a SAG Awards… Sono solo alcune delle candidature che The Holdlovers (Lezioni di vita) ha collezionato in nemmeno un anno dalla sua uscita nelle sale cinematografiche.

Trailer ufficiale

“The Holdlovers”, la trama

A pochi giorni dalla vigilia di Natale del 1970, gli studenti di un prestigioso college del New England tornano a casa per passare le vacanze in famiglia. Tutti tranne cinque ragazzi, i dimenticati dai genitori, gli unici che non hanno un posto dove andare. Tra questi spicca Angus Tully, giovane brillante e irriverente che si ritrova sotto la rigida sorveglianza di Paul Hunman, il professore più temuto della scuola. Così, Angus e Hunman sono costretti ad accorciare le distanze e a socializzare, superando quelle barriere interne che li rendono, ognuno a modo proprio, diversamente inadatti a questo mondo. 

Sebbene il delicato, talvolta ostile e tribolato, rapporto tra insegnante e studente sia già stato raccontato decine di volte (si pensi a capolavori come L’attimo fuggente; Will Hunting – Genio ribelle; o Mona Lisa Smile), The Holdlovers è riuscito nella difficilissima impresa di raccontare una storia vecchia come il mondo, rendendola la cosa più fresca e nuova che ci sia.

E non solo per la qualità dei dialoghi, serrati e puntuali alla Aaron Sorkin, ma anche e soprattutto per una comicità semplice e arguta che ricorda i tempi d’oro di Woody Allen. Se far ridere, al giorno d’oggi, è sempre più difficile, far ridere con intelligenza è quasi impossibile. Eppure, la commedia dolce-amaro ideata e scritta da David Hemingson e abilmente diretta da Alexander Payne, soddisfa e supera qualsiasi aspettativa in merito. 

Li cito insieme, sceneggiatore e regista, non a caso. È prassi comune ormai attribuire il merito e la paternità di un film al solo regista, senza riconoscere (e in alcuni casi nemmeno citare!) il lavoro di ideazione e di scrittura senza il quale il film non sarebbe mai esistito (e il regista non avrebbe mai lavorato). Questo mancato riconoscimento porta alcuni registi ad esercitare un’egemonia artistica, a cambiare la sceneggiatura senza consultarsi con chi ci ha lavorato per mesi (se non anni), o a riempire il film con virtuosismi che sovrastano la trama. In poche parole, il mancato riconoscimento degli sceneggiatori porta i registi a fare i bulli. 

Ecco, niente di tutto questo avviene in The Holdlovers, anzi. La sensazione è che scrittura e regia abbiano collaborato senza velleità di supremazia l’una sull’altra, senza pestarsi i piedi a vicenda. E questo non può che portare ad un’armonia complessiva difficile da non notare, ad un risultato eccellente nella sua interezza (infatti è candidato come Miglior Film agli Oscar 2024), in cui la visione registica intima e delicata di Payne rispetta e valorizza il testo brillante di Hemingson, dando vita ad una storia in cui vige la vecchia e buona regola: semplicità=qualità. 

Tre sfumature di solitudine

Siamo al Barton College, una scuola in cui gli studenti sono giovani ricchi e coglioni, come li definisce Paul Hunman (Paul Giamatti), il rigido professore di storia che sorveglierà per le vacanze di Natale gli studenti che rimangono al college. All’inizio i ragazzi dimenticati dalle proprie famiglie sono cinque ma presto, grazie ad un meccanismo di dimezzamento alla dieci piccoli indiani, Angus Tully (Dominic Sessa) rimarrà solo. 

Così, si forma un insolito trio composto da un burbero professore di storia che ha sempre preferito i libri alle persone; un giovane studente ricco e orfano, nonostante entrambi i genitori siano ancora in vita; e Mary Lamb (Da’Vine Joy Randolph, candidata agli Oscar 2024 come Miglior attrice non protagonista), la cuoca della scuola che ha perso da poco il figlio in Vietnam. Mary fa da contraltare alla mandria di ragazzini ricchi e coglioni che frequentano la Barton, rappresentando con il suo modo di fare dolce ma deciso tutte quelle persone che passano la vita a lottare perché nate con “una coperta troppo corta”. 

Tre personaggi, tre modi di pensare, tre storie che poco hanno in comune se non un enorme tema di fondo: la solitudine, che sia una scelta di vita, frutto della perdita di un caro o di un abbandono. La convivenza forzata di questo strano trio da commedia affronta tematiche tutt’altro che divertenti e ci ricorda che l’essere umano è, prima di tutto, un animale sociale.
Così, il burbero professore, la madre in lutto e lo studente ricco e viziato impartiscono gli uni agli altri (e allo spettatore) delle preziose “lezioni di vita”, che insegnano l’importanza dei rapporti umani in un mondo che ci vuole sempre più soli. 

Condividi: