Faccio soprattutto comunicazione, ovvero l’ufficio stampa, da oltre vent’anni, soprattutto in ambito musicale. Per questo un sacco di persone, artisti e non (ma soprattutto chi si sente diverso dagli altri) mi contatta convinto che sia solo uno come me che gli manca per vincere. Come se nella musica contasse vincere.

Trovato il giusto comunicatore, trovato il modo di arrivare al pubblico, quasi tutti coloro che vogliono comunicare partendo da poco e niente, si dicono più o meno queste parole: vuoi che il pubblico e/o mercato non si innamorino di quel che sto facendo? Sono così bravo / il mio prodotto è così “top”, me lo dicono un po’ tutti. E se anche non me lo dicono, lo so.

Il problema, diciamolo, è il sistema, pensa il cliente medio di un comunicatore in ambito creativo artistico. “Il mio genio – pensa l’artista sinora incompreso – inferiore solo forse (e dico forse) a quello di David Bowie e alla coppia Lennon McCartney, perché non è stato ancora apprezzato dai più? Semplice! Perché non ho la giusta comunicazione. Se faccio questa cosa, se mi sporco solo un po’ comunicando, arrivo al top. E’ sicuro. E’ scritto nelle stelle. E’ certo. “E se poi non succedesse? Beh, è ovvio, la colpa è di chi comunica e che viene pagato, spesso non poco, per comunicare una cosa così bella e geniale come la mia musica. Io sono un genio e lo so”.

Bene, dopo questa introduzione che senz’altro può far capire a chiunque quanto sia stressante e a volte inutile (certo, spesso inutile e stressante allo stesso tempo) la vita di un comunicatore attivo a livello medio tra spettacolo e intrattenimento, ecco cosa ho capito della faccenda. Sono poche righe, poi passiamo ad altro.

Il prodotto spettacolo / musica / canzone è fatto in buona parte di comunicazione. Perché, come mi ha detto una volta Saturnino in una bella intervista, la cosa più importante per un artista è arrivare al pubblico. Chi crede che il pubblico vada in qualche modo circuito e vinto con chissà quali strategie e chissà quale attacco comunicativo probabilmente non avrà successo.

L’artista, soprattutto la popstar, vive per avere successo: non per essere il numero uno, ma proprio del contatto con le persone. La popstar sa in fondo di essere uno qualunque, lo sa Vasco Rossi, lo sa Elton John, così come lo sapeva Freddy Mercury. Per questo sa arrivare a tutti.

Fatti sentire

E quindi, come fare per far conoscere a tutti la propria musica, se si è ancora sconosciuti o quasi? Certo, comunicare attraverso un ufficio stampa è una bella strada. Ma non può essere l’unica. Va percorsa mentre si prova a farsi sentire in qualche concerto / dj set (anche piccolo, va benissimo), mentre si prova a far inserire i propri pezzi in qualche playlist importante (tipo quelle di ReWriters che trovate qui – e mentre si partecipa a qualche contest serio, mentre ci si fa sentire da label specializzate nello scovare nuovi artisti come Jaywork Music Group.

Non sono molti, i contest seri. Tra questi c’è senz’altro MINI Meets Music Contest, che va avanti fino al 30 settembre ed ha una formula davvero particolare. Qui, sul sito ufficiale, se vi sentite potenziali star e professionisti della musica, trovate 5 domande a cui rispondere con un video selfie… E quindi sì, certo che in un video conta la capacità di comunicare, non solo cantare, suonare e produrre. Quest’anno, MINI Meets Music Contest cerca un producer e una songwriter.

Tornando solo per un attimo alla comunicazione, sempre in ambito Meet Music e dintorni, Mauro Ferrucci ed Alice Basso hanno partecipato alla manifestazione dando un ottimo consiglio a dj, cantanti e produttori per quel che riguarda i sociale: invece di fare finta di essere star (se non lo sono ancora), gli artisti potrebbero mostrare sui social come fanno a fare musica nei loro studi. Trovate qui un bel video di oltre 50 minuti per approfondire la faccenda.

Fino al 27 settembre invece potete iscrivervi al Rock Contest, storica manifestazione toscana a cui quasi trent’anni fa ho partecipato anche io con una formazione chiamata Il Papa. Non c’entrava niente il Santo Padre. Il cantante, bravissimo, era Stefano Papa e io riuscii ad imporre il nome perché faceva molto ridere. Decine di persone mi fecero i complimenti dopo la nostra breve esibizione, soprattutto perché il fonico aveva deciso di alzare troppo il volume del mio synth e del mio piano elettrico… E fummo eliminati subito.

Eppure non fu un trauma e sono ancora qui, a occuparmi in qualche modo di musica, spesso non troppo alla lontana. Amare la musica è un viaggio che di solito non ti porta sul palco da protagonista davanti a 50.000 persone. Ma è parecchio bello lo stesso.

Condividi: