Ci sono paesi nei quali la drammaturgia si pone come reale asse portante di uno spettacolo. Ci sono penne che hanno il potere di trasmettere emozioni e contenuti al di là del preciso contesto storico in cui si colloca la narrazione. Caryl Churchill è sicuramente una di queste e il suo Top girls ha dimostrato nella sua attuale messa in scena nazionale una inusuale capacità di trascendere ogni coordinata spazio-temporale.

Già dal sorprendente prologo, questa dimensione prende forma, nel surreale pasto amenamente condiviso tra donne celebri, che affastellano e sovrappongono chiacchiere solo apparentemente futili, in realtà fondative della forza femminile, mischiando con divertita irriverenza epoche e caratteri. Su una scena essenziale, nei mirabolanti costumi di Daniela Ciancio, convengono in una sorta di ultima cena ipotetica, volta a festeggiare una promozione, la Papessa Giovanna, Dulle Griet protagonista di un celebre quadro di Bruegel il vecchio, Lady Nijo poetessa giapponese poi monaca, Isabel Bird esploratrice, la Griselda narrata da Chaucer e Boccaccio, banchettano sulle proprie ambizioni e sventure come fossero a un tè tra vecchie intime. Lasciano sullo sfondo gli uomini, che non compaiono mai sulla scena, ma stendono sulle loro esistenze l’ombra di un potere atavico, che diviene anche oggetto di irrisione dalle nostre antecedenti protagoniste di un potere di altra fattura.

“Top girls”, la storia

Eppure, nel rocambolesco precipitare ai nostri giorni, o meglio nell’Inghilterra virilmente dominata da Margaret Thatcher, la promozione della spregiudicata e avida Marlene, sembra ricalcare esattamente quegli schemi scontati al maschio, passando sui cadaveri di concorrenti anziani, rimuovendo perfino l’abbandono di una figlia. Che però, avendo intuito che la sciatta sorella di Marlene che la ha adottata è in realtà la zia di sangue e non la madre come le è stato raccontato, parte, strampalata eroina adolescente, alla riconquista della vera genitrice. 

È proprio nel confronto tra le due sorelle che si riconquista qualche traccia, seppur labile, di umanità, in una parabola a tratti comica, a tratti commovente, tra Ken Loach e i fratelli Cohen, regali di lusso, orgogli necessari e verità scomode.

Tagliente, provocatorio, spiazzante

La cifra tagliente, raffinata, provocatoria, spiazzante della Churchill trova elegante abitazione nella regia essenziale di Monica Nappo, che dirige con mano sicura e sottigliezza tutte le straordinarie protagoniste, Corinna Andreutti, Valentina Banci, Cristina Cattellani, Laura Cleri, Paola De Crescenzo, Martina De Santis, Simona De Sarno, Monica Nappo, Sara Putignano, ben lontane dalla ricerca ossessiva del solito nomino televisivo, la cui indispensabilità smentiscono. Lode sia dunque al coraggio produttivo del TeatroDue di Parma, non nuovo a imprese insolite. 

Pieno, strapieno il Teatro Vascello di Roma, anche di un pubblico decisamente giovane, a riprova del fatto che l’intelligenza al potere (in questo caso assolutamente femminile, proprio come nello splendido Bostonian Marriage al Teatro India) fa anche botteghino.

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