Nel settembre 2008 sulla Fox arrivò Fringe, una serie ideata da JJ Abrams, Alex Kurtzman e Roberto Orci, mentre Joel Wyman e Jeff Pinkner furono i capo sceneggiatori.

Protagonisti di Fringe furono Joshua Jackson, Anna Torv, John Noble, Jasika Nicole, Lance Reddick, Blair Brown, Kirk Acevedo, Orla Brady, Michael Cerveris e Leonard Nimoy.

Moltissime le guest star, tra cui Christopher Lloyd, il mitico doc Brown di Ritorno al Futuro.

Fringe, quasi quanto Lost, sempre di JJ Abrams, fu tra i programmi che, citando Entertainment Weekly, “ha cambiato il concetto di serie tv” per via di una trama orizzontale che si è dipanata per quasi tutti gli episodi, in particolare per le prime tre stagioni.

Se oggi si parla molto di multiverso, lo si deve anche e soprattutto a Fringe, che ha reso il concetto fruibile per molti, ispirandosi ai documentari di National Geographic.

Attualmente presente nel catalogo di Prime Video e del canale generalista Warner Tv, Fringe usò diversi espedienti narrativi per rendere gli universi paralleli qualcosa di verosimile, accompagnandoci, letteralmente per mano, nell’altro universo.

Le tante fonti di ispirazione di Fringe

Si è spesso paragonato la serie di Abrams a X-Files di Chris Carter ma i rimandi più evidenti sono altri. Primo tra tutti l’ispirazione alle sceneggiature di Stati di allucinazione, film cult degli anni ’80, che vedeva protagonista proprio Blair Brown insieme al grande William Hurt.

Hurt era spesso a suo agio con il genere fantascientifico, vedere l’altro meraviglioso cult, Fino alla Fine del Mondo di Wim Wenders, a fianco di Solveig Dommartin, co-sceneggiatrice del film insieme a Wenders.

Anche Fino alla Fine del Mondo è sicuramente uno delle fonti di ispirazione di Fringe, in primis per il riferimento ai sogni come droga da cui è impossibile fuggire, ma non solo.

Impossibile citare tutte le fonti di ispirazione della serie di Abrams ma non possiamo dimenticare Star Wars, per via del rapporto controverso e nel contempo bellissimo tra Peter (un Joshua Jackson eccezionale) e Walter Bishop (un John Noble favoloso), entrambi scienziati, che rimanda chiaramente a quello tra Luke (Mark Hamill, meraviglioso) e Anakin Skywalker/Darth Vader.

Non si può nemmeno dimenticare Blade Runner, omaggiato in più occasioni dalla serie di Abrams, in particolare nell’episodio Do Shapeshifters Dream of Electric Sheep?/ Ma i mutaforma sognano pecore elettriche? (in Italia tradotto con Sono tra noi) che rimanda al titolo originale del romanzo di Philip K. Dick, Ma gli androidi sognano pecore elettriche?.

Detto episodio, oltretutto, è incentrato su cosa ci rende umani, uno dei temi portanti del romanzo di Dick e della sua trasposizione cinematografica diretta da Ridley Scott.

Molte serie degli ultimi anni, tra cui Dark e Stranger Things, hanno a loro volta preso ispirazione, in maniera molto evidente, da Fringe. In certi casi vi sono avvenimenti simili, come è successo per Dark oppure il modo di chiamare i due universi, come avviene in Stranger Things.

Il rapporto tra Eleven e Jim Hopper,  il capo della polizia di Hawkins, la cittadina in cui è ambientata Stranger Things, ha diversi tratti in comune a quello tra Peter e Walter, anche se è molto meno complicato.

In Dark, come accadeva in Fringe, si parla di rapimenti di bambini e di come ogni scelta porti alla creazione di un altro universo.

Gli Osservatori di Fringe, di cui ricordiamo soprattutto il meraviglioso Settembre (un fantastico Michael Cerveris) sono ispirati a moltissime cose e a loro volta sono stati fonti di ispirazione per molti personaggi, in primis Il Silenzio di Doctor Who.

Personaggi misteriosi e inquietanti, considerati alieni per molto tempo, sono privi di emozioni e si fanno guidare dalla ragione eppure ad un certo punto le cose cambieranno…

Tra i punti di forza di Fringe non si può dimenticare la storia d’amore tra Peter Bishop e l’agente Olivia Dunham (Anna Torv, anche lei favolosa, non solo per il doppio ruolo) per tutta una serie di ragioni.

Peter è l’anti macho per eccellenza, proprio come lo è Luke Skywalker, detesta essere al centro dell’attenzione, non ama essere definito eroe, è timido, tanto che resta sempre stupito quando la gente gli fa dei complimenti. “There’s nothing special about me”, non c’è niente di speciale in me la frase che riassume in poche parole ciò che il giovane Bishop pensa di sé stesso.

Geniale ed empatico, sa vedere oltre le apparenze e sa prendersi cura delle persone, mettendole al centro della sua vita, più di se stesso.

Il rapporto con il padre Walter lo ha segnato nel profondo tanto che in principio appare cinico ed egoista ma la sua è solo una maschera per non soffrire.

Come dirà più avanti l’altra versione di Olivia, Peter è diverso da ciò che lei si era immaginato. Nel suo diario parla esplicitamente della profonda bontà e sincerità che traspare dai suoi occhi. Qualcosa da cui è difficile non rimanere impressionati e catturati.

Se Peter ha molto in comune con Luke Skywalker di Star Wars e Faramir de Il Signore degli Anelli, Olivia Dunham ricorda assai tanto Eowyn sempre de Il Signore degli Anelli che Sophie de Il Castello Errante di Howl.

Olivia, difatti, si trova spesso a combattere in un mondo prettamente maschile, come Eowyn, per dimostrare il proprio valore, vedere gli scontri con il suo superiore, l’odioso Harris, messo a supervisionare la Fringe Division, scavalcando Phillip Broyles, nonostante Harris fosse considerato un molestatore sessuale recidivo. Segno che la testimonianza di due donne non è considerata valida quanto quella di un solo uomo.

Olivia, come il suo futuro compagno Peter, ha dei traumi infantili pregressi, legati sempre a Walter, eppure ha imparato ad essere empatica e ha usato la propria rabbia e il proprio dolore per diventare un ottimo agente, in difesa delle vittime, senza mai cercare vendetta ma solo giustizia.

La sua empatia colpisce spesso lo spettatore, vedere, tra le tante scene, quella in cui capisce il dolore e la paura della piccola Emily nella quarta stagione, sopraffatta da qualcosa di più grande di lei.

Quando Olivia capisce di essersi innamorata di  Peter nella seconda stagione, si renderà conto di non poter fare a meno di lui perché per la prima volta in vita sua, come canterà nel magnifico e sottovalutato episodio Brown Betty, si sente capita e non deve fingere.

L’amore per il giovane Bishop, la spingerà a mentire per non perderlo, portandola a devastanti sensi di colpa che allontaneranno i due ragazzi in una serie di fraintendimenti.

Sarà proprio la sparizione di Peter, dovuta alla scoperta delle sue vere origini, che spingerà Olivia a lottare per l’uomo che ama, al quale confesserà in maniera molto toccante i propri sentimenti

Colpita infatti dal giovane Bishop, che mai e poi mai le ha imposto la sua presenza e anzi le è stato vicino in maniera silenziosa e attenta, Olivia ha compreso quanto sia importante questo tipo di amore.

Peter ha sempre vegliato su Olivia come una sorta di angelo custode silenzioso, disposto anche a lasciarla andare pur di vederla felice, e se questo non è amore…

Sarà sempre Olivia a fare il primo passo nella loro storia, persino quando i due faranno l’amore la prima volta, rovesciando i cliché di molte storie d’amore.

La complicata quarta stagione

E nella quarta stagione, assai complicata nelle trame della serie, scopriremo che Olivia fa sogni erotici su Peter, aiutando non poco le donne ad identificarsi in un personaggio femminile che non ha paura della propria sessualità e che ha pulsioni sessuali come tutti.

Quante volte è successo che una donna veniva dipinta come un pezzo di ghiaccio, che non doveva farsi baciare prima del matrimonio? Quante volte ci hanno dipinte come marionette prede dei desideri altrui?

Ai tempi trovai surreale che fossero alcune donne a ritenere Olivia manovrata da Peter, solo perché sognava di fare l’amore con lui, come se una donna non dovesse avere questo tipo di pulsioni.

La storia di Olivia e Peter è rivoluzionaria perché lui non pretende mai nulla da lei, la rispetta come persona, la ama profondamente senza mai imporsi e lei, sentendosi libera come non mai, si apre a lui, svelando i propri sentimenti.

I due non si completano, come spesso avviene in troppe storie, ma al contrario camminano insieme, dimostrando, come diceva un fan ai tempi:

“L’amore non è trovarsi, quello lo sanno fare tutti, amore è restare insieme quando tutto sembra crollare”.



Olivia è diventata importante anche per via della sua splendida amicizia con Charlie Francis (Kirk Acevedo, attore superbo), simbolo di come l’amicizia tra uomo e donna sia possibile, senza mai travalicare e diventare altro.

Olivia è una sorella minore per Charlie e questi è il fratello maggiore che tutte vorremmo avere. Tenero, protettivo ma mai invadente anzi capace di mostrare il suo lato fragile per far riprendere Olivia da un brutto incidente.

Diversi personaggi femminili colpiscono lo spettatore in Fringe, tra tutti vorrei iniziare dalle due Astrid (Jasika Nicole, attrice meravigliosa).

La nostra, ovvero la Astrid del primo universo che conosciamo, è una delle poche persone a tenere testa a Walter e al suo narcisismo patologico, non è affatto la sua badante, come in troppi hanno pensato.

Astrid non ha paura di dire a Walter quando sbaglia e si comporta da vera amica con Olivia.

Se proprio dobbiamo trovare un difetto reale al personaggio, è il non aver approfondito la sua vita personale e in questo ci vediamo la lunga mano della Fox, che troppo spesso è intervenuta sull’andamento di Fringe (e non solo di essa).

Jasika Nicole, l’interprete di Astrid, è infatti lesbica e sarebbe stato interessante poterne parlare attraverso il suo personaggio.

Paradossalmente Jasika Nicole ha avuto più mano libera per l’altra versione di Astrid, dove, attraverso la quale, ha parlato in maniera molto realistica di autismo, usando l’esperienza reale della stessa attrice, che ha una sorella autistica.

Alt Astrid, difatti, è affetta da autismo ma non è simile a nessun personaggio visto al cinema o in tv prima di lei.

Non la vediamo mai dondolare, né avere tic nervosi, è intelligente ma lo è anche la nostra Astrid ed è capace di avere rapporti interpersonali, anche grazie a chi riesce a superare la sua barriera emotiva.

In un episodio la vediamo addirittura superare detta barriera per provare a risolvere la difficile relazione con il padre.

La ragazza ha paura che la propria condizione possa aver complicato questi rapporti, non è dunque totalmente chiusa in se stessa ma al contrario cerca un confronto, a suo modo, con i propri tempi, con gli altri.

Ed è esattamente questo l’autismo: un diverso approccio nelle relazioni interpersonali, un diverso modo di esprimere i sentimenti, non l’assenza degli stessi.

Nina Sharp è un altro personaggio interessante. Interpretata da una bravissima Blair Brown, è, di fatto, la reale padrona della Massive Dynamic, multinazionale farmaceutica e tecnologica, che chiaramente si ispira a reali aziende del settore, come la Apple, la Microsoft e svariate altre.

Nina è colei che comanda, è un esempio di come le donne possono arrivare ai piani alti, senza essere mal viste come arrampicatrici sociali.

Dopotutto è stata lei, insieme a William Bell (un immenso Leonard Nimoy), a fondare la Massive Dynamic e se a volte appare ambigua e quasi inquietante, altre volte è colei che porta la squadra nella giusta direzione.

Viene da pensare che fosse considerata malvagia in quanto donna di potere, anche se i veri maneggi li ha fatti qualcun altro nella serie.

È impossibile parlare di tutto quello che Fringe ha lasciato ma non si può chiudere questo articolo senza citare le due Elizabeth Bishop (Orla Brady, altra attrice di spessore, che pur apparendo poco ha colpito i fan della serie), due donne diverse eppure simili.

La nostra Elizabeth si è ritrovata da sola a crescere un figlio, dopo che il marito Walter era stato rinchiuso in un manicomio criminale, a causa dei vari delitti commessi, in primis quello della propria assistente Carla Warren.

Elizabeth, a conoscenza di molti segreti del marito (che non vi sveliamo per non rovinare la sorpresa a chi non conosce la serie), cresce Peter con affetto, attanagliata dai sensi di colpa e cerca di insegnargli a essere un uomo migliore di suo padre.

Durante tutto l’arco della serie, infatti, viene spesso ripetuta una frase, che peraltro farà da collante anche per la storia tra Peter e Olivia, ovvero:

Na einai kalitero anthropo apo ton patera tou” che in greco significa appunto “Sii un uomo migliore di tuo padre”.

Per Peter ed Elizabeth era un messaggio in codice, era un modo per dire: “bada ai tuoi cari” cosa che Walter non aveva saputo fare, troppo preso da se stesso e dalla sete di potere, in cui la scienza era un mezzo e non un fine.

Se Peter è diventato ciò che è, lo si deve appunto anche ad Elizabeth, che lo ha spinto a creare un mondo migliore, senza calpestare mai nessuno.

L’altra Elizabeth si dimostrerà persino più forte della nostra, capace di superare un trauma terribile, causato dal nostro Walter, che arriva a perdonare, nonostante tutto, diventando il suo tulipano bianco.

Chi ha visto la serie, sa di cosa parlo.

E il gesto di Alt Elizabeth, come svariate altre cose, compreso il cambiamento di Alt Liv, hanno aiutato lo spettatore a capire che l’altro universo non era cattivo e aveva le sue ragioni per odiare il nostro.

Le persone di quel mondo sembrano lo specchio di quelle di alcune nazioni, ritenute a torto sottosviluppate, che sembrano mostri agli occhi degli occidentali per il loro modo di vivere, diverso dal nostro.

E per le loro reazioni, che a noi paiono esagerate, eppure hanno delle motivazioni solide dietro. Fringe insegna ad andare oltre le apparenze perché “Niente è come sembra”.

Si può vedere Fringe su Prime Video in abbonamento, oppure su Warner Tv gratis.

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