(English version below)
Come altri tipi di tumore, anche quello al seno ha risentito dell’impatto inatteso della pandemia, responsabile della riduzione (se non interruzione) di servizi e cure per malattie croniche: si è assistito a un’invasione di pazienti che ha messo a dura prova il personale sanitario e a una grande paura di esser contagiati che li ha tenuti lontani da ospedali e strutture di cura.
Non c’è tempo da perdere: non dobbiamo trascurare la categoria di malati di tumore al seno che riguarda in larghissima parte (ma non unicamente) le donne, e che richiede cure costanti.
Ottobre è stato il mese dedicato alla sensibilizzazione e prevenzione del cancro al seno. Diverse sono state le iniziative a livello europeo per dare visibilità a una malattia che, stando ai dati dello European Cancer Information System, nel 2020 in Europa ha rappresentato il 13% dei nuovi casi di tumori diagnosticati, vincendo il primo posto per diffusione.
Si stima che il cancro al seno rappresenti oltre il 28% dei tumori che colpiscono il genere femminile e che una donna su sette rischia di diventarne vittima. A livello europeo la situazione è molto varia, con ampie differenze nell’incidenza e nel tasso di mortalità tra i paesi più colpiti (quelli dell’Europa dell’Est) e quelli meno (dell’Europa occidentale e del Nord) .
Europa Donna, la Coalizione europea per il tumore al seno , tra luglio e agosto 2020 ha condotto tra i suoi membri (di cui 24 sono paesi UE) un sondaggio sullo stato dei servizi per la diagnosi e il trattamento del tumore al seno.
Quanto alla presenza di piani nazionali sui tumori, programmi di screening e tempestività nella somministrazione delle cure, i risultati sono abbastanza soddisfacenti. Non altrettanto si può dire per la presenza e funzionamento delle Unità specializzate e, in particolare, la presenza di sistemi di certificazione e accreditamento di queste, così come per le attività di supporto alle vittime di tumore in fase metastatica (avanzata).
Alle difficoltà psicologiche e alla mancanza di sostegno si sommano quelle pratiche dovuti a pregiudizi annosi che spesso sfociano in veri e propri fenomeni di discriminazione. Parliamo, ad esempio, del ritorno al lavoro (ovviamente, mi riferisco a quelle donne che un lavoro ce l’hanno!).
Per le sopravvissute, lo scenario è tutt’altro che ottimistico: in Europa oltre la metà delle vittime di tumore al seno sono donne in età lavorativa e la gran parte sarebbe disposta a riprendere l’attività professionale. Eppure, secondo un’indagine di Working with Cancer, a un anno dalla diagnosi meno di due terzi rientra al lavoro. Perché? La causa principale va ricercata in politiche in materia di lavoro rigide, antiche, ormai superate. Perché, per esempio, non consentire un adattamento dell’orario di lavoro, garantendo il diritto alla conservazione del posto di lavoro? La pandemia, abbiamo visto, ha dimostrato che la flessibilità è possibile e necessaria in situazioni di emergenza.
E non è tutto. Oltre alla mancanza di sostegno psicologico e materiale, soffrono anche per l’impossibilità di accedere a strumenti finanziari: la sottoscrizione di mutui o polizze assicurative viene spesso loro negata, perché su un malato non vale la pena investire (come se quella di malato fosse una condizione permanente, uno stigma indelebile).
Per fortuna qualche paese europeo ha reagito a questa ingiustizia e si è mosso per garantire loro la riabilitazione, introducendo nella propria legislazione il cosiddetto diritto all’oblio. Nello specifico la norma prevede la decadenza dell’obbligo di rivelare la propria condizione di malato dopo un periodo di 10 anni dalla diagnosi (o anche meno in caso di tumori con una buona prognosi). Il primo paese ad adottare tale legge è stata la Francia nel gennaio 2016, a cui ha fatto seguito il Belgio (nel marzo 2018) e il Lussemburgo (nell’ottobre 2019).
Al di là delle singole misure nazionali, cosa prevedono i decision -makers europei sul tema?
Da qualche mese la Commissione europea è impegnata su un Piano per la lotta ai tumori, il cosiddetto EU Beating Cancer Plan che, atteso a inizi dicembre di quest’anno, dovrebbe fornire indicazioni anche sul tumore al seno, in particolare sulle lacune nella conoscenza, prevenzione, diagnosi, trattamento della malattia.
Degno di nota anche il contributo di chi rappresenta la voce dei cittadini europei, il Parlamento europeo, che lo scorso giugno ha istituito una Commissione speciale per la lotta al tumore la Beating Cancer Committee (BECA), al fine di valutare opportunità e identificare normative e azioni che possano aiutare a prevenire e combattere i tumori e sostenere al meglio la ricerca.
Auspichiamo che le lacune nella gestione delle malattie croniche della prima fase della pandemia, tumore al seno compreso, siano superate, e che l’UE tutta, in uno spirito di vera collaborazione, sia capace di rispondere efficacemente alle sfide che queste malattie continuano a porre.
ENGLISH VERSION
Fight together against breast cancer:
if not now, when?
Different types of chronic diseases, including breast cancer, have suffered from the unexpected impact of the pandemic, responsible for the reduction (when not interruption) of services and treatments caused by an avalanche of patients who have severely affected the healthcare system and the fear of being infected, that kept many of them away from hospitals and treatment facilities.
There is no time to waste: we cannot neglect breast cancer patients ,for the majority, (but not only) women, who requires an uninterrupted treatment.
October is the month dedicated to breast cancer awareness and prevention. Several initiatives have been organized all around Europe to give visibility to a disease which, according to data from the European Cancer Information System, in 2020 represents about 13% of the new cases diagnosed and the most common type of cancer.
Breast cancer accounts for over 28% of all cancers affecting women: one in seven women is likely to become a victim. At EU level, the situation is varied with differences between the most affected (Eastern Europe countries) and the least affected (Western and Northern European countries) regarding the incidence and mortality rate.
Between July and August 2020 Europa Donna, the European Coalition for Breast Cancer conducted a survey to assess the management of breast cancer diagnosis and treatment among its members (of which 24 are EU countries).
As for the presence of national cancer plans, screening programs, timeliness of treatments, the results are rather good. The same cannot be said for the functioning of the Specialised Breast Units (SBUs) for their certification and accreditation as well as for the support provided to metastatic cancer victims.
Other than psychological difficulties and lack of support, there are practical obstacles due to long-standing prejudices,often resulting in discrimination. A good example is return to work (of course, I’m referring to those women who have a job!).
For the survivors, the scenario is far from optimistic: more than half of cancer victims in the EU are women of working age and a majority of them would be willing to return to their professional activity. Yet, according to a Working with Cancer survey, less than two-thirds returns to work within a year from the diagnosis. Why? The main reason is to be found in rigid, ancient, outdated policies which do not allow an adaptation of the working hours, maintaining their right to work? The pandemic has shown that flexibility is possible and even necessary in emergency situations.
And that’s not all. They also encounter problems when it comes to access financial instruments being denied a mortgage or an insurance policy, because it is not worth investing on a sick person (as if being sick were a permanent condition).
Some European countries have reacted to this injustice, introducing the so-called right to be forgotten in their legislation. Specifically, the rule states that the obligation to disclose one’s condition as a patient ends after a period of 10 years from the diagnosis (or even less for cancers with a good prognosis). The first country to adopt this law was France in January 2016, followed by Belgium (March 2018) and Luxembourg (October 2019).
Beyond individual national initiatives, what measures are the European decision-makers envisaging on the issue?
Since a few months, the European Commission has been committed to fighting cancer with the so-called EU Beating Cancer Plan which, expected in early December of this year, should also concern breast cancer, in particular knowledge gaps, prevention, diagnosis and treatment issues.
It is also worth mentioning the contribution of the European Parliament, the voice of the European citizens, that last June set up the Beating Cancer Committee (BECA), in order to evaluate opportunities and identify regulations and actions to prevent and fight cancer as well as to support research.
We hope that the gaps we witnessed in the first phase of the pandemic in the management of chronic diseases, including breast cancer, will be overcome and that the whole EU, in a spirit of collaboration, will be able to respond effectively to the challenges that these diseases continue to pose.