Un centro urbano resta vivo quando trova le energie per rinnovare se stesso senza dimenticare il suo passato, favorendo una osmosi tra l’ieri e l’oggi. E’ quello che sta accadendo ad Acquapendente, piccolo borgo dell’Alto Lazio, sul confine con l’Umbria e la Toscana, dove da qualche anno il progetto Urban Vision porta la street art tra i vicoli e le architetture antiche.

Il presente dialoga così con il suo passato, facendosene spesso portavoce, amplificando e dando colore a storie di ieri, rivisitate con lo sguardo dei giovani street artist internazionali invitati a realizzare le proprie opere.

Ringo & Birra – murale del 2016

Come accade nel murale di Ringo & Birra, dove il volto scavato di un’anziana donna, dallo sguardo profondo, si relaziona con l’immagine di un aereo: passato e futuro, tradizione contadina e progresso, terra e cielo, in un dialogo silenzioso ma intenso. E i panni stesi su quel filo che passa proprio davanti al murale non fanno che esaltare la bellezza e l’autenticità di quell’opera realizzata nel 2016.

Il passato e la tradizione contadina ritornano nel murale di Manolo Mesa, artista andaluso che ha ritratto su una parete la figura di un pastore acquesiano, conosciuto durante la sua permanenza ad Acquapendente. Già perché il progetto Urban Vision vuole che gli artisti vivano la città, ne conoscano le persone, si immergano nelle sue atmosfere, prima di realizzare i loro lavori. E’ stato così che Manolo Mesa ha conosciuto Osvaldo, il pastore ritratto in un’opera, dal titolo Retrato de Osvaldo, che esprime un senso di malinconia struggente.

Inquietudine profonda è ciò che si percepisce osservando il murale dell’artista francese La Rouille intitolato Rivoluzione empatica: c’è un volto femminile dallo sguardo penetrante, uno sguardo intenso ed inquisitorio, ma anche languido e provato: cosa ci chiede? Non è facile decifrarlo, ma la sensazione è che quel volto di donna, rappresentato su quella casa dall’architettura smilza ed ordinaria, voglia quasi esprimere la necessità impellente della donna di riscattarsi, di liberarsi dall’anonimato di una vita squallida e cupa per librarsi verso nuovi orizzonti di significato.

Ed è ancora la donna a tornare protagonista di un altro murale, quello dedicato ad Edy Lamarr, grande interprete del cinema hollyvoodiano che viene ricordata più per la sua bellezza disarmante che per la sua intelligenza. Eppure è stata lei ad inventare, durante la seconda guerra mondiale, un sistema di codifica di informazioni che ha posto le basi per il moderno wifi (proprio oggi ne parla su Rewriters la nostra blogger Denise Villa).

L’opera, di Chekos, è realizzata con una particolare tecnica che la rende ben visibile solo da lontano. Più ci si avvicina, più il volto di Edy Lamarr sembra annebbiarsi, fino a sfumare quasi del tutto i suoi contorni. Forse un modo per esprimere visivamente il modo in cui lo star system di quel tempo ha abusato della sua immagine nel tentativo di cancellare la donna che si celava dietro quel bellissimo volto.

C’è un altro volto che sembra voler svanire, ed è quello proposto dall’artista Sara Schoenlank nell’opera Human fades: un volto di ragazza che sembra fluttuare tra le pietre della parete su cui è stato realizzato, in un movimento quasi rallentato, in cui lo sguardo si smarrisce forse alla ricerca di certezze che non trova.

Un murale che sembra voler sottolineare la fragilità e la delicatezza dell’essere umano davanti alla imperturbabilità della pietra vulcanica che lo circonda.

Human fades – Sara Schoenlank

Di grande impatto è il murale dell’artista australiano Fintan Magee che rappresenta un giovane che sta annegando in piedi, con la testa incastrata in un involucro di plastica. L’opera, dal titolo Drowning While Standing, è stata ispirata dal ritiro degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi sul clima (voluto da Donald Trump ma, per fortuna, successivamente annullato da Joe Biden). Un’immagine claustrofobica che mette l’accento sull’emergenza climatica soprattutto dal punto di vista dei giovani, che si sentono oppressi dalla mancanza di soluzioni all’impellente crisi ambientale.

Ancora i giovani sotto la lente d’ingrandimento in un altro murale, opera dell’artista irlandese Helen Bur, che ha rappresentato il dramma dei bambini migranti. Sulla grande parete infatti compare il volto addolorato di un ragazzino che sembra trattenuto da mani che gli schiacciano la testa. Eppure su quella testa c’è un’aquila che vorrebbe portarselo via, salvarlo dal suo destino di morte, restituirgli quella libertà negata. Le mani rappresentano il mondo adulto delle guerre, che va a spezzare i destini dei più piccoli.

Il progetto Urban Vision di Acquapendente cresce di anno in anno in un’ottica di riqualificazione urbana, mettendo in contatto la comunità locale con il mondo degli artisti internazionali, in un dialogo effervescente tra locale e globale, tra giovani ed anziani, tra campagna e metropoli.

E del progetto fa parte anche un festival annuale, che si tiene a luglio, e che per due giornate trasforma la cittadina di Acquapendente in un effervescente museo a cielo aperto tra installazioni, spettacoli musicali e visual hologram.

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