Bark, otto racconti di Lorrie Moore: il conformismo della società americana senza mezzi termini
Racconti incentrati su uomini e donne in crisi le cui esistenze sono velate da una patina di conformismo. Lorrie Moore non le manda a dire.
Racconti incentrati su uomini e donne in crisi le cui esistenze sono velate da una patina di conformismo. Lorrie Moore non le manda a dire.
«Hai mai la sensazione che nessuno sa di cosa stai parlando, che tutti fanno finta di capire – tranne me?».
Ecco, Lorrie Moore è questa, una che non le manda a dire e che racconta il conformismo della società americana senza mezzi termini. Di lei si dicono meraviglie e molti la considerano una delle migliori scrittrici statunitensi mai pubblicate, l’unica capace di analizzare il mondo che ci circonda, i rapporti ed i controsensi all’interno della famiglia e che indaga la crisi della coppia moderna. Per certi aspetti potrebbe ricordare David Sedaris, ma i loro stili sono totalmente differenti.
Bark è una raccolta di racconti pubblicata in Italia da Bompiani e con la traduzione italiana di Alberto Pezzotta. I racconti di Bark – che letteralmente significa corteccia, ma anche abbaiare – sono incentrati su uomini e donne in crisi, alcuni stanno per lasciarsi, altri l’hanno fatto da poco e si trascinano tra rabbia, rivincita e nuove speranze. C’è una patina di conformismo che ricopre le esistenze di questi personaggi che si fanno strada attraverso le loro vite prive di qualcosa. Ognuno di loro ha una peculiarità però, una stranezza che li rende un po’ emarginati ma non troppo, quanto basta per essere accettati dalla società, per cui, alla fine tutto ruota attorno a dinamiche che conosciamo tutti molto bene.
«Perchè non vieni a cena? Faccio gli spaghetti primavera.»
«Che cosa sono gli spaghetti primavera?»
«Come gli spaghetti normali, solo che li servo tiepidi, a temperatura ambiente. Con un po’ di basilico fresco.»
«Cosa devo portare?
«Ti direi qualche stuzzichino. E un dolce. E magari anche un’insalata. E del pane, se passi davanti a un fornaio. E una bottiglia di vino. E non dimenticare la sedia. Perché noi ne abbiamo solo due.»
Lorrie Moore scrive bene, non c’è niente da dire, alcune atmosfere che riesce a creare sono sbalorditive per la capacità di descrivere sensazioni e stati d’animo. I personaggi eccentrici e sofferenti sommati al suo registro sarcastico e ad una certa dose d’ironia sghemba sono le chiavi per entrare a contatto con il suo mondo letterario. Moore ricama sulle assurdità, i controsensi, pubblici e privati di questo meltinpot culturale che sono gli americani, e lo fa mettendo tutto sotto una lente d’ingrandimento che ne evidenzia i controsensi. In ciascuno di questi otto racconti, in una straziante mescolanza di tragico e di risate ad alta voce, Lorrie Moore descrive come solo lei sa fare, l’amore e la vulnerabilità degli esseri umani.
Moore è una scrittrice che parla del suo tempo e in “Scorticatura” – forse il racconto più bello – la guerra in Iraq è sfondo e metafora dell’agire umano. Ira, il protagonista divorziato che non vuole togliersi la fede dal dito, frequenta Zora, una pediatra che realizza sculture in legno di giovani nudi e ha un rapporto morboso con il figlio adolescente. Tornando a casa da appuntamenti insoddisfacenti, Ira si prepara da bere e si siede a guardare i bombardamenti in tv. Mike, il suo migliore amico è un po’ preoccupato per la piega che ha preso la relazione dell’amico: «Non dovresti usare le persone come scudi umani – gli dice una sera – o forse sì, non lo so».