Basta guerra: disarmo militare e disarmo energetico subito. Queste parole sintetizzano i profondi sentimenti che in questi giorni emergono prorompenti dal mio cuore e dalla mia mente.

In merito alla guerra sento solo dolore e mi viene da piangere per le vittime, per i profughi, per tutte le persone che, come me, non avrebbero mai e poi mai pensato potesse davvero accadere. La guerra è orrenda e non ha mai alcun motivo, qualunque siano le condizioni invocate da chi l’ha scatenata.

Riporto a questo proposito un passo di un interessantissimo libro di Ernest Mandel (1923-1995) militante e storico trozkista, Il significato della II guerra mondiale (Ed. Puntocritico). Dice Mandel:

“…l’imperialismo tedesco non fu diverso dagli altri imperialismi: tutti erano macchiati di sangue, tradimento e odiosi crimini contro l’umanità. Ma riconoscere che viviamo in un modo di gangster non implica non dover ammettere che un determinato crimine è stato commesso da un determinato criminale in un determinato momento. Non ci può essere dubbio sul fatto che il primo settembre 1939 l’imperialismo tedesco scatenò deliberatamente e spudoratamente la guerra contro la Polonia e di conseguenza la seconda guerra mondiale. Quali che fossero le responsabilità d’insieme del sistema capitalistico mondiale e delle altre potenze imperialiste, quel preciso atto fu opera della classe dirigente tedesca guidata dal Fuhrer e dai suoi scagnozzi militari”.

E per quanto riguarda il mio giudizio sul presente e sul passato in merito alla guerra di aggressione della Russia in Ucraina non ho altro da dire.

Mi preme, e molto, invece reagire velocemente a quanto sta accadendo nel presente, ahimè non in Ucraina – dove auspico che i militari russi si rendano conto della follia in cui sono stati coinvolti e che disertino deponendo immediatamente le armi per essere seguiti a ruota dagli ucraini – quanto qui da noi.

Anni di pratica e di studio del buddismo mi hanno insegnato la semplicità ed il rigore della legge di causa ed effetto. In L’apertura degli occhi il maestro Nichiren Daishonin (1222-1282) dice: “Se vuoi conoscere le cause del passato, guarda gli effetti del presente; se vuoi conoscere gli effetti del futuro, guarda le cause del presente”. (Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, volume I, Ed. Esperia).

E in questo presente, mentre milioni di donne, bambine, bambini e uomini ucraini scappano dalla guerra e hanno bisogno di accoglienza, mentre in 15 giorni benzina, gas, bollette e prezzi al dettaglio sono raddoppiati rendendo impossibile la vita di molti, osservo con disgusto la corsa al riarmo del mio paese e dei paesi a noi vicini.

La facilità con cui è stato prima annunciato (pare fosse quiescente dal 2014) e poi votato praticamente all’unanimità l’aumento al 2% del PIL delle già insostenibili e inaccettabili spese militari (da circa 25 a circa 38 miliardi di euro all’anno!) è la risposta più sbagliata e miope che si potesse dare a questo momento. Non solo perché l’apertura del cordone del finanziamento pubblico in altre emergenze è stato mooolto più sofferto e miserevole (penso al Covid), se non addirittura intransigentemente negato (penso a quanto accadde in Grecia nel 2009), ma perché nasce dall’idea erronea che gli armamenti siano una soluzione, quando essi sono evidentemente il problema.

Gli imperialismi, come li chiamava Mandel, si scontrano sul piano militare perché producono armi e le usano, le testano, le vendono. Una guerra orrenda e assurda come questa dovrebbe farci capire che è il momento di pensare al disarmo militare non certo al riarmo.

Vogliamo costruire oggi un futuro in cui i nostri figli vivranno sicuri perché non ci sono bulli armati in giro o vogliamo che vivano con l’elmetto temendo che il primo pazzo di turno scateni guerre quando gli capita avendo a disposizione tutti gli arsenali che gli abbiamo pagato noi?

Quale catena di effetti pensiamo che il riarmo di una parte induca nell’altra se non ulteriore riarmo e dunque ulteriore minaccia?

I soloni a questo punto usualmente obiettano che se c’è in giro un pazzo ben armato (Putin in questo caso) ti devi difendere. Beh io dico che di armi in giro ce n’è già a sufficienza per distruggere il pianeta intero più e più volte, per cui non capisco davvero (specie se in giro ci sono dei pazzi) cosa potrebbero fare in più in termini di deterrenza quelle che stanno venendo finanziate invece di finanziare, con quegli stessi soldi, piani di accoglienza per i profughi (e magari con l’occasione aprire la borsa anche per quelli più scuri di pelle che vengono da sud e che sempre da guerre o altro tipo di odiosi conflitti scappano).

Ma soprattutto dico che proprio questa guerra dimostra, come del resto anche l’indecente epilogo della missione in Afganistan, che sul piano militare non vince più nessuno. Quindi più armi non servono proprio a nulla.

E’ semplice razionalità, mentre il riarmo è del tutto irrazionale e soprattutto pericoloso. Come minimo dovremmo restare come stiamo, dando un segnale opposto a quello che adesso diamo a noi stessi, ai russi, ai cinesi e a chiunque altro, ossia che nel futuro vorremmo magari avere meno armi, ma certamente non più armi.

Per avere un’idea (fonte Wikipedia), nel 2009 (come ogni anno prima e dopo) i primi nella spesa militare sono stati gli Stati Uniti che hanno speso 663.255.000.000 (leggasi seicentosessantatremiliardiduecentocinquantancinquemilioni) di dollari in spese militari (il 4.3% del loro PIL), seguiti dai paesi dell’Unione Europea con 331.123.600.000 di dollari (2% del PIL), quindi la Cina con 98.800.000.000 di dollari (2% del PIL), poi la Russia 61.000.000.000 di dollari (3,5% del PIL), poi gli altri.

Davvero abbiamo bisogno di più armi? Se le cose sono rimaste così, dal 2009 a oggi i paesi della NATO hanno speso in armi circa 153 volte in più della Russia e 100 volte in più della Cina. Abbiamo davvero bisogno di spendere ancora di più?

E vogliamo parlare poi dell’impatto climatico dell’industria militare e della sua inevitabile conseguenza, ossia la guerra? Solo alcuni numeri. Si stima che l’industria militare contribuisca da sola al 5% delle emissioni globali di CO2 senza contare l’impatto delle guerre in sé. Dati si possono trovare presso il Watson Institute for International and Public Affairs della Brown University.

E per comprendere il peso della lobby militare, basti pensare, come riporta la Rete Italiana Pace e Disarmo, che l’Accordo di Parigi del 2015 sul clima non prevede restrizioni alle emissioni legate all’industria militare. Ma non ci eravamo lasciati solo pochi mesi fa alla fine dell’ultima COP26 con l’impegno solenne dei governi del mondo di accelerare sulle misure di contrasto al cambiamento climatico?

E non è altrettanto irrazionale che proprio la crisi energetica innescata da questa guerra, invece di spingere ancora di più verso la transizione energetica e le rinnovabili, abbia avuto invece come risposta dai governi europei, incluso quello italiano, l’invocazione del ritorno alle fossili e l’apertura definitiva al nucleare?

Siamo tutti storditi, addolorati ed impauriti da questa guerra. Ma non possiamo rimanere immobili ed impotenti. Le cause che mettiamo nel presente determineranno il futuro delle nuove generazioni e del pianeta.

Oggi è il tempo di rispondere alla guerra di Putin con la riconversione della spesa militare in spesa per l’accoglienza (di tutti i profughi) e per accelerare la transizione energetica (senza nucleare).

Basterebbe davvero cominciare da una riduzione di pochi punti percentuali, senza compromettere in nulla gli equilibri militari attuali come dimostrano i numeri dati poco sopra, ma iniziando a dare un segno tangibile della direzione che vogliamo intraprendere.

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