C’è un pensiero attribuito ad Oscar Wilde che recita così:

Dopo il primo bicchiere vedi le cose come desideri. 
 Dopo il secondo, vedi le cose come non lo sono.
 Infine, vedi le cose come sono realmente, che é la cosa più orribile al mondo”.

Nessun distillato ha ispirato più di questo. Adorabile e pericoloso, per molti maledetto, la Fée Verte era quello che molti artisti volevano accanto per andare a cercare quella follia che da soli non avrebbero saputo trasformare in arte.

Pierre Ordinaire, medico francese ma residente in Svizzera, alla fine del 1700 lo comincia a diffondere come una bevanda dalle proprietà misteriose e contro ogni malattia. Era un miscuglio di erbe officinali, distillate con una gradazione tra i 45 e i 70 gradi. Principalmente Artemisia absinthium, Anice verde, Finocchio, Melissa, Coriandolo e Issopo. Per berlo aveva bisogno di acqua, ghiaccio e di intorbidire il bicchiere. Alla sua morte, la leggenda dice che abbia rivelato la ricetta alle sorelle Henriot che a loro volta la cedettero ad un certo Dubied. Costui creo la prima distilleria d’Assenzio e dopo poco insieme al genero una seconda con il nome di Maison Pernod e Fils. Le distillerie, comunque si moltiplicarono e verso la metà del 1800, la fama della Fata Verde si diffuse soprattutto in Francia, tanto da arrivare ad un consumo ai primi del 900, di 36 milioni di litri. Costava poco ed era diventato il compagno fedele di vite operaie al limite della decenza, di artisti poco accettati da una società borghese che li riteneva buoni a nulla. Come sempre ciò che non vuole essere modificato per la  sua complessità, offre il fianco a una lotta più semplice, quella del divieto.

Così l’Assenzio fu messo al bando per essere l’unico colpevole della diffusione dell’alcolismo, per aver fatto crollare il consumo di distillati di vino e in ultimo (riflettiamo) per difendere la popolazione da prodotti scadenti. Ma Paul Gauguin, Victor Hugo, Picasso, Paul Verlaine e molti altri non hanno mai mancato in quel tempo, verso le 17, l’heure verte (l’ora verde). Avrei voluto essere lì a guardarli, mentre con accessori o modi stravaganti, lo bevevano da soli o in compagnia. Uno di questi modi l’ho provato anche io: assenzio, zolletta di zucchero, cucchiaio e una piccola fiamma per riscaldare il tutto. È stato bellissimo immaginare l’effetto su queste menti meravigliose e uniche, dove la potenza del talento si nascondeva per la paura di non essere compreso.

Comunque nel 1915 venne proibita la produzione e solo negli anni ’90 fu nuovamente riabilitato, tanto da creare una battaglia per l’IGP (indicazione geografica protetta), che il paese di Pontarlier al confine tra Francia e Svizzera, ha vinto dopo 15 anni. Io credo che in questo caso la sigla dell’IGP non abbia senso, ma che come tutti i premi postumi, sia lì a ricordare quante volte perdiamo l’occasione per capire davvero che ciò che non abbiamo voluto vedere ci ha fatto perdere l’occasione per cambiare.

Condividi: