Il termine food design negli ultimi anni è diventato sempre più trendy. Ancora oggi però c’è molta confusione su cosa sia il design e quale sia il suo ruolo nel settore agroalimentare. Attraverso questo blog vorrei raccogliere e rispondere ad alcune domande che sono alla base di molte delle mie lezioni di design. Perché prima di insegnare a come fare Food Design, bisogna insegnare ai nostri studenti ad essere dei food designer.

Essere food designer vuol dire avere delle responsabilità, non solo etiche, ma soprattutto assumere un impegno concreto nella direzione della sostenibilità alimentare. Nello specifico, attraverso questo blog vorrei dimostrare come, attraverso il cibo e il design, si possano creare degli effetti farfalla positivi.

Non solo possiamo ridefinire il cibo nella catena alimentare, ma possiamo aiutare le scienze a diventare più transdisciplinari, e a sostenere le filiere alimentari verso sistemi più sostenibili e sani, sia per l’essere umano che per il Pianeta.

Cosa è un effetto farfalla?

L’effetto farfalla descrive come un incidente molto piccolo possa avere un effetto molto grande, sproporzionato e inaspettato su qualcos’altro: qualcosa di così lontano dalla sua origine che la causa sembra non essere correlata all’effetto. Nel mondo della produzione, lavorazione e manipolazione degli alimenti abbondano gli esempi di effetti farfalla, soprattutto legati a tematiche di sicurezza alimentare. Il termine effetto farfalla è per lo più utilizzato nella sua concezione negativa: una piccola azione, può portare ad un grande disastro. Ad esempio, se si verifica un guasto nei sistemi di sicurezza alimentare, più persone si ammalano, e poi si muovono…. E  questo può portare a focolai in ampie aree geografiche, coinvolgendo diversi scenari. Ne sappiamo qualcosa vero?

In questo blog vorrei parlare di effetti farfalla, ma in maniera positiva. Saper creare grandi cambiamenti partendo da piccole idee che cambiano i  comportamenti, è sicuramente una opportunità per ogni designer che vuole sviluppare nuovi prodotti, servizi e sistemi.

Perchè la società ha sempre più bisogno del design?

Le potenzialità del design sono innumerevoli. Il design nel suo essere è in continuo mutamento, cosi come lo è la società. E’ una modalità di studio e ricerca, uno strumento per comprendere le complessità e poter innovare.
Il design è uno strumento efficace per definire un nuovo equilibrio tra cultura e territorio, tra produzione e consumo. Il design oggi non è chiamato solo a progettare interazioni e a supportare esperienze, ma sempre più spesso deve risolvere la crisi di identità culturale, esaminare l’incertezza, e fornire soluzioni alla continua ricerca di valori in cui l’essere umano vive. Le comunità di consumatori di domani hanno bisogno di nuove mediazioni culturali, più flessibili e diversificate. Come dice Ezio Manzini il design diventerà sempre più un potente strumento di collaborazione, di condivisione e di rinnovamento. Credo che il futuro sarà sempre più aperto alla formazione di esperti su sistemi di co-design, capaci di usare lenti culturali e disciplinari diverse.

Senza dubbio il design può contribuire a risolvere molti dei paradossi della società moderna (pensiamo solo a quelli legati al cibo: la malnutrizione, la non sostenibilità dei sistemi di produzione, e la continua lotta contro lo spreco alimentare).

Perché il cibo ha bisogno del design?

Ho provato a rispondere durante un mio TED: perché il cibo è un prodotto culturale, che si evolve nel tempo, secondo norme sociali condivise. Ogni epoca è stata contraddistinta da comunità e gruppi che hanno attribuito un determinato valore al cibo; valori e funzioni del cibo hanno assunto un significato proprio perché condivisi collettivamente.

Il design permette di ripensare, rivedere secondo nuove chiavi di lettura, l’attuale rapporto tra uomo e cibo. Se possiamo cambiare il modo di interagire e il ruolo che gli altri assumono nelle decisioni alimentari, e se condividere con gli altri le proprie attività, storie, emozioni e realtà incide sul significato che l’essere umano dà al mangiare, allora il design può veramente influire sul valore che l’uomo attribuisce all’alimentazione e modificare le esperienze e culture del cibo, rendendole più sane e sostenibili. Progettare nuovi strumenti e sistemi significa cambiare il rapporto dell’uomo con la produzione e la distribuzione, con il proprio corpo, con i sensi e con lo spazio. Questo incide sul valore che l’uomo dà al suo cibo.

Il cibo di oggi e di domani, cosa cambierà nel significato del mangiare?

Oggi la tendenza è quella della massima personalizzazione. La personalizzazione dell’offerta risponde ai bisogni di una domanda sempre più informata, preparata ed esigente. La spettacolarizzazione della cucina in televisione ha sicuramente alimentato questo interesse forte verso la gastronomia. Mi piace usare l’espressione di “teatro dell’esperienza del cibo”, per definire questo scenario in cui gli appassionati del cibo decidono di immergersi per scoprire qualcosa di nuovo. Un’offerta ampia e una crescente domanda di identità da parte dei consumatori, legata ad una riscoperta della sostenibilità in tutte le sue declinazioni ( personale, collettiva, ambientale, sociale, nutrizionale, economica), stanno in qualche modo dando origine a nuovi valori e ad un nuovo modello alimentare ( con tantissime micro-distinzioni).

L’individuo però continua a vivere in un sistema incerto, mutevole e variabile ed è alla continua ricerca di sé stesso. I gusti e i comportamenti alimentari rispondono ad un complesso sistema di fattori situazionali e di scelte che gli individui fanno, basandosi spesso su logiche non tangibili, né facilmente prevedibili. La dimensione esperienziale e il supporto che il design può fornire in questa ricerca rivestono un ruolo cruciale.

E il designer che ruolo ha?

Il designer deve studiare gli immaginari delle persone, delle comunità e le loro culture. Il design non si occupa solo di cosa e di come costruire, ma progetta sistemi che aiutino l’uomo a ri-pensare e a ri-conoscere.

Mi piace usare la parola design thinking e critical thinking come sinonimi, perché veramente credo che il design sia in grado di insegnare a pensare.

Se vogliamo preparare il terreno per una generazione sostenibile (o come li chiamo io: i “nativi sostenibili”) dobbiamo creare per loro i prodotti e gli strumenti giusti. Dobbiamo favorire sistemi in cui forze e competenze diverse (dall’agricoltore al policy maker, dal designer all’educatore, ect.) siano in grado di collaborare. E possano collaborare.

Dobbiamo far si che la prossima generazione si senta meno causa di un problema e più parte di un sistema che può migliorare.

Dobbiamo fare in modo che le loro azioni diventino tante piccoli e positivi “effetti farfalla”.

Da dove partiamo? Partiamo dall’inizio. Armi, acciaio e malattieBreve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni di Jared Diamond. Un libro che tutti i futuri food designer dovrebbero leggere. E se siete pigri e/o non avete tempo? Trovate il documentario su internet, in 3 comode puntate (qui trovate la parte 2 e la parte 3). I miei studenti lo adorano.

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