Scrivo a distanza di quasi un mese e mezzo dalla morte di Gisella Fuochi, imprenditrice e blogger di ReWriters. Mi ci è infatti voluto molto tempo per trovare le parole e, se sono qui che provo a ordinarle su questa pagina, è grazie allo stimolo appassionato di sua moglie e delle sue più care amiche, le quali mi hanno fatto capire con vigore che non si può più aspettare, che oltre alla mia intimità c’è anche il ruolo che ricopro, quello di direttrice della testata per la quale Gisella Fuochi collaborava fin dalla sua fondazione.

Gisella Fuochi, le sue passioni e le collaborazioni

Gisella è stata una manager gentile, mi viene da descriverla così. Buyer per diverse aziende, ha girato il mondo per molti anni (fino alla Georgia, l’Armenia o l’Ecuador) e, nel mentre, ha sviluppato le passioni per il vino e per la scrittura. Passioni che è riuscita ad unire grazia alle collaborazioni con la rivista internazionale The Grand House Magazine e con ReWriters, ma anche pubblicando i suoi romanzi, in cui il vino era spesso protagonista, e aprendo una sua enoteca come imprenditrice, la piccola ConVinci (a Vinci, cittadina dove viveva con la moglie Vera), recensita dalla rivista Dove e frequentata da scrittor*, artist* e intellettual*, tra cui il cantautore Piero Pelù e il quinto enologo più noto del mondo, unico italiano, Alberto Antonini (Oliviero Toscani volle ritrarla: vedi foto qui sotto). Sue anche le creazioni a marchio Man al Work (M@W).

Gisella Fuochi, Ph. Oliviero Toscani

Se, come direttrice, posso quindi con orgoglio affermare di aver coinvolto una penna sopraffina e un naso eccezionale, tanto da pubblicare ogni mese i suoi eccellenti articoli di enologia ed intervistarla più volte per il nostro format web, come amica la faccenda è più complessa. E’ più complesso mettere da parte emozioni, ricordi, sentimenti, come forse riesco un po’ meglio a fare nei panni della direttrice di testata. Già perchè Gisella, per me, era prima un’amica e poi una collaboratrice.

Di lei ricordo soprattutto la generosità, la voglia di partecipare e l’assoluta non-conflittualità. Erano almeno tre decenni che ci conoscevamo e un filo ci legava sempre. Tra noi mai una lite, mai una polemica. Nemmeno quando non ci trovavamo d’accordo su qualcosa.

Il luogo dove ci legammo affettivamente fu casa sua al mare, che cito anche nel mio ultimo libro. Casa in cui giravano un sacco di amici e le porte erano sempre aperte. Me la prestò, una volta, lasciandomela per un weekend e ospitando anche il nostro cane ingombrante. Che divertimento, poi, quando mi aiutò ad organizzare la sorpresa per i 50 anni di mia moglie!

Fu difficile trasformarmi da amica in sua editor, assumendo la professionalità che giustamente mi chiedeva, per aiutarla a pubblicare il suo primo romanzo, Posso tornare… sempre (Medea): una gioia grande anche per me, quando uscì. Spesso, quando andavo in giro per l’Italia a presentare i miei libri o a fare speech, alzavo gli occhi e la trovavo tra il pubblico. Senza annunciarsi, senza disturbare, senza chiedere. C’era e basta. Partecipava della mia vita, dei miei successi, piccoli o grandi, personali o professionali.

Quando si ammalò, lo seppi dalla mia assistente, che era in contatto con tutte e tutti i blogger della rivista. Stavo male anche io, non avevo forze. Ma la cercai subito. Lei minimizzò: non potei quindi capire che le nostre due malattie erano imparagonabili. Adesso, rabbrividisco al pensiero che, in quell’occasione, fu lei a consolare me. E’ stata l’ultima volta che l’ho sentita, pochi giorni prima che morisse. Perfino nel momento estremo in cui lasciava questa vita, Gisella ha deciso di non disturbare, di restare sottotono, di preferire il sottovoce.

In sua memoria, al ReWriters fest. 2024, IV edizione (Gisella non se n’è persa una, di edizioni, e la foto di copertina di questo articolo la ritrae durante la terza), presenterò l’evento Contro ogni forma di violenza: pensare la morte per ripensare la vita.

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