Il 10 Maggio presso il Teatro Marconi di Roma, va in scena Alice, testo e regia di Alessandra Schiavoni, fortunato spettacolo che tratta con incisiva originalità una storia di violenza.

Nel suo spettacolo affronta il confine difficile tra vendetta e perdono, in che termini? Nella mia opera, ho affrontato l’indagine sul confine tra vendetta e perdono attraverso l’interessante e complessa dinamica tra i personaggi coinvolti. La storia segue il percorso emotivo di Emma, la madre di Alice, che si trova a dover affrontare la scomparsa della figlia e l’archiviazione del caso. Convinta che l’ex fidanzato di Alice sia coinvolto, Emma sceglie un approccio insolito per far emergere la verità. Portando in scena la madre del ragazzo sequestrato, Emma cerca di fare leva sull’emotività e sulla comprensione reciproca tra madri, cercando una sorta di redenzione o di chiarimento emotivo. Questo atto non è solo un tentativo di vendetta, ma anche un modo per esplorare il confine tra giustizia personale e compassione.

Emma si trova di fronte alla possibilità di vendicarsi per la perdita della figlia, ma anche di trovare una qualche forma di perdono o di comprensione per gli altri coinvolti nella vicenda. Attraverso questa storia, ho cercato di mettere in luce le complesse sfumature della natura umana, esplorando come il desiderio di giustizia possa coesistere con la ricerca di perdono e compassione. La madre di Emma, agendo in questo modo, si trova al centro di questo dilemma, e attraverso di lei ho cercato di esplorare i temi universali di dolore, perdono e redenzione.

Il teatro e il dolore

In un  momento in cui tv e cinema sembrano puntare  a rassicurare, il teatro resta luogo privilegiato per narrare il dolore?
Assolutamente sì. Il teatro è un contesto unico per esplorare il dolore e altri temi complessi in modo intimo e immediato. In un’epoca dominata da televisione e cinema, il teatro conserva il suo fascino proprio perché permette al pubblico di entrare in contatto diretto con le emozioni e le esperienze dei personaggi sul palco. Nel contesto teatrale, gli attori e gli spettatori condividono lo stesso spazio fisico, il che crea un’esperienza molto più immediata e coinvolgente rispetto alla visione di uno schermo. Questa vicinanza permette al pubblico di percepire in modo più intenso le emozioni dei personaggi e di connettersi più profondamente con le loro storie.

Inoltre, il teatro il palcoscenico offre una libertà creativa e un’interattività che possono essere difficili da replicare in altri media. In conclusione, nonostante la crescente presenza di televisione e cinema, il teatro rimane un luogo privilegiato per il racconto del dolore e di altre esperienze umane complesse, offrendo al pubblico un’esperienza unica e coinvolgente che difficilmente può essere replicata altrove. Nel contesto teatrale, gli attori e gli spettatori condividono lo stesso spazio fisico, il che crea un’esperienza molto più immediata e coinvolgente rispetto alla visione di uno schermo. Questa vicinanza permette al pubblico di percepire in modo più intenso le emozioni dei personaggi e di connettersi più profondamente con le loro storie.

“Alice” e il tema del femminicidio

Che approccio ha scelto per evitare di ripetere clichet sul femminicidio?
Nella mia piece teatrale “Alice”, ho scelto di affrontare il tema del femminicidio attraverso un approccio che va oltre la narrazione tradizionale. Piuttosto che concentrarmi esclusivamente sulla vittima e sul suo dolore, ho voluto esplorare anche il punto di vista della madre del presunto carnefice. Questo mi ha permesso di creare un quadro più complesso e sfaccettato del fenomeno del femminicidio, evitando il rischio di ridurre la storia a una semplice dicotomia tra vittima e carnefice. In “Alice” ho provato a mettere in luce le emozioni e le esperienze contrastanti delle due madri, entrambe devastate dalle conseguenze della tragedia.

Attraverso il confronto tra queste due figure femminili, ho potuto esplorare le radici profonde della violenza di genere e le sue conseguenze devastanti non solo per le vittime, ma anche per le loro famiglie e per la società nel suo complesso. Evitando il già narrato, ho cercato di offrire uno sguardo più ampio sul problema del femminicidio, esplorando le complesse dinamiche familiari e sociali che possono contribuire a perpetuare la violenza di genere. Questo approccio mi ha permesso di creare una narrazione più sfumata e ricca di sfaccettature, che spero possa contribuire a una maggiore comprensione e sensibilizzazione su questo tema così importante.

Centrale sembra nel suo racconto la costruzione temporale…  
Ho concepito la struttura temporale del racconto come il cuore della costruzione drammaturgica, fondamentale per l’esperienza emotiva e narrativa dello spettatore. Per realizzare ciò, ho adottato un approccio che mette al centro la tensione drammatica e il fluire del tempo, concentrandomi sul secondo giorno del sequestro di Alex e di sua madre Marta da parte di Emma, come punto focale della narrazione. Ho scelto di concentrarmi su questo specifico momento temporale perché rappresenta un punto critico nella storia, in cui le tensioni sono all’apice e le emozioni dei personaggi sono più intense. Questo mi ha permesso di creare un’intensa suspense e di mantenere l’attenzione dello spettatore concentrata sull’evolversi degli eventi.

Per realizzare questa struttura temporale, ho utilizzato diverse tecniche drammaturgiche, tra cui flashback, anticipazioni e cambiamenti repentini di ritmo. Questo ha contribuito a creare una narrazione dinamica e coinvolgente, che tiene lo spettatore con il fiato sospeso e lo spinge a riflettere sul significato più profondo degli eventi che si stanno svolgendo sul palco. Inoltre, ho lavorato per integrare la struttura temporale con gli altri elementi della piece, come i personaggi, le ambientazioni e i temi affrontati. Questo mi ha permesso di creare un’esperienza teatrale completa e che spero possa lasciare un’impressione duratura sul pubblico e stimolarlo a riflettere sulle complesse sfaccettature dell’esperienza umana.

Come ha lavorato con gli attori? La bravura degli attori è stata davvero eccezionale: la loro capacità di immergersi nei personaggi, di portare vita e profondità alle loro interpretazioni è stata davvero ammirevole. La chimica che si è sviluppata tra di noi è stata fondamentale per il successo del progetto.
Abbiamo lavorato come un vero e proprio team, sostenendoci a vicenda, condividendo idee e collaborando strettamente per dare vita alla visione artistica della piece. Questa sinergia è stata evidente non solo sul palco, ma anche durante le prove e i momenti di lavoro intensi. Inoltre, la generosità dei miei colleghi è stata davvero sorprendente. La loro dedizione e passione sono stati il vero motore trainante.

Caterina Gramaglia nel ruolo di Marta, Andrea Guspini nel ruolo di Alex , Angelica Accarino nel ruolo di Alice, sono i miei talentati e generosi compagni di viaggio insieme a Giovanna Guida aiuto regia e Alberto Basaluzzo per le musiche, viaggio che senza di loro non avrei potuto fare.

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