Competenza, british humour e coraggio intellettuale al servizio di un interscambio prezioso…. Ecco a voi Monica Capuani, navigata traduttrice di testi letterari e teatrali. La ascolto con entusiastico interesse in un intervento felicemente accompagnata da altre artiste, molte delle quali giovani, intelligenti, curiose e, come me, affaticate dal panorama nostrano. Impossibile non chiederle di regalarci qualche pillola della sua esperienza.
Monica Capuani, traduttrice appassionata del mondo anglosassone, con uno speciale sguardo al mondo femminile ci racconta oggi qualcosa del suo lavoro attento ed accurato di scouting…
Ho cominciato a fare questo lavoro di scouting, traduzione e promozione di testi teatrali contemporanei a tempo pieno da qualche anno, perché il teatro che vedo in Italia spesso mi lascia insoddisfatta per la sua distanza siderale dai temi più cruciali della contemporaneità. Londra, invece, è un bacino inesauribile di questo tipo di teatro. E così ho cominciato a tradurlo. E a cercare di trovare modi per promuoverne delle produzioni. Quest’anno ci saranno almeno dieci delle mie traduzioni in scena, nonostante il Covid. Segno evidente che di questi testi c’è un forte bisogno.
Restiamo in particolare sulle drammaturghe: qualche cenno sulle più significative?
Innanzitutto Caryl Churchill, la grande pioniera di tutte loro. Ha 81 anni e scrive ancora oggi testi straordinari per originalità, intelligenza, necessità. Lei è stata un’apripista. Quando ha cominciato a scrivere per il teatro, ha sparato a zero sul conformismo del teatro inglese e i suoi testi sono stati un esempio di instancabile capacità di innovazione. Ha difeso tra i primi il teatro di Sarah Kane. Oggi le donne drammaturghe sono un esercito. Molto rappresentate, estremamente apprezzate, diversissime. Tra le mie preferite ci sono Annie Baker, Marina Carr, Alice Birch, Ella Hickson, Lucy Kirkwood, Lucy Prebble, Melissa Bubnic, Bryony Lavery, Zinnie Harris.
Il teatro appare ancora abbastanza patriarcale nelle sue strutture di base… qui come in Inghilterra o ci sono differenze significative?
Purtroppo c’è una differenza enorme. Forse noi oggi siamo come l’Inghilterra era cinquant’anni fa, a livello di patriarcato nel teatro. In Inghilterra ci sono state molte direttrici artistiche a capo di importanti istituzioni in questi anni, ci sono moltissime registe e moltissime drammaturghe. Da noi hanno vita dura e si contano sulle dita di poche mani…
Quali sono le maggiori difficoltà che incontra chi vuole mettere in scena qui questi testi?
Molti direttori artistici e molti produttori sono cauti rispetto a questo tipo di teatro. Pensano che possa non piacere al pubblico, anche se quando riesce ad andare in scena succede quasi regolarmente il contrario. Io cerco di portarlo soprattutto ad attori e registi: loro ne riconoscono il valore e spesso riescono a trovare il modo di portarlo in scena.
Ultimamente stai dando molto spazio anche ad eventi e incontri seminariali: a chi sono destinati e come vengono accolti?
Sono destinati ad attori, registi e drammaturghi perché sono loro i veri affamati di questi testi e non li trovano, almeno non in traduzione. Finora tutti i laboratori che ho fatto hanno avuto grande successo. Leggere estratti da questi testi e sentire la potenza di fuoco di questi drammaturghi per i partecipanti è come entrare in una cantina segreta dove si possono assaggiare i migliori gin mai distillati. L’effetto è inebriante.