Lungo l’intero arco della sua carriera, Italo Calvino coltiva l’antico interesse per il teatro, la musica e lo spettacolo in genere. Tommaso Capodanno mette in scena Il cavaliere inesistente – fino al 17 dicembre al Teatro India – romanzo fantastico di Italo Calvino scritto nel 1959, terzo capitolo della trilogia araldica (insieme a Il visconte dimezzato – 1952 e Il barone rampante – 1957), dal titolo I nostri antenati.

A cento anni dalla nascita dello scrittore (Santiago de Las Vegas, Cuba, 1923 – Siena 1985), lo spettacolo, tramite una collaborazione affiatata tra la regia di Tommaso Capodanno, la drammaturgia di Matilde D’Accardi e la scenografia di Alessandra Solimene, traspone il romanzo, mettendo al centro una voce narrante di donna, un cavaliere che non c’è, un gioco fanciullesco di guerra e di amore.

«Nella mia vita ho incontrato donne di grande forza. Non potrei vivere senza una donna al mio fianco. Sono solo un pezzo d’un essere bicefalo e bisessuato, che è il vero organismo biologico e pensante»,

dichiara Calvino.

La messa in scena di Capodanno, non a caso, è affidata a quattro attrici poliedricheFrancesca Astrei, Maria Chiara Bisceglia, Evelina Rosselli, Giulia Sucapane – che, in veste di monache contadine, alternano narrazione e azione, immagine e canto, dando voce alla musica della prosa calviniana. Oltre a dare corpo ai bizzarri personaggi della storia, le interpreti evocano in scena il cavaliere con una grande marionetta, costruita per esaltare l’incanto del gioco teatrale.

“Il cavaliere inesistente” e la dimensione magica

Il cavaliere inesistente apre le porte di una dimensione magica, in cui tutto è possibile, l’invisibile appare e ciò che non esiste è più concreto della nostra stessa carne.

Il cavaliere inesistente – Tommaso Capodanno // Photo by © Claudia Pajewskij

Il 15 ottobre 2023 Italo Calvino avrebbe compiuto cento anni. Mettere in scena “Il cavaliere inesistente”: casualità o desiderio di celebrazione?
Calvino è uno scrittore difficilissimo. Ha una precisione, un mondo, un sistema di regole precisi. È il mio autore preferito, mi ha accompagnato in tanti momenti della mia vita e ormai ho proprio la sensazione di conoscerlo. Desideravo mettere in scena “Il cavaliere inesistente” da tantissimo tempo, dai tempi del liceo. Non c’è occasione migliore del centenario della nascita di Italo Calvino. Così ho presentato questo progetto, anche perché uno scrittore come lui merita di essere conosciuto, anche a teatro.

Perché, tra tutti, proprio “Il cavaliere inesistente”?
Conosco a memoria questo romanzo. L’ho letto infinite volte, in momenti diversi della mia vita e in età completamente diverse. Mi ha aiutato anche a capire me stesso. Ero sicuro che Il cavaliere inesistente fosse la scelta giusta. Amo profondamente “I nostri antenati” (trilogia costituita dai romanzi “Il visconte dimezzato”, 1952; “Il barone rampante”, 1957 e Il cavaliere inesistente, 1959, ndr), tutti e tre. Però “Il cavaliere inesistente” è quello che, per me, ha quel qualcosa in più: ogni volta che lo riprendo – che sia la terza o la quarta, la quinta, la centesima, la duecentesima lettura – riesce a parlarmi, a sorprendermi. Metterlo in scena ha portato a uno studio specifico del romanzo per poi trasformarlo in spettacolo, insieme a Matilde D’Accardi, che ha curato l’adattamento, e con Alessandra Solimene che ha creato le scene. Tutti e tre avevamo già lavorato alla messa in scena di “Todo” lo scorso anno, e lavorando singolarmente e parallelamente al testo, alla regia e alla scena, ognuno nei propri spazi, si è creata una sinergia unica che continua con questo spettacolo.

“Il cavaliere inesistente”, infatti, è realizzato tramite una collaborazione affiatata tra regia, drammaturgia e scenografia: traspone il romanzo sulla scena, mettendo al centro una voce narrante di donna, un cavaliere che non c’è, un gioco fanciullesco di guerra e di amore…
Lo studio su “Il cavaliere inesistente” è durato un anno. È un testo di grande complessità: Italo Calvino probabilmente lo ha scritto in un momento di crisi, anche artistica. Non era soddisfatto di ciò che scriveva: il neorealismo non lo soddisfaceva, era difficile pubblicare e quindi vendere racconti brevi.

Ha fatto vari tentativi sfociati ne “Il visconte dimezzato”, poi ne “Il barone rampante” e ancora ne “Il cavaliere inesistente”, un romanzo in cui Calvino, forte di questa crisi, mette in discussione tutto e si interroga sul senso della scrittura con il personaggio di Suor Teodora. L’interrogarsi sul personaggio di Suor Teodora è il fulcro del romanzo, perché mette in crisi il mondo ideale della Chanson de geste, affidando la storia a protagonisti marginali: un cavaliere perfetto in tutto, tranne per il fatto che… non esiste; un matto, Gurdulù, un eroe che non ha mai messo mano alla guerra, un eroe antieroe, Torrismondo che insegue un ideale quando lo trova, si rende conto che non corrisponde assolutamente alla realtà; e una donna: chi – in una storia così maschile – può essere più sbagliato per raccontare la guerra, se non una donna? Con questi giochi, Calvino stravolge la Chanson de geste.

Il cavaliere inesistente – Tommaso Capodanno // Foto © Claudia Pajewskij

Che cosa raccontano il romanzo e lo spettacolo?
Il romanzo racconta appunto una crisi esistenziale. Calvino stesso ha scritto “Il cavaliere inesistente” partendo dall’immagine di un’armatura vuota che agisce per pura forza di volontà e che non esiste. È un’immagine che parla da sola, più delle interpretazioni. Agilulfo rappresenta le regole, e il modello ideale che inseguono Rambaldo, Bradamante e poi svanisce. Questo però riduce la potenza di quell’immagine che invece Calvino dà per assunto, dipanandola nella trama e portandola fino alle estreme conseguenze.

Calvino è ossessionato dalle regole, dai numeri e costruisce sistemi complessissimi che porta all’esasperazione. È proprio quello che facciamo con questa rappresentazione. Lo spettacolo è affidato a quattro donne: quattro Suor Teodora (Francesca Astrei, Maria Chiara Bisceglia, Evelina Rosselli, Giulia Sucapane) che raccontano e interpretano i personaggi e che si interrogano, proprio come la Suor Teodora del romanzo, con le parole scritte da Calvino, sul senso della scrittura e delle sue difficoltà.

Come viene affrontata questa crisi?
Non interessano più gli intrecci, le trame ma se non si svolge l’intreccio, come si arriva al finale? È questa la grande crisi del personaggio su cui Calvino trova delle soluzioni divertentissime. È il cosiddetto “entrelacement”. Negli ultimi capitoli ci sono tutte queste trame che si intrecciano, si complicano sempre di più e si risolvono. Ed è veramente un turbinio il finale del romanzo. Portiamo in scena tutto questo, senza toccare nulla: restano le parole di Italo Calvino. Abbiamo semplicemente ridotto il romanzo, senza trasformare nulla.

Il cavaliere inesistente – Francesca Astrei, Maria Chiara Bisceglia, Evelina Rosselli, Giulia Sucapane // Photo by © Claudia Pajewskij

Suor Teodora, la vera protagonista

Che personaggio è quindi Suor Teodora che si fa letteralmente in quattro?
Suor Teodora, per me, è la protagonista di questo romanzo. Non è il Cavaliere inesistente, non è Rambaldo, non è Torrismondo ma è la suora. Si fa in quattro per un motivo molto semplice: non volevo mettere in scena un monologo. Ho pensato ad avere più attrici che potessero interpretarla. I personaggi sono tantissimi. La differenza tra avere quattro Suor Teodora e una è – soprattutto nel finale, nel momento dello svelamento della loro identità – che lo fanno in coro. Avere in scena quattro attrici, tutte diversissime, giovani che dichiarano in coro chi sono realmente, è passare da un io a un noi. È come se tutti noi, compreso il pubblico, dichiarassimo: “Noi siamo Bradamante”.

Come hanno lavorato regia e attrici?
L’intento è quello di portare in scena tutti i livelli presenti nel testo e riuscire a dare corpo a quel linguaggio complessissimo. Ho cercato di lavorare alla maniera di Calvino: abbiamo letto insieme “Lezioni americane”, partendo proprio dai sei pilastri enunciati nel libro (Lezioni americane è basato su una serie di lezioni preparate da Italo Calvino nel 1985 in vista di un ciclo di sei lezioni da tenere all’Università di Harvard. Il ciclo non si è mai tenuto a causa della morte dell’autore nel settembre dello stesso anno. Ogni capitolo è dedicato a sei pilastri che per Calvino rappresentano un valore fondamentale del testo letterario: leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità e concretezza, ndr).

Ci siamo concentrati soprattutto sulla leggerezza, sulla rapidità, sull’esattezza, sulla visibilità e sulla molteplicità. Abbiamo tradotto in azioni sceniche queste “regole” che Calvino si dà per la scrittura. La parola chiave per noi è stata appunto ‘regola’: ci siamo dati un sistema di regole, lo abbiamo portato alle estreme conseguenze per scioglierlo e averne uno nuovo. Le attrici sono incatenate proprio a delle regole, ogni capitolo ne ha una, portate fino alle estreme conseguenze. Si tratta di dodici capitoli e sono quasi dodici spettacoli diversi. Sembra tutto molto macchinoso e intellettuale, in realtà ci appoggiamo direttamente al testo di Calvino.

Abbiamo seguito le sue variazioni: quando cambia e introduce un elemento nuovo, sbaraglia la trama, quando cambia stile e cambiamo anche noi. Seguiamo l’andamento del romanzo per impostare le regole e il racconto. Abbiamo costruito un enorme campo di grano in cui le suore raccontano: sono delle suore ma sembrano delle contadine, all’inizio. Narrano, è uno storytelling. Suonano, recitano, cantano, muovono una marionetta gigante che è l’armatura del cavaliere, utilizzano oggetti… fanno tutto ciò che si può fare in un teatro.

Quale visione registica mette in luce lo spettacolo?
A me interessa sempre più la relazione tra ciò che succede in scena e lo spettatore. E soprattutto, come regista, mi interessa la direzione dell’attore. Abbiamo lavorato molto sulle immagini, sull’avere un impianto scenico che visivamente comunicasse qualcosa, senza essere per forza estetizzante. Ci sono tante regole, appunto, tanti modi diversi di recitare e in questo spettacolo teniamo presente tutto questo, dalla narrazione, alla recitazione caratterizzata dall’uso dei dialetti insieme all’uso dell’italiano, costruendo delle immagini che raccontano la scena. Cerco sempre di mettermi al servizio della storia che racconto e del lavoro di chi sarà in scena, di costruire un impianto utile a chi è su quella scena per creare una connessione con gli spettatori in funzione di quella storia.

In un’intervista del 1981, vengono chiesti a Italo Calvino tre talismani per il 2000: lo scrittore risponde con “imparare le poesie a memoria, fare i calcoli a mano e combattere l’astrattezza del linguaggio, sapendo che tutto ci può essere tolto da un momento all’altro“. Sono buoni talismani ancora oggi?
Concordo soprattutto sull’imparare le poesie a memoria, ma anche i romanzi! Sono ossessionato dalle parole. È il motivo per cui spesso nei miei spettacoli ci sono i cori, ho nella testa delle voci che mi rincorrono, di parole che ho letto e riletto. Si radicano dentro. Introduciamo nel nostro corpo le persone con cui ci relazioniamo, ciò che leggiamo, ciò che guardiamo. Il nostro pensiero si plasma a partire da tutti gli stimoli che vengono da fuori. Succede inconsciamente, quindi se impariamo – come invita Calvino a fare – poesie a memoria, o romanzi, impariamo anche un altro modo di vedere il mondo, di leggere il mondo. Le categorie le decidiamo noi in base alle esperienze che viviamo, quindi scegliamole queste esperienze, scegliamole attentamente: sarà quello che definirà le categorie con cui etichetteremo il mondo che c’è intorno e quindi anche noi stessi e noi stesse. E più cose buone, nel senso etimologico del termine, immagazziniamo, più la nostra visione del mondo e di noi stessi e noi stesse sarà aperta.

Il cavaliere inesistente – Tommaso Capodanno // Photo by © Claudia Pajewskij

Il cavaliere Inesistente
di Italo Calvino

Adattamento Matilde D’Accardi
Regia Tommaso Capodanno
Scene Alessandra Solimene
Con Francesca Astrei, Maria Chiara Bisceglia, Evelina Rosselli, Giulia Sucapane

Si ringrazia per la gentile collaborazione Marco Angelilli
Foto di scena Claudia Pajewskij

INFO E ORARI
dal 7 al 17 dicembre ore 20.00
giovedì 14 dicembre ore 11.00
venerdì 15 dicembre ore 19.00
domenica ore 17.00
lunedì riposo
dai 13 anni

Biglietti acquistabili qui

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