Arriva lo schwa, il simbolo ‘ə’ sugli smartphone: inclusione o confusione?
Dopo Android ora anche Apple: sui principali sistemi operativi per smarphone è disponibile lo schwa, il simbolo fonetico ə che include tuttə.
Dopo Android ora anche Apple: sui principali sistemi operativi per smarphone è disponibile lo schwa, il simbolo fonetico ə che include tuttə.
E così anche Apple, con l’aggiornamento alla versione 15 di iOS, dopo che Google con Android era stato pioniere, offre la possibilità di digitare nei propri messaggi, post, mail, lo schwa che corrisponde al simbolo fonetico ə, simbolo che negli ultimi mesi è stato riconosciuto come lettera adatta ad identificare un genere plurale inclusivo, in cui tuttə possono riconoscersi: donne, uomini, non binari, gender fluid, ecc ecc.
In italiano potremmo trasformarla, come suggerisce la Treccani, in Scevà e scoprire che si tratta di una vocale intermedia, in realtà non esistente in italiano, ma presente in moltissime lingue straniere (in primis l’inglese dove, ad esempio, caratterizza la pronuncia corretta della vocale in the, e, udite udite, anche in alcuni dialetti italiani, tra cui napoletano e barese dove, tra le altre situazioni, viene usata per caratterizzare il plurale di alcune parole (nipote in alcuni dialetti del cosentino foneticamente si pronuncia “neˈpotɘ” mentre, per passare al plurale, si chiude la parola con la scevà: “neˈputə”).
Il simpatico Youtuber Brian Miller (in arte Briller), autore del canale Bringlese, in questo video ci introduce all’uso dello Schwa.
Immediatamente è arrivato il pronunciamento dell’Accademia della Crusca, una delle più prestigiose istituzioni linguistiche d’Italia e del mondo: secondo gli studiosi ed esperti di linguistica e filologia della lingua italiana non sarebbe corretto utilizzare lo Schwa (o in alternativa l’asterisco *) per caratterizzare un plurale inclusivo, ovvero in cui si considera una moltitudine di persone comprendente sia maschi sia femmine. Più giusto, secondo gli esperti, continuare ad usare a formula classica prevista dalla lingua italiana, ovvero il maschile al plurale perché da considerare come genere grammaticale non marcato (Mamma e papà sono arrivati tardi a casa).
Ricordiamo che la comunità LGBT+ da diversi anni, e in molti paesi e lingue, ha cercato di stimolare, anche in ottica di provocazione culturale, l’uso di forme plurali inclusive: ricordiamo il già citato asterisco * ma riuscendo ad affermare questo uso in modalità limitata, anche perché, in effetti, l’asterisco ha un problema: non ha un suono, non si pronuncia. Lo schwa sì: corrisponde a un suono preciso.
Tuttavia, nell’ultimo anno, l’esplosione dell’espressione della Generazione Z, l’estetica gender fluid dei Maneskin, di Sangiovanni, di moltə TikToker, i pronunciamenti influenti dei Ferragnez hanno creato un’inaspettata accelerazione che ha reso attualissima la ricerca di un’evoluzione anche nell’italiano della rappresentazione inclusiva dei generi. Molte le persone che hanno abbracciato la causa dell’utilizzo dello schwa. Tra queste Alice Orrù, copywriter specializzata in scrittura inclusiva e la sociolinguista Vera Gheno che ha avviato il dibattito in Italia con la pubblicazione del suo libro Femminili singolari per la casa editrice Effequ che è stata anche la prima a scendere in campo modificando le proprie norme editoriali, per avvicinarsi all’idea di mondo che vuole presentare: “un posto accessibile, colorato, inclusivo” come ha annunciato Silvia Costantino, socia, redattrice e ufficio stampa della casa editrice.
A noi X generation , e ancor più, ai Boomer , è sempre sembrato naturale l’utilizzo del maschile plurale non connotato per il genere. E quindi in tutti i nostri temi, composizioni e, oggi, nelle nostre mail e messaggi, ci viene automatico scrivere “stasera verranno a casa alcuni amici” sapendo bene che con “amici” non intendiamo solo amici maschi.
Abbiamo una ritrosia e ci appare artefatto uscire da questa zona di comfort. Quasi inutile avventurarci alla ricerca di lidi nuovi.
Ma basta fermarsi un attimo a riflettere, basta esplorare per qualche giorno la galassia di TikTok che esplode in tutta la sua varietà di espressioni individuali, per capire che siamo vittimə dell’incantesimo del patriarcato, di una cultura che anche linguisticamente ha subordinato le donne agli uomini, nascondendole nella prevalenza obbligata del genere opposto nella società, nell’arte, nella scienza, nella religione.
E quindi, come non accorgersi che scrivere “Giovanna e Mario sono simpatici” sarà pur corretto in italiano, ma evidentemente è l’eredità di un mondo passato (ma non troppo) in cui Mario era protagonista della vita pubblica e famigliare e Giovanna non lo era?
Io personalmente, lo ammetto, faccio fatica a uscire dal mio sentiero culturale. Una fatica che però voglio sopportare per passare a un linguaggio scritto e parlato veramente inclusivo.
La mia soluzione? Per ora non riesco a usare lo Schwa (anche se in questo articolo lo faccio) e, quindi, a costo di sembrare ridondante, scelgo di utilizzare più parole e, quindi ringrazio dell’attenzione e del tempo che mi avete dedicato tutte e tutti voi, lettori adorati e lettrici adorate.