Mishima si è ucciso, trafitto le budella in pieno stile tradizionale per far vivere in eterno un suo ideale di patriottismo. “La vita umana è breve, ma io vorrei vivere per sempre” era scritto su un biglietto che lasciò prima di suicidarsi in diretta televisiva dall’ufficio del ministero della difesa occupato da lui e da quattro suoi discepoli. Molti lo hanno spesso accostato al fascismo, per questa sua ossessione dei valori tradizionali e per una specie di Ubermensch, l’essere umano perfetto dal fisico scolpito e con la mente chiara come quella di un soldato. 

Non avevo mai letto nulla di Mishima, non mi attraeva molto l’idea della sua scrittura, me la immaginavo dura e pura, racconti che valorizzassero il Giappone e le sue tradizioni. Invece è stata una grande sorpresa. Mishima, che non è neanche il suo vero nome, ha un tratto delicato, sognante per certi versi. Alcune sue metafore mi hanno lasciato a bocca aperta per la leggerezza e l’affilatezza con la quale tagliano. Mishima è ambiguo, la sua scrittura è ambigua, la sua sessualità è ambigua. Si vede come gode nel descrivere il fisico e il bel viso di Senkichi, un giovane barista di un gay bar del quale la protagonista Taeko si innamora. Taeko stessa non è per nulla la donna tradizionale ideale che mi immaginavo Mishima volesse descrivere.

Lei a trentanove anni, è divorziata e ha una boutique di alta moda, è raffinata, colta e estremamente occidentalizzata a tal punto che ha orrore nel vedere i tradizionali zoccoli ai piedi di Senkichi. Quindi lei è la protagonista, ma dove cavolo è il sentimento giapponese che cercavo nella scrittura di Mishima? Forse in Senkichi a questo punto, dev’essere lui l’Ubermensch. No, assolutamente no, ma qui non vado a fare spoiler. In questo libro non ho trovato traccia di nazionalismo o roba del genere, ma una grande storia d’amore tra due poli nettamente opposti. Subito dopo aver finito il libro ho pensato che il titolo fosse sbagliato, più che una scuola della carne mi sembrava un gioco, una partita della carne per il numero di volte che Taeko si ritrova a dire di star vincendo o perdendo contro Senkichi, infatti l’amore è una partita a scacchi in cui le due parti tentano disperatamente di mantenere il controllo.

Solo quando la partita finisce e una delle due vince allora si capisce se è amore vero, quell’amore sincero che non ha bisogno di trame e sottotrame per poter sopravvivere. Passiamo la vita a giocare a fare l’amore, non ho mai vinto, sono sempre uscito sconfitto dal turbine di passione, spesso zoppicante e ferito, ma sempre con una lezione importante appresa. Ecco, arrivato a questo punto ho capito il vero senso del titolo scelto da Mishima. Digerito il libro mi sento come se fossi appena uscito da una relazione finita male, ma senza le ferite. La Scuola della Carne, l’unico vero diploma che conta nella ricerca del vero amore.

避けた痛みて、ありがとうございました。

La Scuola della Carne, Yukio Mishima, 2013, Feltrinelli Editore.

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