C’era una volta Paolo Poli, la favola teatrale di un trasformista geniale
Donna e uomo, aggettivo e sostantivo, talento camaleontico al di là di ogni genere, estrazione e religione. Paolo Poli inventore e riscrittore.

Donna e uomo, aggettivo e sostantivo, talento camaleontico al di là di ogni genere, estrazione e religione. Paolo Poli inventore e riscrittore.
Paolo Poli è… raro se non unico teatrante, conversatore abile e autoironico, dalla trasgressione elegante, mai volgare. Attore delizioso, saputello, malizioso, dalla parola danzante, talvolta un po’ cantilenante, che sposa gesto e suono. E va in scena, en travesti. Senza forzature o parodie, spesso censurato ma mai messo a tacere, sperimenta una satira pungente, ravvivata dall’espressività tipica del musical e del varietà, dando vita a una carriera chiassosa ed esilarante. Alternando un tocco di rimmel a una passata di cipria. Un lupo in pelli d’agnello – per Natalia Ginzburg – dalla vena ironica, istrionica e irriverente, profonda e sofisticata, che dagli anni ’50 fino al giorno della sua scomparsa (25 marzo 2016) e oltre, segna un capitolo a sé stante della storia dello spettacolo italiano. Oggi, a cinque anni dalla morte, il suo teatro resta un punto di riferimento straordinario e irripetibile.
Paolo Poli è onirico, versatile, sbeffeggiante, serpentino, estroso, impertinente, adora Fellini ma sogna di essere vestito da libellula, ape regina o persino Topolino. È regista, attore, costumista, autore, mimo, cantante. Affronta con grazia anche i temi più scabrosi, dando prova – nella voce e nel corpo – di un talento camaleontico che gli consente di interpretare infiniti personaggi, al di là di ogni genere, estrazione e religione. Provocatore gentile, libero, avanspettacolare, geniale e surreale, Paolo Poli è donna e uomo, aggettivo e sostantivo, soggetto e oggetto (in)animato: è Santa Rita da Cascia, Aldino mi cali un filino e La Tonkinese, L’Asino d’oro, La nemica… e altri mille, fino ad Aquiloni, spettacolo di ispirazione pascoliana.
Parla anche una lingua universale, quella dei bambini: sciorina filastrocche, ama la poesia, è affabulatore e narratore di fiabe, che conquista grandi e piccini. Non smette mai d’esser fanciullo. Fin dagli inizi, tra gli anni ’50 e ’60, legge favole alla radio, racconta Pierino Porcospino,La principessa sul pisello, Pierino e il lupo, Pinocchio.
Nel ’70 è in tv con Babau (programma prima censurato e andato in onda, poi, alcuni anni dopo): recita e intervista le personalità più importanti della cultura italiana del tempo, da Umberto Eco a Camilla Cederna. Torna, per l’ultima volta sul palcoscenico del piccolo schermo nel 2015, con la trasmissione E lasciatemi divertire, insieme a Pino Strabioli, su Rai Tre. Sì, Poli si diverte ma soprattutto ci diverte. Con uno stile personalissimo rinnova l’imitazione, il trasformismo e la comicità, unisce cinismo e perbenismo, corruzione e delicatezza con la sua sottile gestualità vocale. Paolo Poli è teatro, cinema, televisione, musica e persino pubblicità. Si confronta con diversi linguaggi, scegliendo infine quello per lui più vero, il teatro: “Io il teatro non lo fo per l’impiego, lo fo perché mi piace di più”.
La sua gorgia fiorentina dal piglio arguto e scanzonato continua a essere celebrata: Paolo Poli è un reading, Santa Rita and the Spiders from Mars. Marco Cavalcoli, dal 2017, mette in scena un dialogo impossibile tra due illustri fantasmi. Paolo Poli e David Bowie si incontrano, si combinano e si confondono in un’ipotetica trasmissione radiofonica o televisiva, rivelando l’anima, il carattere, l’unicità e la radicalità artistica di due inventori dal genere (e gender) teatrale impareggiabile, che hanno lasciato un segno anticipatore sui tempi presenti e futuri, riscrivendoli. Negli spazi del Teatro Valle, invece, la storia e l’arte del fiorentino poliedrico sono testimoniate da tanti oggetti, video, bozzetti, scenografie: Paolo Poli è anche (il titolo di) una mostra multimediale, allestita nel 2019 – a cura di Andrea Farri e Rodolfo di Giammarco – che ripercorre la carriera dell’artista, dal 1950 al 2014, i cui primi spettatori silenziosi e affezionati sono i suoi incredibili costumi. Chissà, per questo 2021, quale avrebbe scelto: paillettes e piume? Cilindro e papillon? Accessori indispensabili, il sarcasmo puntuto, tagliente e la risposta per le rime. Forse proprio quelle degli zolfanelli. E sembra di vederlo zompettare altrove, tra una sventagliata, un inchino e un batter di ciglia.
Di sala in sala Paolinetta
Gira e rigira, sola soletta.
Di casa uscendo la sua mammina
Disse: “Ricordati di star buonina”.
Ma se non teme d’esser sgridata
Grida, fa il chiasso quella sventata.
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