Cesare Pavese, l’autore ha fatto della nostalgia il mestiere di vivere
"La Casa in collina" e "La luna e i falò". Cesare Pavese riesce a toccare l’animo dei lettori con una prosa malinconica e nostalgica.

"La Casa in collina" e "La luna e i falò". Cesare Pavese riesce a toccare l’animo dei lettori con una prosa malinconica e nostalgica.

Cesare Pavese nasce il 9 settembre del 1908, in un piccolo paese delle Langhe e nella sua crescita quest’ultimo diventa un intellettuale impegnato a raccontare di scrittura e di come questa sia, anzi diventi un mestiere. Si laurea in Lettere.
È un autore che nel panorama letterario ha lasciato una traccia, un antifascista che si oppone al Regime, tale aspetto non è scontato perché in quegli anni in cui la censura vigeva come arma per zittire gli intellettuali molti autori aderiscono al partito, e per le sue idee quest’ultimo sarà costretto al confino in piccolo paesino di nome Brancaleone Calabro, è lì in quella solitudine angusta che lo scrittore affina ancora ancora di più le sue doti scrivendo su un diario i suoi pensieri più intimi.
Pavese sicuramente è ricordato per gli amori infelici, per quell’appagamento amoroso che ancora oggi, come allora per alcuni sembra essere un miraggio lontano. Un autore che più volte ha lamentato l’assenza di amore nella sua vita. Il suo animo tormentato, che si riflette nella scrittura nostalgia a tratti malinconica ci fa sentire vicini ad un grande della letteratura, che credo che mai si potrà eguagliare e dimenticare. Nel 1950, dopo essere stato incoronato vincitore dello Strega, si suicida dopo la fine della relazione burrascosa con l’attrice americana Dowling, questo è il ritratto di una personalità già fragile, segnata anche dal risentimento verso se stesso per no aver partecipato attivamente alla Seconda Guerra Mondiale, di fianco ai partigiani.
“Leggendo non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da noi pensati che acquistano sulla pagina un suggello di conferma”.
Questa forma di riluttanza verso la guerra e la violenza la ritroviamo ne La Casa in collina, in cui il protagonista Corrado, sembra un altr’ego dell’autore, che si rifugia tra le colline per non partecipare attivamente agli scontri, nonostante fosse contro al Regine e alle idee fasciste. Il romanzo diventerà poi il simbolo dell’impegno politico e del disagio individuale, ma in realtà di un’intera generazione che di fronte alla morte di un qualsiasi caduto si immedesima in quella vita spezzata dal conflitto, superando così l’egoismo personale.

Io stessa, ho scoperto Cesare Pavese tardi, ma mi sono innamorata della sua prosa tra le prime righe de La luna e i falò. Ci ricorda cosa vuol dire avere radici, anche quando quel Paese non lo senti tuo, anche quando vai via o vorresti andare via, c’è un sentimento che ti lega al profumo della tua terra, a quelle tradizioni e quella cultura che ti faranno sempre sentire a casa, sempre radicato in un territorio che aspetta il tuo ritorno. Il romanzo però non è solo questo, Pavese ci ricorda che nella vita di tutti noi ci sono dei momenti in cui è necessario per ricominciare tornare indietro, fare un passo nel passato per poter ritrovare se stessi. I falò rappresentano la metafora della vita, delle occasioni mancate, dei fallimenti che bruciano e ardono dentro di noi, ma l’autore ci dimostra che nonostante le notti più buie, prima o poi ricomparirà sempre la luna ad illuminarci, a permetterci di splendere.

Cesare Pavese e di sicuro l’autore che più riesce a toccare l’animo dei lettori con una prosa struggente, malinconica e nostalgica che regala delle lezioni introspettive, che permette di ritrovarsi e scoprire parti della propria interiorità.
