Contro il nuovo allevamento intensivo di galline a Arborio
Il comitato R.I.S.O. ha intrapreso una lotta dal basso contro un nuovo allevamento intensivo di galline nel vercellese. Le iniziative.

Il comitato R.I.S.O. ha intrapreso una lotta dal basso contro un nuovo allevamento intensivo di galline nel vercellese. Le iniziative.
Il Comitato Rete Indipendente Solidarietà e Opposizione (R.I.S.O.) si è costituito ad Arborio, in Provincia di Vercelli, dove di recente è iniziata la costruzione di un enorme allevamento intensivo destinato a imprigionare circa 300mila galline ovaiole.
La notizia è trapelata molto tardi, e per questa la battaglia del Comitato è anche una battaglia per la trasparenza, per la democrazia, per il diritto deə cittadinə di sapere in tempo delle decisioni delle istituzioni, e di manifestare il proprio parere senza essere messə di fronte al fatto compiuto.
Il comitato ha sollevato la questione, suscitando reazioni e prese di posizione politiche e una grossa attenzione mediatica sul caso. Ha già organizzato iniziative di protesta e di contro-informazione. La prossima si svolgerà il 29 giugno a Vercelli.
Il progetto, approvato dal Comune in un silenzio piuttosto sospetto, è voluto dalla Società Agricola Bruzzese, un colosso del settore. La costruzione si colloca a 1500m dalle prime case di Arborio, a breve distanza (3 chilometri) dal Parco Naturale delle Lame del Sesia e dalla Riserva Naturale della Garzaia di Villarboit.
L’allevamento, come dice il testo della petizione on line promossa dal Comitato,
avrà impatti gravissimi sulla vita della comunità, in particolare sulla salute delle persone, sui prezzi delle residenze e dei terreni vicini, sul nome del Riso Arborio – prestigioso prodotto Made In Italy -, nonché sull’ambiente, la fauna circostante e i 300.000 animali che vi verranno rinchiusi.
L’impianto “ospiterà” 300.000 galline ovaiole, con un consumo di suolo di 20.450 metri quadri, un prelievo di ben 23.000 metri cubi di acqua. Si stima l’ammoniaca immessa nell’atmosfera ammonti circa 19 tonnellate ogni anno. L’impatto di quest’ultima a livello di odore – e dunque di qualità della vita – sulla zona circostante è persino difficile da stimare, ma è certamente fonte di grande preoccupazione. L’impatto generale dell’allevamento è evidentemente allarmante.
Del resto, il committente è ben noto a chi si interessa di diritti animali. Bruzzese, infatti, è stata al centro di un’investigazione di Essere Animali, che ha documentato le agghiaccianti condizioni in cui vengono detenute le galline ovaiole negli stabilimenti già attivi. Inoltre, la stessa associazione ha denunciato un altro progetto di costruzione promosso da tale azienda, un altra struttura intensiva di grandi dimensioni all’interno del Parco del Roccolo, in Lombardia.
Quello che emerge dall’investigazione, è
un mondo terribile che tutti dovrebbero vedere in prima persona: file di gabbie di sette piani una sopra l’altra, con decine di migliaia di galline che urlano, si lamentano, cercano inutilmente di aprire le ali, si beccano a vicenda per lo stress, ferite, prive di piume e penne, muoiono tra le loro compagne o vengono lasciate agonizzanti nei corridoi e finiscono mangiate dai topi.
Dopo aver promosso la petizione on line (che ha già superato le 40mila firme e può essere ancora sottoscritta), ha raccolto firme sul posto e ha dato voce al dissenso della popolazione del comune di Arborio e di quelli limitrofi.
Si tratta di un’iniziativa dal basso, che evidenzia l’alleanza di diverse motivazioni e diversi settori della società, dall’attivismo antispecista a quello per l’ambiente, dalle preoccupazioni delle persone residenti al dissenso riguardante le modalità di gestione delle decisioni prese dall’alto.
Il Comitato ha avviato anche una battaglia legale, che nelle prossime settimane sarà certamente centrale per bloccare il progetto. Per tale battaglia è stato attivata una specifica raccolta fondi. Le prime richieste del Comitato sono la sospensione della costruzione e la revoca dei permessi.
Oltre a presidi e volantinaggi, sono state promosse diverse azioni on line, fra cui l’invio di e-mail di protesta. Le reazioni della politica non sono mancate, grazie alla capacità di questo gruppo sorto dal basso di mobilitare l’opinione pubblica e interessare la stampa. Per una volta, l’opposizione di centrosinistra si è dovuta schierare compattamente contro un progetto di devastazione del territorio.
Il caso di Arborio, per quanto possa sembrare isolato, non è tale. Innanzi tutto, può essere associato, nei metodi e nella modalità di mobilitazione dal basso, alla stagione di lotte per difendere aree verdi pubbliche minacciate dalla speculazione e da amministrazioni miopi. Fra queste, per esempio, quella per il Parco Don Bosco di Bologna e quella per gli alberi di Gallarate hanno creato ampia mobilitazione e un livello di conflitto molto significativo. Queste iniziative hanno integrato, nella propria lotta, diversi elementi legati ai temi della liberazione animale, come la salvaguardia delle specie non umane che abitano i boschi minacciati, all’insegna di una visione critica dell’antropocentrismo che propone una convivenza più pacifica fra umani e altri animali.
Tuttavia, non hanno messo al centro la soggettività animale e la sua condizione di oppressione, un elemento che emerge in modo più prepotente nel caso degli allevamenti, in particolare di quelli intensivi. L’auspicio, dunque, è che il caso di Arborio sappia fare rete con tutte queste iniziative che, ognuna con le proprie specificità, hanno già saputo confrontarsi e ispirarsi a vicenda. E, al tempo stesso, che funga da apripista per altre lotte antispeciste in vista della chiusura totale di tutti gli allevamenti.
Sembra possibile ripartire dall’opposizione a politiche in aperto contrasto con le misure che la crisi ambientale richiederebbe e che la crescente sensibilità nei confronti della condizione degli animali sfruttati per l’alimentazione umana esige. In un momento storico in cui è necessaria e urgente un’inversione di rotta radicale, il minimo che si possa fare è contrastare in ogni luogo i progetti di ampliamento dello sfruttamento e della distruzione degli ecosistemi.