L’armadio, specchio dell’anima e della psiche. Oggigiorno esistono numerosi testi che hanno affrontato l’argomento del legame identità, genere, sessualità e abbigliamento. Il motivo è presto detto.

Scrive Eugénie Lemoine Luccioni nel suo Psicoanalisi della moda:

“Il vestito interessa così tante pulsioni diverse, persino contraddittorie, copre così tanti bisogni e domande, porta con sé una tale quantità di codici da essere definito come linguaggio per questa stessa complessità”.

Anche ridotto a un semplice velo, esso resta strutturalmente spesso. L’abito, così come l’identità del corpo che riveste, è un compromesso tra sfera privata e pubblica, tra impulsi inconsci e in conflitto; questa è una delle tesi ben espresse dal libro Psicologia dell’abbigliamento di John Carl Flugel.

Psicologia dell’abbigliamento, John Carl Flugel, Franco Angeli

Questo testo entra a far parte del mio Pantheon libri durante la stesura della mia tesi di laurea. Mi occupavo di linguaggi moda e in particolare di linguistica e marketing, e questo libro non poteva mancare nella mia bibliografia perché mi resi immediatamente conto che insieme ai testi di Roland Barthes costituiva un caposaldo per gli studi di questo genere oltre ad essere un testo molto attuale, nonostante sia stato pubblicato sul finire degli anni ’20.

L’idea da cui nasce è parecchio ambiziosa: applicare i metodi della psicanalisi freudiana all’abbigliamento umano e tentare, se è possibile, di rispondere al dubbio amletico vestirsi o non vestirsi e, se sì, perché lo si fa.

A renderlo interessante è prima di tutto l’approccio originale, che non si limita a ricalcare i modelli freudiani ma ne dà un’interpretazione socio-politica.

In secondo luogo il testo risulta particolarmente attuale, è riuscito in breve a porre le domande giuste concentrandosi, aldilà del contingente, sull’essenza che sta alla base di ogni essere umano a prescindere dall’epoca e dagli abiti che indossa.

Psycology of clothes, Flugel

Sono domande che ogni individuo si pone nel momento in cui tenta di costruire la propria identità, nel momento in cui si interroga sul suo ruolo all’interno della società, sul suo genere e sulla maniera in cui può prendere la parola all’interno del contesto sociale per esprimersi.

E come rileverà in seguito Roland Barthes, la moda è a tutti gli effetti un linguaggio visivo. Il punto di partenza del testo sono le motivazioni alla base del coprirsi e scoprirsi.

Flugel ne identifica tre: coprirsi per proteggersi, coprirsi /nascondersi per pudore, coprirsi /adornarsi per vanità, per decoro.

Tralasciando la questione della protezione e concentrandosi sulla questione del pudore e della decorazione si incontra un primo nodo legato alla moda, il nodo conflittuale legato alla sessualità, tra desiderio di attrarre e di distogliere l’attenzione da sé, di apparire e scomparire. Conflitto che vale per ogni individuo a prescindere dal sesso e dal genere.

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