È nei volti dei bambini – che dovrebbero essere il futuro, la speranza – che si specchia questa immane tragedia. Li guardiamo per un attimo, ritratti nelle pagine dei giornali, per poi dimenticarli subito dopo, rimpiazzati da altre notizie, annullati come gocce nel mare.” Sono le parole dell’artista in mostra a Firenze, Regan Wheat, e i bambini di cui parla sono quelli morti, che hanno riempito per un effimero momento le cronache internazionali prima di sparire per sempre. Anche dalla memoria collettiva.

Nuova personale al femminile per Crumb Gallery, la prima galleria d’arte contemporanea europea dedicata solo alle donne artiste e spesso impegnata in operazioni di denuncia, come la fortunatissima All you can fuck, di Adriana Luperto, sulla prostituzione, attesa in mostra al ReWriters fest. il 15 ottobre.

Il 30 settembre sarà la volta della visionaria Regan Wheat, che con la sua Contingency, resterà in mostra fino al 7 novembre, e farà parte delle proposte del festival diretto da Serena Dandini L’Eredità delle Donne, alla sua IV edizione.

Progetto-denuncia della violenza operata dagli Stati, dalla storia, dalle cronache contro tanti, troppi bambini, trucidati, rapiti, dispersi, sfollati, torturati. Volti veri, presi dai giornali, e resi immortali dall’artista che li ritrae conferendogli potenza. Che però non è la potenza dell’orrore che prova lo spettatore, ma quella che esplode dalla luce dello sguardo, dei colori, della vitalità che resta, oltre la morte, per testimoniare quanto mai più deve ripetersi e come monito per fermarsi a riflettere sul senso di responsabilità.

In esposizione troviamo una serie di olii su tela – spiega la curatrice del catalogo, Rory Cappelli di La Repubblica – una teoria di piccoli ritratti di bambini. Sono immagini riprese dalla cronaca quotidiana di feriti, sfollati, dispersi. Sono bambini dislocati in zone di conflitto e di guerra, apparentemente isolati, il cui futuro dipende da situazioni contingenti, da circostanze esterne”.

Regan Wheat, classe 1973, è un artista multimediale che fa un lavoro di archiviazione, analizza ciò che manca nel linguaggio, nella storia e nei luoghi, attratta da tutto ciò che è dimenticato nella memoria collettiva: “Wheat riesce a catturare in questi volti la loro condizione di perpetuo stato intermedio – spiega Emanuela Mollica, proprietaria della galleria fiorentina da cui il nome, crumb, mollica, appunto – come se fossero sospesi, come se diventassero iconici, a rappresentare il nostro fallimento di vivi, coloro che hanno permesso la morte in età ingiusta. Sono incarnazione dei fallimenti sistemici incorporati nelle nostre istituzioni“.

Il titolo della mostra,  Contingency – sottolinea Rory Cappelli nel testo in catalogo pubblicato per l’occasione (Collana Nolines) – vuole richiamare quel senso di perdita ineluttabile che avvolge e assale l’essere umano quando a scomparire dal radar delle storie e della Storia sono i bambini: bambini siriani trucidati da una guerra terribile, bambini messicani incastrati in confini che li hanno inghiottiti senza lasciarne traccia, bambini africani travolti in conflitti etnici o costretti a fuggire perché la loro terra è diventata un immenso deserto, bambini palestinesi persi in campi senza più ulivi. Vittime, tutti, delle colpe di altri. Occhi, volti, mani, pennellate dense di colore e di dolore che parlano e spiegano più di quanto potrebbe mai fare nessuna cronaca”.

Nonostante un Bachelor of Fine Arts presso l’University of Kansas nel 1995 e un Master of Fine Arts in Scultura presso la Cranbrook Academy of Art nel 2003, sono state le residenze e i workshop in Sud Africa, guidati dalle artiste e dalle educatrici Rosenclaire, a ispirare il suo lavoro: “Con il termine Contingency – spiega l’artista – si esalta la contingenza, la causalità, una disgiunzione e una sintesi che avvengono nell’apparire e nello scomparire dell’immagine”.

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