L’ho appena visto al teatro Lea Padovani di Montalto di Castro. E mi ha folgorata. Mariangela D’Abbraccio è una superba Blanche, la protagonista del dramma di Tennessee Williams Un tram che si chiama desiderio scritto nel 1947 e, purtroppo, più attuale che mai.

Mariangela D’Abbraccio incarna una intensa e conturbante Blanche Du Bois, una donna inquieta ed autodistruttiva che si nasconde nella poesia per rifuggire la crudezza della realtà. Il dramma inizia con il suo arrivo a New Orleans in casa della sorella Stella, che vive con un marito polacco di nome Stanley. Sarà proprio un tram chiamato desiderio a condurla nel loro disadorno appartamento seminterrato.

Blanche, insegnante di inglese e proprietaria di una piantagione di famiglia che si fa sfuggire a causa di una incauta gestione, ha alle spalle un matrimonio finito in tragedia per il suicidio del giovane marito omosessuale, ma anche una relazione erotico sentimentale con uno studente minorenne che le causa il licenziamento dalla scuola. E’ una donna dominata dalle pulsioni, per il sesso e per l’alcol, nelle quali si abbandona ogni qualvolta non riesce ad affrontare la realtà.

La conoscenza con Stanley, il marito di Stella, è per Blanche devastante: un immigrato polacco che soffre la mancata integrazione nella società americana, un uomo rozzo e primitivo ma anche sensuale e magnetico che la sfida in continui litigi e scontri carichi di erotica tensione.

La storia si snoda nell’appartamento di Stella e Stanley, in un crescendo di emozioni e con uno sviluppo drammatico che condurrà ad un finale disperato.

La cosa più sorprendente di questa pièce è la contemporaneità dei temi trattati: il disagio mentale, l’omosessualità, il maschilismo, i maltrattamenti verso le donne, il razzismo, l’abuso di sesso e alcol in modo autodistruttivo. L’opera è fortemente autobiografica, e racconta la crudezza della vita americana negli anni ’40 e ’50, ma sorprende scoprire quanto sia attuale oggi, epoca in cui stiamo vivendo un arretramento culturale sconcertante e pericoloso.

Trent’anni fa certi temi erano meno urgenti e drammatici rispetto all’oggi, il razzismo forse era latente ma non si manifestava, i femminicidi non erano all’ordine del giorno, il maschilismo era velato di buona educazione e conformismo.
L’esacerbazione di tutti questi temi negli ultimi anni ha convinto il regista Pier Luigi Pizzi della necessità urgente di riportare sul palco questo dramma.

La scenografia è molto underground, scura, a tratti soffocante, e in essa i protagonisti si muovono con estrema disinvoltura, salendo e scendendo in modo quasi schizofrenico quella scala che conduce all’appartamento seminterrato che, simbolicamente, rappresenta il baratro nel quale Blanche precipita insieme ai suoi coprotagonisti.

Photo by Vera Risi

Mariangela d’Abbraccio riesce a cucirsi addosso una Blanche camaleontica, capace di passare con grande fluidità dalla dolcezza della poesia alla fragilità di una donna in preda all’alcol, dall’instabilità dovuta al suo disagio mentale all’audacia con cui affronta l’irresistibile Stanley, dalla voglia di riscattarsi fino alla resa finale di una donna che capisce di essere perdente.

Al suo fianco un Daniele Pecci disinvolto che sa prendersi la scena con grande fisicità ed intensità interpretativa conferendo al personaggio di Stanley quel tormento interiore di chi cerca disperatamente di riscattarsi.

Con loro Angela Ciaburri che, nei panni di Stella, riesce abilmente a restituirci una donna che, vittima del maschilismo del marito, preferisce fingere di non vedere i suoi soprusi e le sue prevaricazioni da maschio.

Lo spettacolo è attualmente in tournée e si ferma a Milano dal 16 al 22 febbraio al Teatro Franco Parenti. Sarà poi al Cinema Teatro Comunale di Catanzaro il 9 marzo, e al Teatro Toniolo di Venezia dal 18 al 20 marzo. Imperdibile!

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