Dal Piccolo Teatro un abbecedario per il mondo nuovo. Ne parliamo con Fabio Pisano
Un teatro importante, un progetto dal valore fortemente simbolico e fondativo, e un drammaturgo, Fabio Pisano, alle prese con la lettera Z.
Un teatro importante, un progetto dal valore fortemente simbolico e fondativo, e un drammaturgo, Fabio Pisano, alle prese con la lettera Z.
Abbecedario per il mondo nuovo è il progetto con cui il Piccolo ha invitato 26 drammaturghi italiani under 35 – individuati tra i finalisti/segnalati e i vincitori del Premio Hystrio – Scritture di scena e del Premio Riccione “Pier Vittorio Tondelli” – a realizzare dei brevi testi teatrali. A partire da una lettera dell’alfabeto estratta a sorte, ogni autore ha scelto una parola che, ai suoi occhi, assumesse un valore fondativo e simbolico per il tempo a venire. Simbolicamente ho scelto di raccontare questa apertura con l’autore della lettera “Z“: Fabio Pisano.
Come è stato convocato Fabio Pisano per L’abbecedario e con che spirito ha composto la sua lettera? Sono stato raggiunto da una meravigliosa telefonata di Nathalie, che lavora al Piccolo Teatro; era gennaio, credo, ero in prova come drammaturgo presso il teatro Nazionale della mia città, il Mercadante; affiancavo Davide Iodice nella costruzione dello spettacolo Hospes,-itis di cui sono autore; il testo che ha vinto il Premio Hystrio – Scritture di Scena nel 2019, e credo viatico che ha mi permesso di partecipare al progetto. Mi è stata assegnata la Z, l’ultima lettera dell’alfabeto. E’ stato avvilente all’inizio, pensavo a Zorro, l’unico riferimento letterario e fantastico che mi sovveniva, poi lentamente ho iniziato a “guardare” questa lettera. Anzi, ci siamo guardati, entrambi. In fondo l’ultima, è sempre affascinante. Ho composto la mia lettera con lo spirito che caratterizza la stessa nell’ordine dell’alfabeto, vale a dire, con lo spirito di “cosa o chi è ultima”?
Ci descrive in breve il progetto?
Il progetto è stato molto stimolante; era volto a coinvolgere ventisei drammaturghi cosiddetti giovani, coloro che si sono distinti in concorsi e premi Nazionali. Per ognuno veniva affidata a sorte, una lettera, estratta da un computer. E a partire dalla lettera, riferirsi ad una parola, scrivere un testo breve, entro i dodicimila caratteri, su ciò che per noi apparteneva “al mondo nuovo”; non c’erano limiti di forma, poteva essere un monologo, un dialogo o altro. Questi testi poi sarebbero stati letti – come sta accadendo – dagli attori del Piccolo Teatro, diretti da Lisa Ferlazzo Natoli e Alessandro Ferroni, per poi essere pubblicati mediante podcast; alcuni di questi testi poi hanno avuto anche la bellissima sorpresa di essere ‘letti’ in prova aperta sul palco del Piccolo Teatro di via Rovello; otto, per la precisione. Una lettura con la regia ‘live’ da streaming di Lisa e Alessandro.
Com’è la ‘Z’ di Fabio Pisano?
La mia Z, come dicevo, è stata una sorpresa che inizialmente mi ha scombussolato. Non avevo mai fatto i conti, in fondo, con la Z. Così ho iniziato a pensare all’ultima e contestualmente, sono stato folgorato dalla storia di Lisa K. Montgomery; le due variabili hanno permesso che scoccasse la scintilla, che nascesse Zitta. Lisa Montgomery è stata una furia, ha commesso un omicidio efferato e brutale, ma prima di tutto è stata una bambina martoriata da una madre e un patrigno che hanno mutato la sua luce, forse insegnandole che nella vita esiste solo il male. In seguito al suo omicidio ai danni di Jo Stinnett (non racconterò i dettagli perché sono raccapriccianti) Lisa è stata condannata a morte, mediante una lettera recapitatale dal Dipartimento di Giustizia dello stato dell’Indiana, negli USA. In quella lettera, Lisa è stata definita ‘cara’, ed è stata salutata con ‘cordialmente’; le uniche due parole d’affetto, probabilmente le uniche due parole gentili che abbia mai letto o sentito. Il pool di psicologi che si è occupato del caso, ha invocato a più riprese la grazia per una donna definita come “la più spezzata del mondo”, ma il presidente Trump non ha accolto l’istanza. Il giorno dell’iniezione letale, il boia ha chiesto a Lisa se prima di morire, avesse qualcosa da dichiarare ma Lisa, abituata al silenzio, abituata a star zitta, ha risposto semplicemente no. Così dalla Z, da Lisa, dall’ultima, è nato Zitta. Un testo “spezzato”, come spezzata, per l’appunto, è stata la sua vita.
Tra i compositori delle varie voci c’è stata qualche forma di confronto o collaborazione? Paradossalmente per me è nata una collaborazione proprio col Piccolo Teatro di Milano, di cui non posso ancora però svelare i contorni. Con gli altri drammaturghi ad ora no, ma è stato molto bello ritrovarsi tutti lì, attenzionati da quella che è l’istituzione teatrale – per storia e per produzione – più importante d’Italia. Alcuni dei drammaturghi coinvolti li conosco, anche solo per talento, con altri sono amico, ma ad ora confronti o collaborazioni non ne sono ancora nate.