L’ohm è l’unità di misura della resistenza elettrica, e i nostri alfieri dell’ormai sorpassata nu-metal generation ne sanno molto a proposito di resistenza. Sono sopravvissuti a lutti, frizioni interne e riassestamenti stilistici. Ogni nuovo album è stato un salto nel vuoto. Eppure non hanno mai fallito nel rinnovarsi e nel mantenersi al passo coi tempi. Ohms è il loro nono disco in studio ed è l’ennesimo, pronosticabile, successo.

L’attenzione dell’ascoltatore è artigliata immediatamente da Genesis e resta intrappolata nella sua morsa ferrea fino al sopraggiungere di Ceremony, che punta maggiormente i riflettori sulla voce calda ed enigmatica di Chino Moreno.
La chitarra di Stephen Carpenter si cala nel ruolo del cattivo in Urantia, con un riff ruvido che riporta alla mente i primi lavori della band di Sacramento. Sono le tastiere e i campionatori di Frank Delgado ad ammansire l’atmosfera, trovando uno spirito affine nel timbro etereo del cantante, che, nel ritornello, eleva la sua ugola fino alle nuvole e oltre. Il clima è ribaltato durante l’assalto di Error, che senza un briciolo di rimorso, trafigge i timpani con l’irruenza di un martello pneumatico.

Pompeji è la classica canzone che Chino si carica da solo sulle spalle, strattonandoci durante la strofa in growl e affascinandoci nel ritornello con delle clean vocals dirompenti. L’isterica This Link Is Dead è legata da un fil rouge invisibile a Radiant City, dove la chitarra violenta impatta con la batteria di Abe Cunningham, in un’osmosi divergente che sfocia in un refrain da pelle d’oca. I Deftones rivangano il passato nella sofferta Headless, con quel retrogusto assimilabile a dischi come Koi No Yokan o al precedente Gore. Parlando ancora di reperti storici, nessuno mi può togliere dalla testa quanto sia somigliante il giro di Ohms con quello di Shove delle L7, a completare questo brevissimo revival musicale.

Per Ohms il gruppo americano ha scelto di richiamare in cabina di regia lo storico produttore Terry Date, per smussare e, talvolta, affilare gli angoli. L’esperimento è riuscito e band attuali, da un confronto con loro, ne uscirebbero a pezzi. Potremmo pure beccare tutte le botte dell’universo, ma dei Deftones il mondo ha irrimediabilmente bisogno. Ancora una volta i millantatori che storcono il naso rimangono con un pugno di mosche in mano.

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