Le attività umane come le emissioni di gas serra, l’inquinamento e la deforestazione sono in gran parte responsabili del cambiamento climatico e della perdita di biodiversità. Il clima è un sistema complesso e gli scienziati si stanno adoperando per prevedere, prevenire e affrontare i suddetti problemi al fine di evitare di raggiungere punti di non ritorno. 

La minaccia per l’umanità non è solo fisica (cioè ondate di calore, inondazioni, siccità) ma anche psicologica, soprattutto per alcuni gruppi. L’insicurezza, il pericolo, il caos e un sistema instabile a causa del cambiamento climatico hanno effetti psicologici sia a breve che a lungo termine. 

In questo scenario sta emergendo la necessità di nuove categorie psicologiche, vale a dire eco-emozioni e sindromi psicoterratiche che includono ecoansia, dolore ecologico, preoccupazione e trauma climatico.

La crescente visibilità del cambiamento climatico, unita a squallidi rapporti scientifici e all’aumento delle emissioni di anidride carbonica, sta mettendo a dura prova la salute mentale, soprattutto tra i giovani, che stanno perdendo sempre più la speranza per il proprio futuro. Gli esperti lo chiamano dolore climatico, depressione, ansia e lutto per il cambiamento climatico.

Quando nasce il termine ecoansia

Ecoansia è un termine che ha guadagnato popolarità negli ultimi anni ed è stato oggetto di studi approfonditi dal 2007, racchiude tutti i termini che descrivono la sensazione di angoscia, paura o ansia cronica legata all’impatto ambientale delle attività umane e alle potenziali conseguenze del cambiamento climatico.

Si tratta di una sindrome caratterizzata da una profonda preoccupazione per il destino del pianeta e la possibilità di gravi disastri legati al clima. La dimensione sociale dell’ansia da crisi ecologica, è estremamente importante, e influenza il modo in cui viene percepita e vissuta.

Siamo di fronte a una condizione psicologica che può avere diversi gradi di gravità in persone diverse. 

Nel 2017, l’ American Psychological Association (APA) ha pubblicato un rapporto sull’impatto dei cambiamenti climatici sulla salute mentale come

 “la paura cronica del cataclisma ambientale che deriva dall’osservare l’impatto apparentemente irrevocabile del cambiamento climatico e la preoccupazione associata per il proprio futuro e quello delle prossime generazioni”.

In generale, è probabile che questo abbia l’impatto maggiore sui giovani. L’ansia ecologica che ora sta colpendo i giovani adulti è stata paragonata alle paure della guerra fredda di annientamento nucleare avvertite dai baby boomer.  

La ricerca ha scoperto che sebbene ci siano esperienze emotive intensificate legate al riconoscimento e all’anticipazione del cambiamento climatico e del suo impatto sulla società, queste sono intrinsecamente adattive-

Ecorabbia è un altro termine usato per descrivere la frustrazione per il cambiamento climatico e i cambiamenti ambientali che ne sono causati.

L’ecoansia può manifestarsi in vari modi e i suoi sintomi possono variare da persona a persona. Alcuni includono, sentimenti di terrore, disperazione o impotenza riguardo allo stato dell’ambiente e al cambiamento climatico.

Pensieri ossessivi su questioni ambientali, sono senza dubbio intensificati dal leggere costantemente notizie sui cambiamenti climatici o dall’impegnarsi in discussioni al riguardo. Le persone che hanno una forte connessione personale con la natura o che vivono in aree significativamente colpite dai cambiamenti climatici possono essere più inclini a sperimentare l’ecoansia. 

Un esempio di quanto i disastri naturali possano impattare sulle persone è quello dell’uragano Katrina del 2005: su un campione di persone che vivono nelle aree colpite dall’uragano il suicidio e l’ideazione suicidaria sono più che raddoppiati, 1 persona su 6 soddisfa i criteri diagnostici per il disturbo da stress post-traumatico e il 49% ha sviluppato un’ansia o disturbi dell’umore come depressione.

Il terrore, la rabbia, lo shock e altre intense emozioni negative che possono dominare la risposta iniziale delle persone possono alla fine placarsi, solo per essere sostituiti dal disturbo da stress post-traumatico.

Sintomi fisici più frequenti sono aumento della frequenza cardiaca, difficoltà a dormire, alterazioni dell’appetito o altri segni di ansia per lo più legati a sensazione di impotenza o mancanza di controllo sulle questioni ambientali.

L’ecoansia può essere difficile da gestire, ma ci sono strategie che possono aiutare a far fronte a queste emozioni. 

Conoscere i cambiamenti climatici e le questioni ambientali può aiutare a sentirsi più informati e autorizzati ad agire.

Impegnarsi in azioni personali che contribuiscono alla sostenibilità ambientale, come la riduzione dell’impronta di carbonio, può aiutare ad alleviare questo disturbo.

Entrare in contatto con altri che condividono preoccupazioni simili sull’ambiente può fornire un senso di comunità e supporto ed altrettanto è importante praticare tecniche di cura di sé come consapevolezza, meditazione, terapia EMDR, esercizio fisico regolare e trascorrere del tempo nella natura.

Egualmente importante è evitare l’esposizione a notizie angoscianti. 

Gli psicoterapeuti devono trattare questi pazienti tenendo conto della loro individualità, personalità, visione del mondo e situazione di vita parzialmente disfunzionali. Secondo lo studio di Paolo Raile intitolato Multiple psychotherapeutic approaches and perspectives on eco-anxiety diversi possono essere gli approcci psicoterapeutici come la psicologia analitica, la logoterapia e l’analisi esistenziale, lo psicodramma e la Morita-terapia.

La Morita-terapia: questa sconosciuta

Quest’ultima è una interessante soluzione arrivata dal Giappone e ideata da Shoma Morita, psichiatra giapponese, che nel 1919 pone in essere la terapia Morita, una forma di psicoterapia che attinge dal Buddhismo e dalla filosofia Zen.

Secondo tale terapia, le emozioni e i sentimenti vanno accettati come un aspetto della nostra vita, e dunque per non lasciarsi sopraffare da essi bisogna agire, essere propositivi, non subirli in modo passivo ma reagire.

Diversamente dalla filosofia occidentale, volta a modificare le emozioni, la terapia Morita configura le emozioni come una risposta naturale, non controllabile, al pari di uno tsunami o di un evento meteorologico, agli eventi della vita e vanno dunque accettate per quello che sono: tentare di modificarle può peggiorare soltanto il nostro stato emotivo, nell’eventualità in cui si fallisca.

Per concludere può essere utile dividere il concetto di ecoansia in una forma adattiva e in un disturbo d’ansia in cui il cambiamento climatico gioca un ruolo importante. 

Questa distinzione può essere utile nella pratica clinica per discernere un’ecoansia relativamente comune e potenzialmente salutare da un disturbo che causa compromissione della vita quotidiana.

Su questo tema, lo psicoterapeuta cognitivo-comportamentale e terapeuta EMDR Matteo Innocenti ha scritto il libro Ecoansia – I cambiamenti climatici tra attivismo e paura, in cui passa in rassegna le strategie da utilizzare per ridurne gli effetti sulla vita e la salute delle persone, sia quelle direttamente esposte a drastici mutamenti ambientali sia quelle che soffrono a causa dell’esposizione mediatica a essi.

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