In occasione dei 150 anni dalla scomparsa di Alessandro Manzoni, si stanno moltiplicando le pubblicazioni intorno alla sua biografia personale e alle vicende legate ai suoi libri. Tra queste, una su tutti ha fatto emergere un dettaglio che ai più era ignoto: il ruolo che ebbe Emilia Luti, bambinaia toscana appassionata di libri, nella stesura della versione definitiva de I promessi sposi, e non solo in questo.

Scopriamo così che il libro considerato da tutti come il capostipite del romanzo italiano, per la lingua, per la storia e per l’intreccio, fu energicamente rivisto da una giovane istruttrice domestica.

Di questa vicenda ce ne parla Emanuela Fontana in un volume uscito quest’anno e che ha per titolo La correttrice (Mondadori, pp 370, euro 20.00).

Emanuela Fontana

Emilia Luti e la lingua del Petrarca

L’inizio della storia va collocato nel 1839 a Brisuglio, dove si trovava la residenza estiva di Alessandro Manzoni che in quei frangenti decise di affidare proprio a Emilia Luti la correzione di alcune pagine che stava scrivendo.

Della giovane, Alessandro Manzoni conosce e apprezza la passione per i libri e la lettura, ma quello che gli da più affidamento è il fatto che Emilia Luti sia toscana, proprio come Dante, Petrarca, Boccaccio, e la sua lingua lo mostrava con tale disinvoltura tanto da farlo emozionare.

Ma il ruolo di Emilia Luti non si limitava al consiglio di qualche vocabolo o formula letteraria più adeguata di altre, la giovane istruttrice aveva una grande capacità nel correggere i testi.

Manzoni non tardò a notarlo. D’altra parte Emilia Luti era la bambinaia di Alessandrina, figlia di Massimo D’Azeglio e di Giulia, figlia primogenita di don Lisander (come veniva chiamato il Manzoni), che all’epoca era già defunta.

Emila Luti iniziò così a prendersi cura delle parole che Alessandro Manzoni stava mettendo nero su bianco, forte di quell’immaginario per cui la sua attitudine di bambinaia era perfetta anche nella cura dei testi. Fu così che Emilia Luti diventò l’editor segreta di Alessandro Manzoni.

Moto importante, per il compito che le si andava prospettando fu, per Emilia Luti, il lavoro che aveva svolto a Firenze sia come bambinaia presso Giovan Pietro Vieusseux, fondatore del Gabinetto scientifico letterario Vieusseux, sia come assistente nella biblioteca. 

Vediamo così che fin dai primi momenti della loro relazione professionale emerge con chiarezza l’intenzione di Alessandro Manzoni di proporre un romanzo rivolto a tutti, un romanzo che fosse scritto in una lingua italiana condivisa dal popolo che in quegli anni stava trovando la sua unità politica e culturale.

L’importanza del lavoro di un editor

Per questo il lavoro di Emilia Luti è stato prezioso. Come prezioso è stato l’impegno di Emanuela Fontana che, pazientemente, ha raccolto lettere e bigliettini per ricostruire la genesi del romanzo storico più importante della letteratura italiana.

Oltre a questo, Fontana ha reso un utile servizio a tutti quegli scrittori contemporanei che ancora hanno difficoltà ad accettare l’intervento di un editor sui loro testi rimanendo gelosamente aggrappati alle loro prime stesure.

Il passo narrartivo de La correttrice è quello di un romanzo scritto con lievità e molta cura. Fatalmente, oltre a trasmettere l’interesse per la relazione tra questi due personaggi, riesce a entrare nel merito dei contenuti del libro e dell’opera manzoniana.

I soprusi dei più forti e più arroganti sono riveduti e riproposti con lo sdegno di chi, oggi come allora, vuol trasmettere l’indignazione che potrebbe condurre a ribaltare la realtà a favore della giustizia.

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