Del marito a Emma Gatewood era rimasto un solo ricordo: denti rotti, costole incrinate, segni bluastri sul corpo. Trent’anni di pene e abusi, senza possibilità di ribellarsi perché, quando ci provava, subiva le arretrate leggi dell’America dei primi ‘900 e veniva messa prigione; il marito insomma aveva sempre ragione.

Undici figli e una vita che dipendeva dagli umori del suo carceriere, Emma usava rifugiarsi nel bosco per trovare un poco di pace. Solo nel 1940 Emma riuscì a spezzare le catene e divorziare. Per quindici anni maturò un’idea, un progetto, un riscatto personale.

Emma Gatewood e il progetto Appalachi

Un giorno del 1955 disse ai figli che sarebbe andata a fare una passeggiata, in realtà partì per un percorso sugli Appalachi di 3500 chilometri e quasi 2000 metri di dislivello. Un tracciato che nessuna donna aveva mai affrontato e superato da sola. Non riuscì però a compierlo; un paio di scarpe da tennis e qualche provvista non furono sufficienti a gestire le difficoltà. Ritrovata e salvata da un ranger, Emma tornò a casa, fiaccata nel corpo, ma non nella volontà.

La primavera successiva, con un equipaggiamento più adatto, superò montagne e paludi, campagne e boschi, sopportò orsi, vipere e insetti. In 146 giorni, compì l’intero percorso.

A 67 anni finalmente il riscatto personale

Rifece quella via – che ancora oggi é considerata ad altissima difficoltà – altre due volte, l’ultima a 75 anni.

La sua storia é raccontata in un best seller di Ben Montgomery intitolato La signora degli Appalachi. Giunta alla tappa finale del sentiero, Emma – che aveva consumato tre paia di scarpe, perso 10 chili e percorso una media di 30 km al giorno – cantò l’inno patriottico America, the beautiful e disse:

“Avevo detto che lo avrei fatto e l’ho fatto!”.

Il percorso di Emma Gatewood

Grandma Gatewood, come venne soprannominata dai media americani, dichiarò alla stampa che:

“La sua piú grande impresa non fu quella di compiere l’Appalachian trail, ma quella di aver lasciato il marito dopo trent’anni di abusi”.

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