La festa della Candelora, celebrata il 2 febbraio, ha radici profonde nella tradizione cristiana. Questa festa rappresenta la Presentazione di Gesù al Tempio e si celebra 40 giorni dopo il Natale.

Secondo la legge di Mosè, infatti, ogni primogenito maschio del popolo ebraico era considerato offerto al Signore, ed era necessario che dopo la sua nascita i genitori lo riscattassero con l’offerta di un sacrificio. Inoltre, una donna era considerata impura del sangue mestruale per 40 giorni se il figlio era maschio e 66 giorni se era una femmina. Per la combinazione dei due passi scritturistici, ai tempi di Gesù era previsto che 40 giorni dopo la nascita avvenissero simultaneamente l’offerta del primogenito e la purificazione della madre.

La benedizione delle candele

Nella celebrazione liturgica si benedicono le candele, simbolo di Cristo luce per illuminare le genti, come il bambino Gesù venne chiamato dal vecchio Simeone al momento della presentazione al Tempio di Gerusalemme.

Anche questa, come altre feste cristiane, si inseriva nel calendario a sostituzione di una festa pagana, in questo caso dei pagani Lupercali.

Non tutti sanno però che questa festa è articolarmente legata alla comunità LGBT cristiana in quanto da molti anni, presso il Santuario di Montevergine il 2 febbraio, proprio in occasione della festa della Candelora, si svolge un rito unico al mondo chiamato la juta dei femminielli. Questo rito vede il pellegrinaggio di omosessuali, transgender e più in generale del mondo LGBTQ+ al santuario della Madonna di Montevergine, a Mercogliano, nei pressi di Avellino.

Il Santuario di Montevergine è situato sul massiccio montuoso del Partenio, ad un’altezza di 1270 metri. Questo luogo di culto è dedicato a Maria e fin dall’epoca medievale ha esercitato un fortissimo richiamo per i pellegrini in un’ampia area geografica.

Mamma Schiavona, il Santuario di Montevergine

Al suo interno è custodito, appunto, il quadro della Madonna di Montevergine, conosciuta anche come Mamma Schiavona. Questa icona, risalente al XIII – XIV secolo, raffigura la Vergine Maria seduta su un trono con in braccio il Bambino Gesù. La Madonna è rappresentata con una carnagione olivastra, da cui deriva l’appellativo Mamma Schiavona, che significa straniera, schiava, o contadina.

Il Santuario di Montevergine (Licenza Creative Commons da Wikimedia Commons)

La storia dell’icona della Madonna di Montevergine è avvolta nel mistero. Secondo una leggenda, il quadro sarebbe stato direttamente dipinto da San Luca a Gerusalemme, per poi essere trasportato prima ad Antiochia e poi a Costantinopoli. Tuttavia, gli studi storici hanno dimostrato che questa leggenda non ha fondamento.

Ogni anno, il santuario attira circa un milione e mezzo di pellegrini, tra cui per l’appunto molti appartenenti alla comunità LGBT.

La “Juta dei femminielli” al santuario di Montevergine

La motivazione di questo pellegrinaggio è legata a una narrazione orale risalente al secolo scorso, secondo la quale nel 1256 la Madonna di Montevergine avrebbe miracolosamente liberato due amanti omosessuali, legati a un albero tra lastre di ghiaccio. Il giorno dell’intervento prodigioso sarebbe stato appunto il 2 febbraio.

Durante il rito, tra balli, canti e preghiere, i partecipanti cercano di ricevere la benedizione della Madonna Mamma Schiavona.

Inoltre, il santuario di Montevergine è da molti considerato un santuario gay-friendly e la Madonna nera che viene conservata da secoli è considerata la protettrice delle minoranze sessuali.

Alcune immagini della Festa della Candelora al Monastero di Montevergine

A parlare di questo fenomeno radicato nella comunità LGBT+ è il libro Mamma Schiavona di Monica Ceccarelli, pubblicato da Gramma nel 2010, una ricerca storico-antropologica che indaga le origini, i significati e le trasformazioni di questa tradizione popolare, che rappresenta un caso unico nel panorama italiano e internazionale. L’autrice si avvale di fonti documentarie, testimonianze dirette e osservazione partecipante, per ricostruire la storia e la cultura dei femminielli e il loro rapporto con la Mamma Schiavona.

Il libro analizza il contesto geografico, storico e culturale in cui si svolge il rito della Candelora, tratta la figura del femminiello, un personaggio tipico della cultura napoletana, che assume un ruolo di mediatore tra il mondo umano e quello divino, e che si caratterizza per un genere fluido e una personalità estroversa e provocatoria, approfondisce il rapporto tra i femminielli (e oggi l’intera comunità LGBT+) e la Madonna di Montevergine, esplorando le origini leggendarie e storiche del culto, le modalità di partecipazione al rito, e il significato simbolico e affettivo che la Mamma Schiavona riveste per i devoti.

Nella parte finale del libro, Monica Ceccarelli descrive anche le difficoltà che le persone LGBT+ cristiane incontrano quotidianamente nel percorso di conciliazione tra la loro fede e la loro omosessualità; in particolare viene raccontata l’esperienza romana del gruppo Nuova Proposta, polo territoriale dell’associazione Cammini di Speranza, che l’autrice ha frequentato per approfondire la parte finale della sua ricerca.

Il libro di Monica Ceccarelli offre una lettura critica e sensibile di una realtà complessa e affascinante, che mette in luce la ricchezza e la diversità delle espressioni religiose e culturali del nostro paese. Il libro mostra anche come il rito della Candelora sia un esempio di resistenza e di creatività, in cui i femminielli, e la comunità LGBT in generale, riescono a conciliare la loro fede con la loro identità, e a rivendicare il loro diritto alla differenza e alla dignità.

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