Abracadabra, la formula magica per eccellenza, proviene con tutta probabilità dall’aramaico Avrah KaDabra che significa Io creo quel che dico, forse a suggerire la magia più grande di tutte: l’uso della parola per forgiare la realtà.   

Non è una novità: le parole modellano il nostro stare al mondo, la nostra immaginazione, le nostre relazioni.

È la lingua che parliamo a operare distinzioni in quella nebulosa che è il nostro pensiero, ritagliando dei concetti e associando a essi delle catene di suoni e, come scriveva la linguista Alma Sabatini nella premessa alle sue Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana (qui il testo completo), pubblicate nel 1986 per la Commissione Nazionale per la Parità e le Pari Opportunità tra Uomo e Donna e poi confluite nel volume Il sessismo nella lingua italiana del 1987, «la parola è una materializzazione, un’azione vera e propria» perché «l’uso di un termine anziché di un altro comporta una modificazione nel pensiero e nell’atteggiamento di chi lo pronuncia e quindi di chi lo ascolta».

Le lingue ci aiutano a comprendere e a decifrare la realtà, e allo stesso tempo ci permettono di modificarla perché impongono ai parlanti una certa immagine delle cose del mondo; di conseguenza meno saranno i termini a disposizione, più limitata sarà la nostra conoscenza. Niente di più vero.

Ce lo ricorda Vera Gheno nel suo Femminili singolari (effequ, 2019): «la lingua non è un accessorio dell’umanità, ma il suo centro». È infatti «attraverso la lingua che esprimiamo il nostro pensiero, la nostra essenza stessa di esseri umani, ciò che siamo e ciò che vogliamo essere».

Anche per questo l’edizione 2022 del vocabolario Treccani della lingua italiana rappresenta una piccola rivoluzione: per la prima volta nella storia dei dizionari non verrà più privilegiato il genere maschile, ma comparirà anche quello femminile.

Di più: l’ordine stabilito è quello alfabetico: cercando la parola bello, nel vocabolario Treccani comparirà quindi prima il femminile bella seguito poi dal corrispettivo maschile.

E per la prima volta – si legge nella presentazione – vedremo registrati dei nomi identificativi di professioni che, per tradizione androcentrica, finora non avevano un’autonomia lessicale: notaia, chirurga, medica, soldata.

La nuova edizione sarà presentata in anteprima venerdì 16 settembre, in occasione della 23esima edizione del festival Pordenonelegge, dai linguisti Valeria Della Valle e Giuseppe Patota che hanno diretto l’opera.

Tra le novità del nuovo vocabolario anche l’eliminazione sistematica, all’interno delle definizioni e degli esempi, dei cosiddetti stereotipi di genere, in forza dei quali a cucinare o a stirare è immancabilmente la donna, mentre a dirigere un ufficio o a leggere un quotidiano è puntualmente l’uomo.

Una rivoluzione che riflette e fissa su carta la necessità e l’urgenza di un cambiamento che promuova l’inclusività e la parità di genere a partire dalla lingua, e che registri correttamente i mutamenti sociali evitando di riprodurre nella lingua il pensiero sessista. E all’obiezione di coloro che considerano qualsiasi proposta di cambiamento linguistico come un attentato alla libertà di parola bisognerebbe rispondere, come già suggeriva Sabatini nelle sue Raccomandazioni, con il consiglio di Orwell: «scegliere le parole per il significato e non il significato per le parole, senza mai arrendersi alle parole stesse».

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