Emmaus, vite ai margini. Un viaggio nel cuore della dignità
La Comunità Emmaus di Catanzaro, un gruppo di persone che hanno scelto di rimanere, di ricostruire la propria vita, e a cui ho cercato di dare voce. Intervista a Maria Concetta Infuso.

La Comunità Emmaus di Catanzaro, un gruppo di persone che hanno scelto di rimanere, di ricostruire la propria vita, e a cui ho cercato di dare voce. Intervista a Maria Concetta Infuso.

C’è un ritmo particolare nelle nostre città, un’alternanza di rumore e silenzio che non riguarda solo il traffico e le ore notturne. È il ritmo dell’attenzione, una marea che monta rapida su una storia, un’emergenza, un evento, per poi ritirarsi con la stessa velocità, lasciando la battigia della coscienza collettiva nuda come prima. Per ore, giorni, mesi, un’iniziativa può illuminare a giorno gli angoli più bui dell’esistenza urbana, dare un volto a chi è diventato invisibile, scuotere le coscienze con la potenza di un’immagine.
Cosa succede quando gli obiettivi si spengono, le gallerie online si archiviano e l’onda emotiva si frange contro la scogliera del quotidiano? La domanda non è una critica, ma una constatazione necessaria.
Anche le iniziative più lodevoli, in un’epoca di bulimia visiva, rischiano di perdere di forza di fronte a uno dei fenomeni più deleteri del nostro tempo: il consumo rapido e la perdita di significato del linguaggio fotografico.

Questo viaggio, quindi, rifiuta la velocità e usa la fotografia e l’incontrò con l’altro come opportunità per rallentare lo sguardo e puntarlo su una realtà che della lentezza, della pazienza e della ricostruzione fa la sua bandiera: la Comunità Emmaus Catanzaro.
Nel mio lavoro di fotografa, ho scoperto che la vera libertà non è solo la possibilità di muoversi, ma anche la dignità di esistere in un luogo, con la propria voce.
Questo progetto è il racconto di un gruppo di persone che hanno scelto di rimanere, di ricostruire la propria vita, e a cui ho cercato di dare voce.

All’ingresso della Comunità Emmaus di Satriano Marina, in provincia di Catanzaro, c’è una targa in legno intagliata a mano da Pasquale, uno dei residenti. È il primo simbolo di un mondo che funziona al contrario: qui, ciò che la società scarta – oggetti e persone – non solo viene recuperato, ma diventa il motore di una rinascita.
Per cogliere l’essenza di Emmaus Catanzaro, è necessario superare l’astrazione della sua filosofia e incontrare le persone che la incarnano. Al centro di questa realtà c’è la sua presidente e fondatrice, Maria Concetta Infuso.
È una donna impegnata da una vita in politica, un’attivista per i diritti “degli ultimi”, una giornalista e una poetessa.
Questo background multidisciplinare è fondamentale: la sua esperienza nel giornalismo le conferisce una profonda consapevolezza del potere della narrazione e della rappresentazione; la sua sensibilità poetica le permette di cogliere le sfumature della condizione umana; il suo attivismo di lunga data radica il suo lavoro in un impegno concreto per la giustizia sociale. È lei la voce articolata della comunità, colei che lancia appelli pubblici e modera eventi per raccontare la loro storia.
Per capire Emmaus Catanzaro, bisogna dimenticare tutto ciò che pensiamo di sapere sull’assistenzialismo. Bisogna ascoltare la voce calma e d’acciaio di chi ha dedicato una vita a questa missione: Maria Concetta Infuso.

Il movimento Emmaus nasce da un gesto fondativo: l’Abbé Pierre non offrì carità, ma uno scopo. Come si manifesta ogni giorno questo principio a Satriano?
“Attraverso il rapporto continuo di condivisione e spirito di fratellanza. Sennò, altrimenti, diventa una rete commerciale e basta. Le persone sono attivamente partecipi nel recupero di se stesse perché si sentono parte di una comunità. Non è solo il lavoro, ma un recupero attraverso questo senso di condivisione. Alla fine, devono riacquisire dei valori base di convivenza, prima di tutto all’interno della comunità che rappresenta un microcosmo, per poi poter un giorno, se decideranno, reinserirsi in quella comunità più grande chiamata società con dei valori diversi.”
Avete scelto un percorso di autofinanziamento, una potente dichiarazione di autonomia. Come plasma l’identità di chi viene accolto?
“C’è una difficoltà, perché alcuni lo capiscono ed entrano in quel percorso non solo fatto di lavoro comune, ma anche di condivisione e senso di comunità. Altri invece non lo capiscono. Però, la parte che non lo capisce, alla fine, se ne va. Capiscono che sono partecipi in questo auto-sostenersi, auto-sostentare la loro accoglienza.”
Quali sono i piccoli gesti concreti attraverso cui vede la dignità ricostruirsi?
“Il fatto che si creano dei piccoli scambi tra loro, all’interno della comunità. Piccoli gesti di solidarietà tra di loro. Dalla chiusura e dall’individualismo, la comunità li educa prima di tutto allo scambio reciproco e alla condivisione. Quello è un primo gesto di recupero della propria dignità, checché ne dica il sistema in cui viviamo, che invece promuove l’individualismo e la competitività che portano proprio a situazioni di marginalità e di esclusione.”

Da ex giornalista e poetessa, lei sa quanto pesano le parole e le immagini. Qual è l’equivoco più comune che deve combattere nel raccontare Emmaus?
“L’equivoco più comune è quello di pensare che le attività che noi svolgiamo siano per noi un lavoro e non una forma di volontariato nel senso più puro del termine, ossia in totale gratuità. Nel corso degli anni, professionisti hanno messo a disposizione il loro mestiere — avvocati, medici — gratuitamente. E adesso i volontari, io in primo luogo, continuo a mettere a disposizione il mio tempo, la mia presenza, le mie energie gratuitamente al servizio degli ultimi. È molto brutto che le persone siano diventate così diffidenti, c’è una certa meschinità.”
Lei ha dichiarato che “la Calabria è un pò dura d’orecchio”. Quanto è cruciale, nella vostra lotta per la sostenibilità, il lavoro di narrazione e comunicazione pubblica? Cambiare la narrazione è, per lei, una forma di attivismo?
“A chi fa finta di non vedere a chi fa finta di non vedere e di non sentire la fotografia pone un’interrogativo diretto.
Mette di fronte agli occhi un messaggio che non è possibile più evitare.“
Le parole di Maria Concetta prendono vita nei volti e nei gesti dei “Compagnons” cuore narrativo della comunità, i cui percorsi di vita smantellano l’archetipo monolitico e spersonalizzante del “senzatetto”. Le loro storie, pur nella loro singolarità, rivelano la funzione poliedrica della comunità.

C’è Pasquale, nel suo laboratorio che profuma di legno e seconde possibilità.
`A “distanza di una carezza”, le mani di Pasquale. Non sono solo mani che lavorano, sono mani che conoscono il legno, che lo ascoltano e lo guariscono. È un dialogo intimo tra un uomo e la materia, dove il restauro diventa una forma di riscatto.`
Nel laboratorio di Pasquale gli oggetti dimenticati riprendono vita, ma la vera magia è un’altra. Questo luogo è una denuncia contro l’idea che le persone, come le cose, possano essere scartate. Qui, prima di recuperare il legno, si recupera l’uomo. Si ridà senso, scopo, utilità. Si ricostruisce la dignità, un pezzo alla volta. È la prova che a nessuno dovrebbe essere negata una seconda possibilità.

C’è Sampath, il cui rito del tè caldo, preparato con una lentezza che è essa stessa una forma di cura, incarna la grammatica dell’accoglienza. Il suo contributo non si misura in oggetti prodotti, ma in umanità generata, trasformando una struttura in una casa, un rifugio in una famiglia.

Mani che sollevano, spostano, recuperano. Mani che non si tirano indietro.
Queste non sono solo mani che lavorano. Sono il cuore pulsante della comunità in azione. Qui si recuperano i mobili, certo, ma prima di tutto si recuperano le persone.
Ogni sforzo è condiviso, ogni peso è più leggero perché sollevato insieme. In questo gesto c’è il senso più profondo di Emmaus: ridare dignità attraverso il lavoro e ricordarci che non si può essere felici senza gli altri.
Queste non sono istantanee di povertà da consumare in un feed. Sono capitoli di una narrazione di resistenza, dove il recupero di un vecchio armadio diventa il pretesto per il recupero dell’unica cosa che conta davvero: l’essere umano.

E ora arriviamo a voi. Perché questo articolo non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza. La storia di Emmaus Catanzaro ci interroga tutti. Ci chiede di guardare alle marginalità che abbiamo accanto, nei nostri quartieri, e di chiederci: cosa stiamo facendo?
La marginalizzazione non è un problema “loro”. È una condizione a cui tutti, in un mondo che corre sempre più veloce, siamo esposti. È il momento di trasformare lo sguardo da un atto di consumo a un atto di partecipazione.
Maria Concetta Infuso alla domanda “cosa succede il giorno dopo?” ha dato una risposta semplice e radicale: il giorno dopo è uguale a quello prima. È un altro giorno di lavoro, di condivisione, di vita comune. Un altro giorno in cui la porta è aperta, non per essere fotografata, ma per essere varcata.

Questo è l’invito più importante e diretto: la Comunità Emmaus di Catanzaro sta cercando volontari. Non si tratta solo di dare una mano, ma di compiere un gesto rivoluzionario: fare esperienza di vita nella comunità. Cercano persone disposte a stare vicino ai residenti nella vita di tutti i giorni, condividendo il lavoro, i pasti, le conversazioni. È un’opportunità per entrare nel cuore di questa realtà, anche per brevi periodi, e capire davvero cosa significhi “aiutarmi ad aiutare”.
Se un’esperienza di volontariato non è possibile, ci sono altri modi concreti per sostenere la loro missione di autonomia e dignità:
Per chi, come me, usa la fotografia o un altro linguaggio come strumento di conoscenza, è fondamentale approcciarsi a queste realtà con etica e preparazione per raccontare la marginalità senza cadere negli stereotipi, costruendo una narrazione basata sulla fiducia e sul rispetto. È un modo per trasformare la fotografia da un atto estrattivo a un dialogo costruito nel tempo.
Si tratta di non cercare di “dare un volto” agli invisibili, partendo dal presupposto che quel volto abbia già un nome, una storia, una dignità intrinseca che non ha bisogno di essere validata da uno scatto fotografico.
La vera sfida è tenere gli occhi aperti ogni giorno. Perché la marginalità si combatte con uno sguardo che non consuma, ma che riconosce.
E con un’azione che non passa, ma che resta. Andate a conoscere Emmaus Catanzaro. La loro porta è aperta.

via dell’Agricoltura, 8 – 88060 Satriano Marina (Catanzaro)
tel. 0967 631470 | cell. 334 3428931
mail: emmauscatanzaro@gmail.com
Facebook: @emmaus.catanzaro
Instagram: @emmauscatanzaro
Canale Youtube Emmaus Catanzaro
Orari mercatino solidale dell’usato
Martedì, dalle 8,30 alle 12,30 e dalle 15 alle 19
Giovedì, dalle 8,30 alle 12,30 e dalle 15 alle 19
Sabato, dalle 8,30 alle 12,30 e dalle 15 alle 19
Orari Centro Emmaus
via Vincenzo d’Amato (senza numero civico) – 88100 Catanzaro
Lunedì, dalle 9 alle 12
Martedì, dalle 16 alle 19
Mercoledì, dalle 9 alle 12
Giovedì, dalle 16 alle 19
Emmaus Catanzaro, già operativa dagli anni novanta, nasce ufficialmente in città nel 2000 per opera di sei soci fondatori tra i quali l’attuale presidente dell’Associazione, Maria Concetta Infuso. Emmaus Catanzaro fa parte del movimento internazionale Emmaus fondato dall’Abbé Pierre ed è un gruppo che lavora con e per i poveri allo scopo di «servire per primi i più sofferenti» e di lottare contro le cause della miseria.
Inizialmente l’Associazione si è dedicata al sostegno delle famiglie in difficoltà. Successivamente si è concentrata sul problema dei senzatetto fino ad arrivare, nel 2016, alla costituzione di una Comunità Emmaus per uomini senza fissa dimora.
Emmaus Catanzaro affianca con varie azioni le persone che vivono ai margini della società e ne promuove la tutela dei diritti svolgendo un’opera di intermediazione presso le istituzioni. Partecipa e collabora ai progetti portati avanti dal movimento Emmaus finalizzati allo sviluppo, alla rinascita e alla difesa dei diritti umani delle popolazioni in gravi difficoltà in diversi Paesi del mondo. In particolare, ha sostenuto per anni il Progetto acqua – Lago di Nokouè nato per rendere potabile l’acqua in Benin (Africa). Attualmente sostiene, insieme a Emmaus Italia, il progetto Mediterranea Saving Humans.
Emmaus Catanzaro aderisce alla Fondazione Sapientia Mundi, a Libera e a tutte le reti cui aderisce Emmaus Italia. Ha inoltre collaborazioni, in base a regolari protocolli d’intesa, con il Ministero di Grazia e Giustizia, per il recupero di persone in sostituzione di pena, e con l’Azienda Ospedaliera Regionale, per la quale svolge servizio di volontariato ospedaliero presso l’Ospedale Regionale Pugliese. Ha infine avviato collaborazioni con AMA Calabria, ADER Calabria, CSV Catanzaro, Associazione Don Pellicanò, Associazione Medici Cattolici Catanzaro, Banco Opere e Carità, Caritas, Chiesa Ortodossa Catanzaro, Unione Femminile Valdese Catanzaro, Salesiani Soverato, Associazione San Vincenzo de’ Paoli, Vincenziani Davoli e altre ancora.
