Due amanti possiedono due monete, una d’oro e una di rame: se le dividono a caso senza guardarle, e poi uno parte e va ai confini dell’universo, appena uno dei due guarda la propria moneta sa istantaneamente quale moneta ha l’altro. E’ un modo semplice per spiegare uno dei fenomeni più misteriosi, e tuttora sostanzialmente inspiegati, di tutta la fisica: l’entaglement.

Il minuto e 40 secondi che avete appena visto è un booktrailer, realizzato dalla De Agostini a firma del regista Guglielmo Enea, di un mio romanzo del 2013, E’ scritto nel corpo, primo della nuova collana di narrativa cross-over Book-Me. Una storia, appunto cross-over tra i generi (suspense/erotico/fantasy), che racconta di una relazione karmica attraverso il tempo e lo spazio. Dicevamo appunto di entaglement (letteralmente intreccio): il concetto è basato sull’assunzione che gli stati quantistici di due particelle microscopiche o due sistemi macroscopici A e B (Paolo e Francesca, Adamo ed Eva, Giulietta e Romeo, Antonio e Cleopatra, Cip e Ciop, etc) inizialmente interagenti possano risultare legati (appunto intrecciati) tra loro in modo tale che, anche quando le due particelle vengono separate, anche a grande distanza l’una dall’altra, la modifica che dovesse accadere allo stato quantistico della particella A istantaneamente avrebbe un effetto misurabile sullo stato quantistico della particella B, determinando in tal modo il fenomeno della cosiddetta azione fantasma a distanza (spooky action at distance). Romantico, no?

Il fenomeno dell’entaglement, più che studiato dalla Fisica Quantistica, è qualcosa che molti di noi hanno sperimentato nella loro vita quando, in un legame importante, qualcosa continuava a vibrare anche se lontani, anche se separati, anche dopo la fine. Telepatie, sintonie, sincronicità, serendipità e non solo, intendo. Mi riferisco alla relazione che continua eternamente, indifferente alle rotture della vita, al libero arbitrio, alle scelte subite. Sto parlando di legami molto particolari: si chiamano legami karmici.
I legami karmici sono affinità tra due persone che provano reciprocamente emozioni e sentimenti molto intensi (non necessariamente positivi). Si tratta di connessioni profonde che trascendono il tempo e lo spazio e che, per chi crede appunto nel karma, si ricreano di vita in vita. 

Se la reincarnazione ti sembra una cazzata, abbandona la lettura, altrimenti: andiamo avanti. La persona con la quale, in questa vita, sviluppiamo un legame trasformativo, dunque potente, molto probabilmente è un qualcuno che, in una vita precedente, abbiamo già incontrato e con il quale abbiamo già avuto una connessione molto importante. Poteva essere un figlio, un genitore, un marito, un nemico, un maestro, il nostro assassino, oppure chi ci ha salvato la vita. Una persona insomma molto significativa: forse la persona di una vita. Ecco i legami karmici.

Non importa il segno del sentimento che si prova, importa la sua intensità, la capacità di quel sentimento di essere inevitabile (parentesi pop per alleggerire). Questa connotazione definisce il legame karmico.

L’unica cosa di cui possiamo essere certi è che quando questa persona riappare nella nostra vita, dobbiamo risolvere il karma, ossia cogliere l’opportunità di imparare qualcosa dall’esperienza – certamente travolgente – che ci ingaggia. Infatti, una relazione karmica non è mai equilibrata, stabile, armonica. Che si tratti di rapporti d’amore, di amicizia o, all’opposto, conflittuali, sempre la loro caratteristica è l’aspetto passionale, sconvolgente, in grado di scomporre assetti, disordinare, scardinare, decostruire. Di fronte ai legami karmici siamo, fisiologicamente, vulnerabili, indifesi, nudi.

E’ capitato a tutti, anche più volte, di essere magnetizzati da uno sguardo, scossi da un incontro, turbati da un tono di voce. Per esempio, chi non conosce il colpo di fulmine, oppure le antipatie a pelle, a chi non è capitato di ritrovarsi a litigare furiosamente con uno sconosciuto? Emozioni che hanno una intensità inspegabile, se non nel ricordo inconsapevole del vissuto del rapporto con quella persona in un’altra vita.

Da un passo di E’ scritto nel corpo: Attraversa la strada, punta dritto al Caffè delle Arti, si siede, ordina una vodka, e digita “parapsicologia” sul suo tablet: “Dagli anni Settanta in poi la considerazione per le ricerche parapsicologiche è andata via via scemando. Le prime ricerche furono considerate inconcludenti e i parapsicologi si trovarono di fronte la forte opposizione dei loro colleghi accademici. Alcuni effetti che sembravano essere paranormali scomparvero quando furono testati sotto stretto controllo, lasciando quindi queste ricerche ad un punto morto. Molti laboratori di ricerca statunitensi furono chiusi, citando come ragione la mancanza di accettazione da parte della scienza e lasciando così la ricerca parapsicologica confinata nelle istituzioni private finanziate con fondi privati. Dopo ventotto anni di ricerche il Princeton Engineering Anomalies Research Laboratory ha chiuso i propri laboratori nel 2007″. Appunto, pensa, tutte cazzate. Io non riesco ad andarmene, resto lì. Non riesco a scollarmi da Camilla, non posso fare nemmeno un passo.

Non posso svelarvi, naturalmente, chi è quell’io che parla, nonostante la classica voce narrante, in terza persona. Ma, appunto, il mistero del libro è lo stesso mistero che tutti noi abbiamo percepito, almeno una volta, risiedere nelle nostre vite.

Intendiamoci, di certo ogni nuovo incontro, se autentico, in parte destabilizza la nostra vita. Ma quello che avviene incontrando un compagno karmico è un’altra cosa: un uragano che ci obbliga a cambiare radicalmente, senza che sia più possibile tornare chi eravamo prima, a come era la nostra esistenza prima di quell’incontro. Anzi, di quel re-incontro. La sensazione è, dicevamo, di ineluttabilità, cioè l’impossibilità di opporsi al magnetismo di quel contatto, la sensazione che, anche imponendoselo, nè raziocinio, nè forza di volontà, nè buonsenso nulla possono. Il motivo?  

Siamo di fronte a un’esperienza di guarigione: lo scopo dell’apparizione, nelle nostre vite, di un compagno karmico, il ritorno – da una vita precedente – di un rapporto che vuole reiterarsi, significa sempre l’opportunità di sciogliere un nodo interiore che ci appartiene, un’avventura esistenziale e spirituale in cui l’altro rappresenta la funzione e la possibilità di farci evolvere, crescere, guarire. Per questo, non esistono legami karmici pacati: occorre affrontare i nostri baratri.

Prima di mettere in moto, apre le fotografie, è curiosa, era tanto che non scattava su pellicola. Sono belle, i contrasti rendono sia la cupezza che la grandiosità del luogo, la luce non è fredda, gli scorci col mare sembrano a colori. Le riguarda una seconda volta, con più attenzione, e si sofferma sulla foto in camera, la camera sua e di Adriano: un raggio di sole entra dalla finestra, è piuttosto spesso. Da lì, come in filigrana, indugiando lo sguardo, piano piano escono tre figure: sono un uomo e due donne. Strizza gli occhi, istintivamente passa un dito sopra all’immagine. Non c’era anima viva con lei, quel giorno, alla villa. Guarda meglio, guarda ancora. Sono proprio tre persone, ombre scure, come in controluce. L’uomo è piuttosto alto, le due donne hanno una corporatura simile. A colpo d’occhio potrebbero essere lei e Camilla. Il cuore comincia a batterle all’impazzata in petto, sarà un effetto ottico, si dice, capita spesso in fotografia. Accende il motore, punta dritto dal fotografo, chiederà al commesso impacciato di mostrarla al suo amico Fernando, compagno di jogging, proprietario del laboratorio e fotografo professionista.

Se ancora lo trovate in giro, il mio libro, poi fatemi sapere.

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