Favole allo smartphone. Alla scuola italiana manca la fantasia
Alla riscoperta di un grande maestro, Gianni Rodari con la sua "Grammatica della fantasia". Incentivare la creatività dei ragazz*
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Alla riscoperta di un grande maestro, Gianni Rodari con la sua "Grammatica della fantasia". Incentivare la creatività dei ragazz*
Oggi nella scuola italiana ci sono le Stem (le discipline scientifico-tecnologiche) ma sicuramente manca la fantasia. E non per colpa dei ragazzi.
Tutto il nostro sistema di istruzione è fagocitato dalla progettistica legata ai fondi del Pnrr oppure direzionato verso il raggiungimento di obiettivi quali l’orientamento al mondo professionale, la ricerca sempre più spasmodica degli iscritti di anno in anno, l’iscrizione a molteplici attività, ma tutto questo va per gran parte a discapito della didattica.
Eppure, noi in Italia abbiamo conosciuto un grandissimo maestro che è stato Gianni Rodari. Sembra, però, che quasi ce ne siamo dimenticati oppure consideriamo semplicemente Gianni Rodari un autore di storie per bambini.
Niente di più sbagliato.
Un recente articolo, pubblicato sul numero di Internazionale del 7 febbraio 2025 a firma di Mac Barnett (L’America alla scoperta di Gianni Rodari, The New York Times) ci ha invece ricordato che gli Stati Uniti da pochi anni a oggi stanno attuando una vera e propria riscoperta dello scrittore di Omegna, appunto a partire da quella Grammatica della fantasia che lo ha reso celebre nella storia della pedagogia internazionale.
“Un sasso gettato in uno stagno suscita onde concentriche che si allargano sulla sua superficie, coinvolgendo nel loro moto, a distanze diverse, con diversi effetti, la ninfea e la canna, la barchetta di carta e il galleggiante del pescatore”.
Allo stesso modo, una parola gettata nella mente di una persona produce e genera tanti effetti e reazioni,
“in un movimento che interessa l’esperienza e la memoria, la fantasia e l’inconscio”.
Ma ciò che avviene nelle nostre aule è quanto di più lontano dagli immaginifici termini e dai briosi scenari elaborati dall’estro di Rodari.
La scuola italiana è invece ripiegata su stessa, in una smorfia di dolore e in una cronica postura di sofferenza; nell’attesa di una qualche riforma pedagogica davvero incisiva, il nostro sistema di istruzione cerca di stare al passo con i tempi e con la tecnologia imperante, tentando di trasformare i nostri allievi in creator o follower, oppure in produttori di qualsiasi cosa di profittevole o addirittura in futuri acquirenti.
Accusandoli, però, più o meno implicitamente di essere gli infausti eredi della pedagogia successiva alle Dieci Tesi del 1975 che cercarono di impostare una didattica nuova e che furono ricordate come quelle che gettarono le grammatiche – quelle tradizionali – dalle finestre. Come se l’esperienza di Don Milani non fosse mai esistita.
Oltre a ciò, senza rendere gli studenti di oggi mai davvero protagonisti del proprio cammino di crescita.
La fantasia, invece, dovrebbe essere inserita di merito nell’elenco curricolare delle discipline per cercare di incentivare la creatività dei ragazzi da esercitare magari con corsi di scrittura creativa sempre più capillari e non concessi saltuariamente per iniziative individuali. Ciò avrebbe senz’altro il merito di rendere i nostri allievi anche dei lettori, perché gli stessi si renderebbero conto di aver bisogno degli scritti degli altri per alimentare il fuoco della propria immaginazione.
Scrive infatti Mac Barnett:
“La Grammatica della fantasia è un sollievo per chiunque si sente scoraggiato dall’attuale fervore per le discipline Stem, che mettono al centro scienze, tecnologia, ingegneria e matematica, e spesso lasciano poco spazio ai benefici non quantificabili delle materie umanistiche e alle loro innumerevoli gioie. Qualche anno fa negli Stati Uniti qualcuno ha avuto l’idea di inserire ‘arte’ nel mix, creando il nuovo acronimo Steam, molto meno significativo. È stato davvero imbarazzante”.
Così come imbarazzante è rendersi conto, nel 2025, che i nostri ragazzi usciranno dalle scuole sempre più impoveriti non nelle competenze specifiche o di natura tecnica, ma proprio nella capacità creativa della fantasia.
Non lungimirante è dunque è quel sistema educativo che orienta il proprio sguardo solo al futuro, senza rendersi conto che il punto di appoggio per effettuare lo slancio più esteso dev’essere sempre imperniato sulle orme del passato. E di chi c’è stato prima di noi.
“Rodari diventa scrittore per l’infanzia per caso, violando alcune convenzioni base del suo tempo: prima fra tutte, che la lettura rivolta ai bambini debba trasmettere modelli grondanti commozione, sacrificio e una contenuta felicità. Non che manchi una morale nelle prime filastrocche ma il terreno è diverso: non una lezione impartita dall’alto in basso ma la chiara consapevolezza che adulto e bambino hanno ‘una parte di mondo in comune, perciò possono parlare la stessa lingua e intendersi’. Dunque, una complicità sul terreno della fantasia”
scrive Vanessa Roghi nel suo Lezioni di Fantastica. Storia di Gianni Rodari (Editori Laterza).
Rodari diceva che l’immaginazione non è una facoltà separata dalla mente, ma è la mente stessa.
“E la mente nasce nella lotta, non nella quiete”.
Ce ne ricorderemo mai?