Fino al 20 Agosto sono allestiti negli spazi espositivi della Casa di Rigoletto a Mantova due progetti fotografici che, pur affrontando temi differenti, dimostrano quanto la fotografia d’autore abbia la possibilità di poter presentare temi delicati con la potenza silenziosa della verità che permette di scavare l’animo umano.

Biennale della Fotografia Femminile: Leaving and Waving e Perché la vita

Presentati dall’Associazione La Papessa di Mantova, che promuove la BFFBiennale della Fotografia Femminile, e con il patrocinio del Comune di Mantova, sono esposti Leaving and Waving di Deanna Dikeman e Perché la vita di Manuela Podda con Federica Pederzoli.

Deanna Dikeman: il senso del saluto

Leaving and Waving di Deanna Dikeman è un racconto per immagini iniziato nel 1991 quando Deanna, per reagire alla tristezza che impregnava ogni sua partenza dalla casa dei genitori a Sioux City nel Medwest degli Stati Uniti, dove si recava per andare a trovarli, dall’interno della propria auto abbassando il finestrino, prima di ripartire per Kansas City nel Missouri a 400 miglia di distanza, scattava una fotografia e una soltanto nel momento in cui sua madre e suo padre le sorridevano salutandola entrambi con il semplice gesto della mano.

Inizialmente lo scatto nacque come rituale per esorcizzare la sofferenza suscitata da quell’inevitabile allontanamento, ma successivamente l’obbiettivo si volse a indagare il significato della partenza e del saluto.

Fino al 2017, attraverso questi scatti, la fotografa registrerà nello scorrere del tempo tutti i cambiamenti di cui la vita l’ha resa, suo malgrado, spettatrice. L’emozionante saluto ritratto in queste numerose, e preziose, opere di piccola dimensione ci collegherà con nostalgia a tutti coloro che, indipendentemente dal rapporto intrattenuto, hanno fatto parte dei nostri affetti insieme ai sentimenti che a loro ci hanno legati.

L’osservazione a sguardo attento delle fotografie, nella loro corretta successione, rivelerà, oltre al naturale avvicendarsi delle stagioni e ai segni testimoni del tempo che passa, le presenze e le assenze capaci di animare in chi osserva una profonda malinconia per ciò che è stato e che non potrà più essere.

Vedrete, scatto dopo scatto, presenze diverse ospitate nell’abitacolo; le stesse assumeranno posizioni differenti nell’auto da dove Deanna Dikeman registra frammenti di una storia in cui i personaggi, uno dopo l’altro, scompariranno dalla scena.

E’ difficile dover staccare lo sguardo dai sorrisi felici di due genitori che il tempo inesorabilmente consuma, ma il vivere presuppone il morire. Questa testimonianza fotografica riesce perfettamente a rendere evidente la perdita quando il saluto a due si trasformerà nel saluto di una sola persona che, divenendo sempre più anziana e sola, dovrà essere trasferita in una casa di riposo fino alla fine della sua vita.

Deanna Dikeman

L’ultima fotografia del progetto presentato alla Biennale della Fotografia Femminile è scattata dopo il funerale della madre di Deanna; la casa è completamente chiusa e la morte di entrambi ha reso il palco definitivamente vuoto con una scena pulita come fosse stata sterilizzata:

visivamente non percettivamente” […] Quel vuoto finale, che visto singolarmente è muto nel silenzio di un’abitazione simile a quelle che si possono trovare sui cataloghi di case in vendita, dopo l’esperienza personale che ci regala Dikeman diventa mirabilia dell’esistenza, estasi, nel dolore, che sfiora il senso della vita. (Fabio Giagnacovo)

Manuela Podda:
l’intimità delle donne nella malattia

Diverso è il tema affrontato da Perché la vita di Manuela Podda con il contributo di Federica Pederzoli. Il progetto, vincitore delle letture portfolio di Non c’è limite al limite 2022, esplora l’intimità delle donne affette da cancro ovarico.

Nato nel 2021 attraverso una comunicazione nel web, è stato esposto per la prima volta a Pennabilli, un piccolo paese della provincia di Rimini in Emilia Romagna.

Il cancro all’ovaio è il più letale tra i tumori ginecologici e, al momento, non esistono programmi di screening affidabili per la diagnosi precoce. In Italia circa 50.000 donne convivono con questa malattia e ogni anno si registrano circa 5.200 nuovi casi di cui l’80% in fase già avanzata a causa di una diagnosi tardiva per 8 casi su 10.

Una malattia in assenza di sintomi nelle fasi iniziali e con indicatori tumorali che possono essere inefficaci tanto da infliggere alla donna una ferita oltre che biologica, psicologica.

I cambiamenti dell’esistenza di ogni donna colpita dalla malattia spesso coinvolgono anche lo spazio abitativo tanto da determinare modifiche dell’ambiente in cui si vive. La casa si trasforma divenendo nido o prigione, uno spazio a misura di malattia che assume diversi aspetti.

Perché la vita è un progetto fotografico che desidera indagare il nuovo spazio dell’ambiente umano nel quale la vita improvvisamente è messa in crisi dalla malattia, luoghi in cui è possibile che la sofferenza o il timore della morte non siano esattamente le cause del proprio stare male ma lo sia la stessa malattia che impedisce di sostenere la responsabilità della propria esistenza.

Con questo progetto Manuela Podda mi offre l’opportunità di parlare della possibilità di rivivere, ossia della possibilità di superare una crisi che, in questo specifico caso, è determinata dal dover affrontare il tumore all’ovaio.

Nell’esperienza clinica gli psichiatri che hanno affrontato le crisi che si verificano dopo diagnosi che determineranno un percorso clinico da affrontare, hanno schematicamente individuato tre punti:

  1. La crisi acuta che provoca inizialmente uno stato di shock più o meno intenso, seguito dalla negazione o l’incredulità per ciò che è accaduto e determinando uno stato di sconvolgimento, confusione e disperazione.

2. La crisi cronica che potrebbe bloccare la crisi acuta, quando si tratta di un trauma molto grave e improvviso, e di conseguenza anche la fase di normalizzazione.

3. La normalizzazione in cui vi è: la presa d’atto del mutamento negativo che ha determinato la crisi (che conclude la fase acuta), la fase della rabbia che si rivela con comportamenti anche aggressivi e la fase della ristrutturazione del campo di vita, ossia una riorganizzazione dell’esistenza attraverso l’accettazione del cambiamento avvenuto.

Ogni donna che si trovi ad affrontare una situazione più o meno grave che la rende inevitabilmente più vulnerabile, perché la vita diviene più difficilmente vivibile, deve risolvere una situazione che se bloccata per un tempo troppo lungo o addirittura per sempre può trasformarsi in un fatidico colpo mortale.

Perché la vita è apertura della disponibilità a un dialogo continuo con chi soffre e offre l’opportunità di stabilire vie di comunicazione importanti. Il progetto non parla solo di chi è ammalata ma della famiglia, dell’ambiente e della forza e determinazione con cui è necessario affrontare il percorso di rinascita attraverso la cura di una patologia che i medici definiscono big killer.

Perché la vita ci mostra quale sia il desiderio di chi si ammala: quello di non essere esclusa, di non essere emarginata e di non essere identificata soltanto dalla malattia: perché ogni persona ammalata è inevitabilmente anche la propria malattia.

Le autorizzazioni alla pubblicazione delle fotografie sulla Rivista ReWriters sono state concesse dalla Biennale della Fotografia Femminile e da Manuela Podda.

Ingresso libero. Informazioni: info@bffmantova.com

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