Prendete gli orsi in Trentino. Cento, centoventi o più, ne abbiamo sentiti in queste settimane di numeri a casaccio, sparati anche da chi dovrebbe sapere quello esatto. Perché è proprio lei, la Provincia Autonoma di Trento, che li ha riportati con soldi europei più di vent’anni fa quando erano sull’orlo dell’estinzione e poi ne è voluta diventare a tutti i costi, contro lo Stato, la proprietaria.

Comunque, prendeteli in figura questi orsi e, come se aveste un panno in mano, sgombrate da sopra e sotto le prossime elezioni provinciali di fine ottobre in quella terra, togliete ai lati i pronunciamenti di TAR e Consiglio di Stato, metteteci accanto gli umani residenti e turisti, che cosa rimane?

Il Trentino e la necessità
di un metodo scientifico e bioetico

Quello che purtroppo rimane +è il fallimento di una esaltazione della gestione localistica e di pancia di questioni più grandi di loro, che invece vanno affrontate in maniera scientifica e bioetica, anche a livello sovranazionale, e il non mantenimento degli impegni presi, per iscritto, delle amministrazioni pubbliche a realizzare informazione agli umani e corridoi ecologici per evitare la concentrazione dei plantigradi in una parte costretta da Adige, linea ferroviaria e autostrada del Brennero.

Così in attesa dei prossimi pronunciamenti della giustizia amministrativa fra metà luglio e metà dicembre e della salvezza dell’orsa JJ4 in un rifugio per orsi in Romania ben differente dalla prigione del Casteller a Trento (alternativa concreta che abbiamo proposto per bloccare i folli decreti di uccisione e che ovviamente è valida fino a che si tratta di piccoli numeri) la questione è come evitare tragedie come quella della morte di Andrea Papi che potrà essere effettivamente accertata solo nel processo che speriamo sarà intentato per omicidio colposo contro chi doveva fare di tutto per prevenirla e ha fatto nulla.

Ma come spengere chi in questi mesi ha nuovamente soffiato sul fuoco delle paure, come riprendere in mani serie e preparate un progetto di integrazione fra umani e altri animali selvatici?

Nel suo genere, la vicenda degli orsi in Trentino presenta le stesse obiezioni dei NO ai migranti umani che vogliono entrare nel nostro Paese fuggendo da fame e guerre (“sono troppi”, “sono pericolosi”, “se li prenda qualcun altro”, “voi che non vivete qui non potete capire”) con la differenza che in questo caso gli orsi sono lì non perché portati dalla natura o dagli animalisti ma proprio dalla stessa Provincia che li ha fino a l’altro ieri usati in termini di propaganda turistica, per poi colpevolmente toglierne la cura al Parco Adamello Brenta e affidarla alla… Protezione Civile locale invocando una presunta emergenza.

Cassonetti, sterilizzazioni e incontri

Così registriamo alcuni fatti certi:

1) la Provincia di Trento non ha dotato i Comuni dei cassonetti anti orsi per i rifiuti (l’impegno era a farlo entro gennaio scorso e hanno rimandato a fine 2028) che continueranno ad attrarli vicino alle abitazioni (a differenza del resto del mondo dove vivono gli orsi)

2) loro stessi avevano proposto nel 2021 sterilizzazioni di femmine fra le quali proprio JJ4 (che così ad aprile scorso non avrebbe avuto cuccioli da difendere quando si è imbattuta nel povero ragazzo in corsa) ricevendo le necessarie autorizzazioni tecnico-scientifiche ma che stranamente non sono mai state eseguite

3) l’unico video di informazione  sul cosa fare in caso di incontro con orsi è stato realizzato anni fa dalla LAV.

Chiarito tutto questo, non mi resta che consigliare di approfondire e cercare di saperne di più, che siate cittadini o valligiani. Come? Con la lettura del libro Un uomo tra gli orsi dello zoologo Andrea Mustoni e del romanzo Terra degli orsi di Alessandra Favilli, ambientato proprio nelle Alpi del Trentino. Un piccolo contributo alla conoscenza e alla consapevolezza che spero vengano restituite a quella terra così bella.

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