Il 25 Aprile di Scurati e la Rai: censurare non è libertà
Il caso intorno al monologo di Scurati per il 25 Aprile è specchio del paese. Lo scrittore ricorda la primavera del '24, l'omicidio Matteotti.
Il caso intorno al monologo di Scurati per il 25 Aprile è specchio del paese. Lo scrittore ricorda la primavera del '24, l'omicidio Matteotti.
L’inizio delle celebrazioni del 25 Aprile in casa Rai è stato più che turbolento. Anzi, pare ci sia poco da festeggiare. La faccenda creatasi intorno al monologo di Antonio Scurati è l’ennesimo e non trascurabile sintomo di un controllo governativo nei confronti della comunicazione Rai che risulta sempre più asfissiante, una vera censura. In un clima in cui la libertà d’espressione e di stampa sono messe pericolosamente in discussione, c’è da chiedersi se si è davvero pronti a celebrare il Giorno della Liberazione.
In vista delle celebrazioni del 25 Aprile, Antonio Scurati era stato invitato al programma Chesarà diretto da Serena Bortone su Rai 3 per leggere un monologo. Allo scrittore viene offerto un compenso di 1500 euro. Il giorno prima della trasmissione, il monologo che Scurati ha intenzione di leggere arriva alla sede Rai di Viale Mazzini. Qui qualcosa va storto perché il contratto che prevede un compenso di 1500 euro salta, e la presenza dello scrittore in trasmissione è richiesta a titolo gratuito. A cercare di far luce sul retrofront dell’azienda è la stessa conduttrice Serena Bortone che contatta lo scrittore. Antonio Scurati affida il monologo alla conduttrice a titolo totalmente gratuito. Così l’indomani Serena Bortone, in apertura di trasmissione, legge il monologo di Scurati che si può rivedere qui.
La conduttrice, a inizio trasmissione, definisce fantasiose e offensive le voci secondo cui l’assenza di Scurati in trasmissione fosse legata al compenso, poi sottolinea di non aver ricevuto spiegazioni chiare dalla Rai e infine legge il monologo. Un monologo in cui lo scrittore ricorda la primavera del 24′, quella dell’omicidio Matteotti, e quella delle Fosse Ardeatine, di Sant’Anna di Stazzema e di Marzabotto nel 44′. Episodi di pura violenza che tuttavia, secondo quanto scritto nel monologo di Scurati, non vengono rinnegati a sufficienza da un governo che ad oggi fa fatica a dichiararsi esplicitamente antifascista.
Da qui alla nascita del caso mediatico passa veramente poco. I motivi dell’esclusione di Scurati sembrano editoriali e non economici, e il giornalismo mostra lecita indignazione. Non è la prima volta che i giornalisti Rai si trovano a dover agire contro quelle che sono le direttive dell’azienda di comunicazione. Poco tempo fa era stato condiviso durante i telegiornali un documento in cui si sottolinea l’impegno da parte dei giornalisti ad effettuare un servizio imparziale prevedendo, dove necessarie, anche domande scomode. E anche dopo il caso Scurati, l’Unione Sindacale Giornalisti Rai Usigrai ha pubblicato un comunicato in cui, smentendo la natura economica dell’esclusione dello scrittore dal programma, ribadisce ancora una volta il suo unico scopo pubblico.
“Gentili telespettatori, noi ci dissociamo dalle decisioni dell’azienda e lottiamo per un servizio pubblico indipendente, equilibrato e plurale“.
Le dichiarazioni di Usigrai e il caso Scurati rivelano come l’azienda Rai verta in un preoccupante stato di sudditanza e censura rispetto a scelte governative poco chiare e discutibili. Ad essere minata è la libertà di stampa e dunque l’incapacità di promuovere e offrire un servizio pubblico affidabile ai cittadini. Mentre non troppo lontano dal nostro paese assistiamo e sentiamo l’eco di conflitti armati, quello che accade nel nostro paese appare così ambiguo da risultare insignificante. Eppure è così che subdolamente si sgretola una democrazia. Perché la censura è a suo modo un’arma di violenza contro la più pura delle libertà, quella a esprimersi.
Ma allora cosa ci prepariamo a celebrare? Il 25 aprile del 1945 si dava inizio alla liberazione dall’occupazione nazista e dal regime fascista in Italia per mano della Resistenza partigiana. Di fatto la data simbolica del 25 aprile non coincide con l’effettiva liberazione del territorio nazionale ma con l’inizio di questa operazione. La mattina del 25 aprile il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia proclama l’insurrezione generale nei territori occupati e di attaccare presidi nazifascisti. Una data simbolica che però non si lega esclusivamente alla memoria di un sentimento di libertà raggiunta, ma alla necessità di un’azione, quella di lottare per poter essere liberi.
Il 25 aprile dovrebbe essere oggi una ricorrenza da celebrare, una vittoria del passato, una conquista della democrazia fondante lo stato italiano. Tuttavia appare più un monito. La simbolica data di morte del fascismo si trasforma in una disgustosa e angosciante faida politica interna al nostro paese e in minaccia alla nostra libertà di stampa e comunicazione. Una data che ancora oggi si polarizza intorno alle parole antifascismo e fascismo. Perché è evidente più che mai che le lotte alla base della nostra Costituzione che fecero nascere la ricorrenza del 25 Aprile non sono oggi da tutti condivise. Non ci si può più limitare a considerare il fascismo un fantasma che aleggia. Perché oggi più che mai ci rendiamo conto che non siamo più qui a temere lo spettro del fascismo ma a renderci conto che questo non è mai morto.
“Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana”.
Così Scurati conclude il suo monologo ormai diffuso ovunque e letto in sedi universitarie e raduni. Ma piuttosto che attendere passivamente che chi governa pronunci quella parola, prima di tutto bisogna agire e farlo noi stessi. Il più grande invito che possiamo fare per il 25 Aprile è quello di dire la parola ANTIFASCISMO perché se si vuole restituire significato a questa ricorrenza bisogna farlo senza mezze misure. La parola, il linguaggio, sono strumenti pacifici che mai si trasformeranno in violenza ed è quindi necessario usarli quando ce n’è bisogno. Fascismo non vorrà mai dire democrazia e non potrà mai lasciare spazio alla libertà di espressione e alla libertà di stampa.
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Complimenti, un bellissimo pezzo che fa chiarezza e aiuta a pensare. E di tutto questo c’è immenso bisogno