Il daimon e il suo feed: intervista a Tiziana Sensi
Il 23 Gennaio 2025 al Teatro Marconi di Roma va in scena il fortunato "Daimon 4.0", uno spettacolo di hillmaniana ascendenza.

Il 23 Gennaio 2025 al Teatro Marconi di Roma va in scena il fortunato "Daimon 4.0", uno spettacolo di hillmaniana ascendenza.
Il 23 Gennaio al Teatro Marconi di Roma va in scena il fortunato Daimon 4.0, uno spettacolo di hillmaniana ascendenza, ideato, interpretato e diretto da Tiziana Sensi. La incontriamo oggi per parlarne.
Se Platone fosse vivo avrebbe un profilo sui social media?
Mi sono immaginata Platone iscritto sui social solo per fare una cosa: mettere in discussione i social stessi, trasformando i feed in una gigantesca agorà digitale, dove discutere di giustizia, verità e del significato della vita. Probabilmente avrebbe creato gruppi come “La Caverna 2.0: Uscire o restare?” e iniziato il trend #SeguiIlTuoDaimon. Ma non credo che Platone sarebbe lì per i like. Sarebbe lì per sfidarci con domande tipo: “Se posti un selfie, chi stai davvero mostrando: te stesso o la tua ombra?”. E forse, dopo aver esplorato a fondo il mondo delle notifiche, ci lascerebbe un criptico “Disattivo tutto per seguire la ‘luce’ “.
Qual è il suo personale rapporto con il seguire ed essere seguiti sui social?
Il mio rapporto con i social è discontinuo, provo amore e odio, quasi come in una relazione tossica, sempre di dipendenza si tratta. Quando mi avvicino mi rendo conto di quanto tempo riescano a risucchiare. E non è un tempo che ti viene restituito, né in soddisfazione personale né, spesso, in risultati concreti. È un’illusione potente: pensiamo di spostare qualcosa nella nostra vita, di avanzare, di costruire, ma in realtà l’unica cosa che si muove sono le lancette dell’orologio. E in un attimo, guardi fuori dalla finestra “ed è subito sera”. I social hanno questa capacità straordinaria di offrirti tutto, apparentemente, ma anche di toglierti tanto, se non sai mettere dei limiti. È un paradosso: promettono connessione, ma spesso ti lasciano con una sensazione di vuoto e solitudine. Mi chiedo sempre quanto di autentico rimanga nella nostra giornata dopo aver passato ore a scrollare. Più che riempire, il loro ruolo è quello di distrarci. E io, onestamente, preferisco scegliere consapevolmente come investire il mio tempo, perché non voglio che mi colga “la sera” senza che abbia fatto qualcosa di davvero significativo nella mia vita reale.
In che termini la tecnologia ha modificato il nostro senso del piacere?
La dopamina, l’ormone del piacere, gioca un ruolo centrale nel nostro rapporto con la tecnologia, noi siamo schiavi di un ciclo che nello spettacolo risulta molto chiaro al pubblico. La rivoluzione digitale è qualcosa di straordinario, e io sono grata di appartenere a quella generazione che ha vissuto il prima e il dopo. In poco più di vent’anni abbiamo visto il mondo trasformarsi, passando dall’analogico al digitale, e ora abbiamo tutta la conoscenza a portata di un clic, questo è un evento straordinario, senza dubbio, ma… per cosa proviamo davvero piacere oggi? Facciamo shopping su Amazon, ordiniamo la spesa online, la cena ci arriva con Deliveroo, i film li scegliamo tra decine di piattaforme. Parliamo, litighiamo e ridiamo con gli “amici” sui social, spesso a suon di emoticon. Persino il sesso ha le sue app dedicate, e quando cerchiamo ispirazione creativa, ultimamente, ci rivolgiamo all’ intelligenza artificiale. Siamo diventati esperti nel semplificare, nel velocizzare tutto, persino l’attesa. Ma a quale costo?
Viviamo in una sorta di loop costante, sempre in attesa della prossima notifica, quella piccola scarica di dopamina che ci regala tre secondi di piacere. Poi, basta. E ci ritroviamo di nuovo a cercare il prossimo stimolo. In questo flusso infinito, sembra che abbiamo perso qualcosa di fondamentale: il senso del desiderio, dell’attesa, della noia. La noia, per quelli come me che vengono definiti immigrati digitali, era fonte inesauribile di creatività. Dov’è finito il piacere autentico? Quello che nasceva dalla costruzione, dall’immaginazione, da una connessione reale con gli altri. Forse è ora di riconsiderare cosa significa davvero provare piacere in un mondo che non conosce più pause.
Come ha collaborato al testo con la sua co autrice?
Maria Grazia Aurilio è una psicoterapeuta con cui collaboro da anni, una professionista che stimo molto con cui condivido una profonda affinità di visione. Nel marzo del 2019 mi portò un testo che aveva scritto, una base ricca di spunti interessanti e di riflessioni. Da lì è nato Daimon 4.0 – Identità in Download, che rappresenta l’evoluzione e l’espansione di quel primo nucleo.
Abbiamo lavorato insieme in modo sinergico. È stato un processo dinamico e stimolante, dove ciascuna ha portato il meglio delle proprie competenze. Il risultato è uno spettacolo che esplora con profondità e sensibilità le sfide dell’identità nell’era della rivoluzione digitale, e che porta con sé il valore di un confronto autentico e creativo. Visti i numeri preoccupanti sulla salute mentale, soprattutto nel mondo dei giovani, numeri inimmaginabili nel secolo scorso, siamo partite da questa domanda: La rivoluzione digitale è un problema tecnologico, oppure è un problema educativo?
In che termini viene coinvolta la platea?
Il pubblico è il cuore pulsante dello spettacolo. È un dialogo vivo, autentico, tra me e loro. Fin dall’inizio, lanciamo un esperimento “sociale” che mescola gioco e riflessione: pongo domande che richiedono una risposta ed il pubblico non è lì solo per ascoltare, ma per partecipare attivamente, portando il proprio punto di vista, anche quando è diverso da ciò che viene detto sul palco. Questo confronto tra generazioni rende ogni replica imprevedibile. Le persone in platea non sono spettatori passivi: diventano protagonisti, pur restando seduti nelle loro poltroncine rosse. È un dialogo continuo, un po’ come accade sui social media, dove siamo spettatori e protagonisti, ma qui tutto avviene dal vivo, senza filtri e con l’uso garbato delle parole. Perché le parole sono importanti e a volte possono ferire quanto e più di uno schiaffo. Non mi aspettavo un coinvolgimento così profondo, ma è stato emozionante vedere quanto il pubblico senta il bisogno di un confronto, di rallentare e condividere riflessioni.
Un padre, alla fine dello spettacolo, mi ha confidato che non vedeva l’ora di tornare a casa per disinstallare un App dal telefono del figlio. Un’altra persona ha deciso di impostare un timer per limitare il tempo trascorso sui social. E tantissimi mi hanno detto: ‘Se lo rifai, voglio portare altra gente’. Questi momenti mi hanno fatto capire quanto abbiamo bisogno di uno spazio per pensare insieme, con calma, lontano dal rumore incessante delle notifiche.
Non è facile far girare uno spettacolo in Italia se non sei un nome conosciuto, ma credo nel potere del passaparola e spero che Daimon 4.0 possa arrivare a più persone possibile. Mi piacerebbe portare questo spettacolo nelle scuole, coinvolgere ragazzi, ragazze, genitori e insegnanti in un dibattito, nelle classi o nelle loro case, costruttivo su questa dipendenza subdola. Con gli smartphone rigorosamente spenti.
In conclusione, desidero esprimere un sincero ringraziamento all’Associazione Penelope Lazio per il patrocinio a Daimon 4.0 – Identità in Download. Mi preme condividere una riflessione da parte dell’Associazione Penelope che trovo particolarmente importante: ‘Purtroppo oggi i social hanno un ruolo determinante nella scomparsa dei minori che, peraltro, è in notevole aumento. Se da una parte Penelope utilizza i social come strumento fondamentale nel rintracciare gli scomparsi, di contro, sui social, gli adolescenti fanno amicizia o addirittura si fidanzano e, così, scelgono di allontanarsi per seguire quella che molto spesso si rivela essere solo un’illusione. Numerosi sono anche gli adolescenti vittime di cyberbullismo che, completamente annientati dall’odio e dalla violenza dei loro coetanei, si allontanano spesso con l’obiettivo di compiere un gesto estremo. È per tutte queste ragioni che l’Associazione Penelope Lazio aderisce al progetto Daimon 4.0 Identità in Download’.