Il qui e ora è l’essenza del teatro, il nocciolo centrale del suo essere. Perché è partecipazione, perché è immedesimazione, perché è catarsi. Perché lo spettacolo accade sempre nel momento stesso in cui vi assistiamo. Perché rinasce ogni volta che va in scena. Risorge incessantemente. Come la fenice.

Verissimo, no? Sicuramente. E niente può sostituire la dimensione del vivere lo spettacolo, di essere lì, presenti, sentire le tante e diverse sensazioni levarsi nell’aria di una sala. Sentire il respiro dell’attore. Del vicino di poltrona. Il tuo.

Però, dove è scritto che non è possibile allargare gli orizzonti, trovare una dimensione altra, ugualmente efficace, diversamente valida? Da nessuna parte. Ed è proprio durante i periodi più cupi e complicati, che a volte si accendono scintille creative, si trovano soluzioni innovative, si cercano input alternativi.

E così, l’anno scorso, dall’idea del Centro di Residenze della Toscana (Armunia – CapoTrave/Kilowatt), che estenderà poi il partenariato ad altre importanti realtà, nasceva Residenze Digitali, un progetto che intendeva stimolare gli artisti ad esplorare lo spazio digitale e a viverlo come una diversa, ulteriore e alternativa declinazione della loro ricerca. Ed è proprio in questo quadro di rivisitazione del fare artistico che rientra perfettamente anche la chiamata alle armi della II edizione di Residenze Digitali.

Nicola Galli, Genoma Scenico. La sua creazione è stata uno dei progetti vincitori della prima edizione di Residenze Digitali

L’8 marzo è fissata la data di scadenza per partecipare al concorso. Vengono accolti progetti artistici che abbiano nello spazio del web il loro habitat naturale. Le caratteristiche necessarie? Indicare la modalità di fruizione del progetto teatrale e prevedere il pagamento di un biglietto, valorizzando così il lavoro dell’artista. 

Un modo diverso di concepire il teatro, di fare teatro, di viverlo. Continuare anche quando la pandemia chiude le porte. E questo non significa sradicarne la natura, tradirne i dettami, contaminarlo.  Questo non significa trasmettere opere in streaming, rifacimenti on demand, piece online. Qui non stiamo parlando di forma, canali comunicativi, modalità di trasmissione. No. Stiamo parlando di contenuto. Il fine è quello di investire su progetti che abbiamo nel web il loro abito naturale, che prevedano modalità interattive con le quali dialogare online con lo spettatore.

L’intera attività dei performer selezionati sarà seguita dai partner del progetto (Associazione Marchigiana Attività Teatrali AMAT, Cooperativa Anghiari Dance Hub, ATCL – Circuito Multidisciplinare del Lazio per Spazio Rossellini, Centro di Residenza Emilia-Romagna, Fondazione Luzzati Teatro della Tosse di Genova e Zona K di Milano) e da tutor esperti di creazione digitale (Laura GeminiAnna Maria MonteverdiFederica Patti). Dal 22 al 28 novembre, a conclusione del percorso di ogni proposta, sarà prevista la settimana delle Residenze Digitali, cioè la restituzione online, aperta al pubblico, del percorso e del processo artistico e creativo nato dal periodo di residenza. 

Antonio Attisani scriveva (Breve storia del teatro, BMC editrice, Milano) che la scena ha il compito di misurare l’essere umano nelle sue relazioni, con se stesso, con gli altri, con il mondo. Il teatro nasce come esperienza riflessa della natura interrogativa dell’ndividuo, «che si scopre destinato a vivere la contraddizione, il conflitto, la disarmonia tra l’insopprimibile bisogno – desiderio di raggiungere e conoscere il limite della propria natura, il progetto di una libertà o la chiave di un segreto – potere che lo rende simile agli dèi, e d’altra parte la certezza angosciosa di non riuscire a superare la radice naturale del suo essere, l’invalicabile linea che lo tiene “attaccato alla terra” pur nel contesto di un paesaggio – ambiente che cambia continuamente».

Ecco il nocciolo della questione. È proprio in quel paesaggio – ambiente che cambia continuamente che sta la magia dell’arte. Trasformare la tecnica in linguaggio. È successo con la prospettiva. È successo con il cinema. È successo con la fotografia. È successo con la tecnologia elettronica. Sta succedendo con il digitale. E come ogni novità c’è paura, esitazione, difficoltà ad accettare il cambiamento. E lo sappiamo, la storia è ciclica. 

Così la domanda a cui Residenze Digitali vuole rispondere è se può il teatro coinvolgere la tecnologia digitale all’interno del suo essere. All’interno della sua drammaturgia. All’interno del fatto artistico.

Risposta: sì. E quest’iniziativa, giunta alla seconda edizione, vuole dimostrare come, dove e perché.

 

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