Affascinante, magnetica ed enigmatica. Se qualcun* me lo chiedesse, utilizzerei queste parole per descrivere La Ragazza con l’Orecchino di Perla.

Affascinante perché, a dispetto della sua apparente semplicità, è in grado di catturare l’attenzione di chiunque la osservi. Magnetica, perché il suo sguardo, che sembra seguirci da ogni angolazione, ci tiene incollat*. Enigmatica, perché, nonostante anni di studi, ancora oggi non conosciamo l’identità della donna ritratta da Vermeer.

A questo punto verrebbe da chiedersi, ma cosa rende un’opera d’arte così intrigante e seducente a tal punto da costringerci a guardarla?

Lo studio dei ricercatori del museo Mauritshuis, che prende il nome dalla celeberrima canzone di Frankie Valli, Can’t Take My Eyes Off You, affronta proprio questa domanda, cercando di comprendere il potere ipnotico dell’arte e la sua capacità di incatenare lo sguardo degli spettatori.

Cosa dicono gli studi scientifici

Cosa accade nel nostro cervello quando ci troviamo di fronte ad un capolavoro come quello di Jan Vermeer? Secondo lo scienziato Erik Scherder, si tratta di un’esperienza quasi magica. Infatti, è come se ci immergessimo nella scena rappresentata. 

Per esempio, immaginiamo di osservare un dipinto che raffigura un paesaggio. In questo caso, il nostro interesse è mosso dalla necessità di coglierne dettagli, particolari e minuzie che potrebbero aiutarci a comprendere il periodo storico in cui è stato realizzato e lo stile di vita delle persone che vi abitavano. 

Ma quando ci troviamo di fronte a un ritratto, come La Ragazza con l’Orecchino di Perla, la nostra curiosità prende il sopravvento: chi era davvero quella donna? perché indossa un orecchino di perla? a quali simboli e allegorie potrebbe far riferimento? perché l’artista l’ha scelta? 

Mentre cerchiamo risposte, i nostri occhi vagano, attivando un fenomeno che gli scienziati chiamano Sustained Attentional Loop, un ciclo attentivo continuo. In pratica, il nostro sguardo si concentra ciclicamente su tre elementi: gli occhi, la bocca e infine la perla.

I risultati dello studio hanno rivelato che osservare un dipinto come quello di Vermeer genera un’attività cerebrale notevolmente maggiore nel precuneo, la zona del cervello coinvolta in varie funzioni tra cui la memoria episodica, l’immaginazione visuale-spaziale, nonché la capacità di avere consapevolezza e riflettere su sé stessi. Per giungere a queste scoperte, è stato condotto un elettroencefalogramma su alcun* partecipanti per monitorare le differenze nelle loro onde cerebrali mentre ammiravano una replica dell’opera rispetto a quando la osservavano dal vivo.

Grazie alla tecnica dell’eye tracking, è emerso un dato sorprendente: l’emozione suscitata dall’osservazione dal vivo è dieci volte più intensa rispetto a quella generata da un’immagine su schermo.

La differenza tra ammirare La Ragazza con l’Orecchino di Perla di persona e attraverso una riproduzione è abissale. L’esperienza dal vivo rivela dettagli invisibili: la luminosità degli occhi, la trasparenza dei toni, l’interazione tra luce e ombra, così come la texture della pennellata che diventa quasi palpabile, trasformando l’opera in qualcosa di vivo e autentico.

La sindrome di Stendhal

Ma c’è qualcosa nell’esperienza diretta dell’arte che va oltre la visione dell’opera: la cosiddetta Sindrome di Stendhal. Un fenomeno psicologico in cui l’osservatore, davanti a opere di grande bellezza, è sopraffatto dalle emozioni, al punto da provare vertigini o confusione. Ma non si tratta solo di dipinti classici: persino opere più contemporanee, che giocano con l’astrazione e il simbolismo, possono provocare un senso di straniamento o di meraviglia. Questa è una prova ulteriore su quanto l’arte possa influenzare profondamente il nostro stato mentale ed emotivo.

Adattamenti letterari e cinematografici

Negli anni, il mistero che aleggia intorno all’identià de La Ragazza con l’Orecchino di Perla ha ispirato molte opere letterarie e cinematografiche. Il romanzo di Tracy Chevalier, che immagina una storia dietro il dipinto, è stato un bestseller mondiale e ha dato vita all’omonimo film del 2003 con protagonista Scarlett Johansson nel ruolo della ragazza.

Non è la prima volta che un dipinto entra nel mondo della letteratura o del cinema. La Monna Lisa, ad esempio, è stata protagonista di innumerevoli teorie complottistiche, come nel celebre romanzo di Dan Brown Il Codice da Vinci. Indubbiamente, entrambi i quadri, con i loro sguardi magnetici, hanno un’aura di mistero che continua a stimolare la fantasia di appassionati e curiosi, costantemente alla ricerca di una risposta.

In un mondo sempre più dominato da immagini e stimoli visivi, fermarci a riflettere, prenderci un momento per pensare ed osservare ciò che ci circonda è diventato un lusso concesso a poch*. L’arte in un certo senso ci costringe a farlo. Ci aiuta a riflettere, ad ammirare il qui e ora, ma allo stesso tempo ci trasporta nel passato. Un po’ come la Ragazza dipinta da Vermeer, che con il suo sguardo sembra quasi invitarci nel suo mondo.

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