“Il Tempo Per Noi”: la musica che guarisce le ferite del passato
La musica può riattivare i ricordi nascosti nella nostra memoria associati a forti sensazioni. La serie "Il tempo per noi".
La musica può riattivare i ricordi nascosti nella nostra memoria associati a forti sensazioni. La serie "Il tempo per noi".
Una canzone, la musica, può riportarci in un caldo abbraccio con la persona che amiamo di più al mondo e che, adesso, non è più con noi? Sì, perché mi è appena successo. Avevo sedici anni quando persi mia madre e prima di qualche giorno fa, pensavo di aver già pianto tutte le mie lacrime per lei. Non era così.
Il 3 gennaio 2025 sarebbe stato il giorno del suo cinquantatreesimo compleanno ed è stata proprio questa data ad avermi aperto gli occhi. Non avevo ancora del tutto superato la sua perdita – non credo la lascerò mai andare completamente – eppure, il 3 gennaio 2025 mi ha riconnessa con lei, per farmela salutare un’ultima volta, forse la penultima e metabolizzare che avrei dovuto farcela da sola, stavolta per davvero.
Tutto questo è stato possibile grazie alla musica dell’immenso Renato Zero, artista da lei sempre amato. Ricordo gli infiniti viaggi in macchina passati ad ascoltare Il Cielo, I Migliori Anni della Nostra Vita, Cercami e Spiagge.
Mentre osservavo le sue fotografie non provavo solamente tristezza, non era solamente dolore. In quell’immensa ora, le mie lacrime avevano un sapore diverso. Erano lacrime consapevoli, lucide e grate. Grate di aver trascorso i miei primi sedici anni con lei: un privilegio. Ascoltare le canzoni che lei – sempre solare e con una simpatia pungente, irrefrenabile, incomprensibile – amava cantare in macchina, mi ha riportata esattamente lì: sul sedile posteriore, con la cintura di sicurezza e la solita espressione della me bambina imbronciata, mi piaceva solo Spiagge. Come cambiano le cose: da piccola, non avrei mai pensato di ascoltare Renato Zero di mia spontanea volontà. Per fortuna, con gli anni, i miei gusti in fatto di musica sono cambiati…
La musica riesce a riattivare i ricordi nascosti nella nostra memoria, spesso associati a forti sensazioni. Uno studio del Georgia Institute of Technology ha rilevato che l’ascolto di brani musicali può aumentare l’attività in aree cerebrali come l’amigdala e l’ippocampo, centrali nell’elaborazione delle emozioni e della memoria, influenzando il nostro modo di rivivere il passato.
Che la musica abbia un potere immenso è un dato di fatto, ma può essere un importante strumento per l’elaborazione del lutto. Così come afferma la psicoterapeuta Chiara Venturi:
«Nel vasto panorama umano, la musica emerge come un potente veicolo attraverso cui le emozioni complesse e profonde possono trovare uno spazio espressivo. Un notevole esempio di come la sublimazione possa manifestarsi attraverso la musica è la celebre canzone “Paint It Black” dei Rolling Stones. Questo processo non solo aiuta l’artista a elaborare il proprio lutto, ma offre anche agli ascoltatori un mezzo per connettersi con l’esperienza umana universale della perdita».
Il processo di cui parla la dottoressa Venturi è quello della sublimazione, di cui Freud è il primo teorico. Esso consiste in un meccanismo psichico con il quale la nostra mente cerca di elaborare una ferita immensa e impossibile da spiegare. La si trasforma, quindi, in creatività vitale, che ha come tappa conclusiva l’accettazione di non poter più avere attivamente nella nostra vita le persone che amiamo. La sublimazione permette la costruzione di una società più armoniosa:
«Ad esempio, un individuo con forti impulsi aggressivi potrebbe trovare un modo di esprimere queste energie attraverso lo sport […] consideriamo la sublimazione come segno di maturità».
È un vero e proprio atto di difesa, con il quale si cerca di trovare un caldo rifugio solo per noi e il nostro dolore. La sublimazione trasferisce l’immensa tristezza in un qualcosa di socialmente più elevato, come un brano. Si trasforma quel vuoto che abbiamo nel petto in arte. Nel caso della Dott.ssa Venturi, Paint It Black, nel mio I Migliori Anni della Nostra Vita e nel caso di Han Jun Hee, Gather My Tears di Seo Ji Won del 1996.
Il Tempo Per Noi (meglio conosciuto come “A Time Called You“) è un k-drama del 2023 ispirato dal drama taiwanese “Someday or One Day“. Nei dodici intensi episodi, si vuole raccontare la storia d’amore tra la protagonista Han Jun Hee e Gu Yeon Jun, il suo fidanzato deceduto un anno prima in un tragico incidente aereo.
Han Jun Hee non riesce ancora a lasciar andare via il dolore, troppo forte, troppo immenso e inaspettato: i due avrebbero dovuto sposarsi, ma così non è stato. Tutto nella sua vita cambia quando la donna riceve in regalo un vecchio lettore musicale con una cassetta dedicata ad un certo Nam Si Heon. Dopo aver messo le cuffie ed aver premuto play, la donna ascolta le prime note di “Gather My Tears” di Seo Ji Won e si ritrova misteriosamente nel 1998, nel corpo di Kwon Min Ju, timida e impacciata adolescente. Si comprende quindi, che la canzone riesce a fare da ponte tra tre anni principali: il 1998, il 2007 e il 2023, mostrando come il vero amore possa andare oltre a qualsiasi linea temporale e legge fisica.
Non voglio farvi troppi spoiler, ma sappiate che, tutto sarà più o meno comprensibile fino all’ottavo episodio… poi, vi consiglio di prendere appunti! Il k-drama riesce a fare una miscellanea perfetta tra il genere romantico e la fantascienza, con alcune ombre di crime. Ciò che colpisce è il talento dei due attori protagonisti – Jeon Yeo Been e Ahn Hyo Seop – nell’interpretare quattro personaggi così diversi tra di loro, ma, al contempo, così uguali. Si percepisce immediatamente l’estrema sofferenza che si prova nell’imparare a vivere dopo la morte della persona amata.
Insomma, questo k-drama ci permette di innamorarci osservando il loro amore che supera il limite del tempo, da un lato, ed elaborare il lutto passo dopo passo, dall’altro, scoprendo un nuovo tipo di felicità, proprio nel riabbracciare una persona andata via con il vento, tramite la musica.