Il 98% dei siti è inaccessibile alle persone con disabilità e 1,5 milioni di persone diversamente abili nel mondo, circa il 20% della popolazione mondiale, incontra difficoltà a navigare in rete. Sono numeri che incidono fortemente nel tessuto sociale creando una frattura dolente e una barriera digitale che si ripercuote ovviamente sul mondo del lavoro. Le cause sono varie, ma tra le principali ci sono mancanza di risorse, di conoscenza e consapevolezza, di competenze, strumenti e approcci efficaci.

La Legge Stanca del 2004 riconosce e tutela il diritto di ogni persona di accedere alle tecnologie di informazione e ai servizi di pubblica utilità (qui il Decreto legislativo del 2018, Riforma dell’attuazione della direttiva (UE) 2016/2102 relativa all’accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili degli enti pubblici): sono linee guida ben precise per favorire l’accesso agli strumenti e ai servizi informatici per le persone disabili.

Inoltre, nel 2019, è stata introdotta una direttiva europea che impone l’obbligo, non solo alla Pubblica Amministrazione ma anche ai privati con fatturato superiore ai 500 milioni di euro, di rendere i propri siti web conformi alle linee guida internazionali che vengono riassunte sotto l’acronimo WCAG (Web Content Accessibility Guidelines).

La prima Web Accessibility Guidelines fu compilata da Gregg Vanderheiden e pubblicata nel 1995, subito dopo il WWW II del 1994 a Chicago, dove il Premio Turing Tim Berners-Lee, informatico britannico, menzionò per la prima volta l’accesso per persone disabili. Tra le decine di linee-giuda che seguirono negli anni, la Version 8 of the Unified Web Site Accessibility Guidelines del 1998 fu usata come il punto di partenza.

Tutti i servizi di business online devono quindi essere accessibili alle persone con disabilità. Ma, nel pratico, è veramente così? Decisamente no, soprattutto in Italia. Per fortuna ci sono le startup, e oggi vorrei parlarvi della startup AccessiWay, che da due anni aiuta le persone con disabilità cognitive ad accedere e usufruire del web tramite una serie di soluzioni tecnologiche integrate, abilitando su ogni sito funzionalità ad hoc:

L’obiettivo è raggiungere i vertici europei entro fine 2023 – affermano Edoardo Arnello, Gianni Vernetti e Simone Scarzella, menti del progetto – ma occorre anche un progetto di comunicazione per sensibilizzare le nostre comunità sulle tematiche dell’inclusione sociale e sull’importanza della riduzione del digital divide, che poi è anche uno dei focus della Commissione Europea“.

In un mondo nuovo, quello a cui noi ReWriters lavoriamo ormai da quasi tre anni, è importante la messa a terra delle teorie che, in termini di valorizzazione di ogni unicità, implica che ciascun individuo, esattamente così come è ora, sia messo nelle condizioni di accedere a tutti i touchpoint digitali, dai siti internet alle applicazioni web e app mobile, fino alla rimediazione file (pdf, word, PPT, file multimediali). 

Tanto per capirci, un sito web accessibile è il risultato di un insieme di parti che interagiscono tra loro, come ad esempio:

  • Contenuti: le informazioni all’interno delle pagine web devono essere scritte sotto forma di testo, immagini e audio;
  • Assistenti tecnologici: come gli screen reader, software di lettura vocale, tastiere particolari, etc;
  • Applicativi: come il browser web e un media player per riuscire a leggere al meglio le pagine web;
  • Sviluppatori: chiunque abbia un ruolo nel progettare un sito web (web designer, programmatori, etc..);
  • Tool di convalidazione: che permettano la convalida del codice HTML, CSS, etc..;
  • Esperienza utente: anche l’esperienza dell’utente è molto importante per trovare il modo di usare al meglio il web.

Il lavoro da fare è tanto, costoso e lungo, mentre il tempo scorre e gli obiettivi dell’Agenda ONU 2030 sono sempre più vicini. Intanto, vi lascio con l’accessibilità ai videogiochi, a cui si è dedicata Arianna Ortelli, sempre con un’altra startup, Novisgames, la prima piattaforma di gioco completamente accessibile anche alle persone ipovedenti:

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