Da un po’ di tempo abbiamo iniziato a definire la nuova condizione umana nell’era digitale come onlife, un’esistenza nella quale è stato eliminato il confine tra reale e virtuale. Il termine onlife è stato coniato da Luciano Floridi, professore di Filosofia ed etica dell’informazione all’Università di Oxford, per descrivere l’esperienza che l’uomo vive nelle società iperstoriche e nel mondo iper-connesso, dove non distingue più tra vita online o vita offline, tra analogico e digitale, tra umano e macchina. Il neologismo onlife rappresenta la natura ibrida delle nostre esperienze quotidiane e l’infinita connessione con i sistemi di informazione digitale che caratterizza le nostre vite. La dimensione vitale, sociale e comunicativa, lavorativa ed economica si è trasformata radicalmente, in una continua interazione tra la realtà materiale e concreta e la realtà virtuale e interattiva. Esiste anche un altro termine per descrivere il nostro nuovo mondo relazionale: infosfera.

Nascita e significato del termine infosfera

Con questa espressione si fa riferimento alla globalità dello spazio delle informazioni, all’insieme dei mezzi di comunicazione e delle informazioni che da tali mezzi vengono prodotte. Siamo ormai dispersi in un’infosfera che si presenta come un immenso labirinto informazionale che include sia il cyberspazio (Internet e telecomunicazioni digitali) sia i mass media classici.
Il primo utilizzo documentato della parola infosfera è rintracciabile in un articolo di R.Z. Sheppard che, su Time Magazine del 12 aprile 1971, scrive:

“Così come un pesce non può concepire l’acqua o gli uccelli nell’aria, così l’essere umano allo stesso modo difficilmente comprende la sua infosfera, quello strato concentrico e avviluppante di ‘smog’ elettronico e tipografico composto da cliché tratti dal giornalismo, dal mondo dell’intrattenimento, dalla pubblicità e dalle informazioni governative”.


Nel 1980 il neologismo infosfera compare nel libro La terza ondata di Alvin Toffler, in cui si legge:

“Ciò che è ineluttabilmente chiaro, qualsiasi cosa decidiamo di credere, è il fatto che noi stiamo modificando la nostra infosfera a partire dai suoi fondamenti, stiamo aggiungendo strati di comunicazione al sistema sociale. Questa terza ondata emergente dell’infosfera fa sì che tutta l’era della Seconda Onda ‒ dominata dai suoi mass-media, l’ufficio postale, il telefono ‒ appaia ora per contrasto disperatamente primitiva”.

La definizione di Toffler si è rivelata profetica in quanto l’utilizzo del termine infosfera negli anni Novanta si è diffuso anche oltre il settore dei media, permettendoci di riflettere riguardo all’evoluzione di Internet, della società e della cultura, per esempio nelle opere del filosofo francese Pierre Levy.
Il termine infosfera è stato poi ripreso, nei primi anni Duemila, da Luciano Floridi che lo ha definito come lo spazio semantico costituito dalla totalità dei documenti, degli agenti e delle loro operazioni, dove per documenti si intende qualsiasi tipo di dato, informazione e conoscenza; per agenti si intende qualsiasi sistema in grado di interagire con un documento (una persona, un’organizzazione o un robot software sul web); con operazioni si intende qualsiasi tipo di azione e interazione che può essere eseguita da un agente e che può essere presentata in un documento.

Siamo onlife e galleggiamo in un’immensa infosfera

“Ciò che è razionale è reale, ciò che è reale è razionale”, sosteneva Hegel, alludendo al fatto che ogni evento che si manifesta nel mondo risponde a una legge razionale, e che ogni cosa risponde necessariamente alla struttura profondamente logica del mondo. Luciano Floridi gli fa eco rispondendo che “ciò che è reale è informazionale e ciò che è informazionale è reale”, poiché siamo compenetrati dalla realtà informatica e l’essere connessi è diventato parte integrante della nostra quotidianità. Viviamo in un’infosfera sempre più sincronizzata, delocalizzata e correlata: viviamo onlife, appunto.

L’infosfera è un ambiente nel quale viene eliminata la distinzione tra reale e virtuale, in cui analogico e digitale si fondono e si rinforzano a vicenda. Nell’infosfera operano sia organismi biologici sia artefatti ingegnerizzati, e il confine tra processore e processato si dissolve nello scopo finale dell’apporto di informazione, al quale partecipano tutti gli agenti, viventi e non. La nostra vita ha iniziato a fondere le esperienze online e offline: un’esperienza virtuale può proseguire e avere concrete ripercussioni nel mondo reale, e ciò che avviene online non è più o meno vero di ciò che avviene offline. I due tipi di realtà sono ormai profondamente intrecciati, e se questa dicotomia mantiene ancora un minimo di significato è solo perché oggi la nostra condizione di base è ancora offline e per connetterci dobbiamo utilizzare uno strumento come lo smartphone. Ma tale condizione è già stata minata, per esempio, dalla crescente presenza degli smart speaker o dall’avvento dei visori in realtà aumentata che si indossano come occhiali: a breve, la nuova normalità sarà quella di essere sempre connessi alla rete.

Iperstoria, memoria e big data

Se l’invenzione della scrittura ha dato il via alla storia, con la creazione di documenti che conservano la memoria del passato, l’informatica ha trasformato questo meccanismo in un incessante immagazzinare di dati su dati. “Storia è sinonimo di età dell’Informazione”, afferma Floridi. Con la scrittura, e quindi con la capacità di reperire e conservare documenti e informazioni, comincia la storia, mentre ci si riferisce al periodo precedente l’invenzione della scrittura con il termine preistoria. Oggi, secondo il filosofo, ci stiamo avviando verso l’iperstoria, grazie alle radicali trasformazioni indotte dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT): “Vi sono talune persone nel mondo che vivono già nell’età dell’iperstoria, in società e ambienti nei quali le ICT e le loro capacità di processare dati non sono soltanto importanti, ma rappresentano condizioni essenziali per assicurare e promuovere il benessere sociale, la crescita individuale e lo sviluppo generale. Per esempio, tutti i membri del G7 […] si qualificano come società iperstoriche poiché, in ciascuno di questi paesi, almeno il 70 per cento del prodotto interno lordo […] dipende da beni intangibili, fondati sull’uso dell’informazione, piuttosto che da beni materiali, che sono il prodotto di processi agricoli o manifatturieri”.

Con l’avvento delle ICT siamo entrati, scrive Floridi, nell’età dello zettabyte (corrispondente a un trilione di gigabyte) e dei big data. Chi sono i maggiori generatori di dati digitali? I colossi di Internet: Facebook, Amazon, Apple, Netflix e Google. Che tipo di ambiente iperstorico stiamo costruendo? Semplice, l’infosfera. Quella sfera informativa che ci circonda continuamente, all’interno della quale creiamo in un paio d’anni più dati di quanti ne sono stati generati nella storia dell’umanità, in cui circa il 50 per cento dell’umanità è connesso alla rete e quasi tre miliardi di persone sono iscritte a Facebook.
La realtà è in continuo mutamento, oggi più che mai, e per non rimanere passivi dinanzi a questo processo è necessario adottare nuovi linguaggi e definizioni, come onlife o infosfera, e nuovi approcci capaci di conformarsi al mondo della Quarta rivoluzione.
Consigliatissimi i due libri di Luciano Floridi sull’infosfera: Pensare l’infosfera. La filosofia come design concettuale (2020) e La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta cambiando il mondo (2017).

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