E’ stato un anno molto difficile, non solo musicalmente, il 2020. Spotify mi ha comunicato con grafici e video molto instagrammabili che ho ascoltato molta musica vecchia (Fleetwood Mac e Neil Young, soprattutto), ma che per fortuna trap, pop e diverse superstar non li ho trascurati del tutto. Ho sentito molto Drake, che giustamente qualcuno prima di me ha definito genio assoluto.

E c’è un pezzo di J Balvin con Dua Lipa e Bad Bunny (e chissà chi altro che chissà perché non ho ancora inserito nella mia cartellona Preferiti) che per fortuna cresce ogni settimana. Un Dia è bella come un tramonto di fine estate con accanto una/uno con cui hai avuto una storia che sai già che è finita. Un giorno mi amerai ancora, cantano tutti in coro, ma non sono mica troppo convinti. C’è malinconia, ma di quella bella, quella che non può non esserci. Passeranno anni e la sbornia reggaeton / latin passerà, ma canzoni come questa resteranno.

E credo resterà pure La canciòn, del solito premiato duo Balvin / Bad Bunny, il mio pezzo numero uno del 2019. Anche in questa ballad sembra di sentire qualcuno che canta in coro un po’ stonato in spiaggia, ovviamente bien borachos (belli ubriachi). Viene da chiedersi perché, quand’era il momento, non siamo riusciti a lasciarci andare, quando bere alla bottiglia con gli amici, sulla spiaggia, andava bene, era logico, mentre ora il momento è passato. Ma questo è il testo di Time dei Pink Floyd, non facciamo confusione.

Perché qualche volta, mica sempre, J Balvin e Bad Bunny vanno benissimo da ascoltare anche da sobri. Riescono nell’epica impresa riuscita a Chris Rea con On the Beach. L’armonia è più o meno quella, ma quel capolavoro l’ho capito vent’anni dopo, ascoltandolo mi sembrava una canzoncina.

Ora sono semplicemente un po’ più veloce a giudicare, perché ciò che arriva subito non è detto sia cretino. Forse è fatto semplicemente molto bene. Il fatto che quasi nessuno tra gli esperti associ l’immediatezza del latin pop ben fatto di questi anni a quella delle più belle canzoni anni ’80 a volte mi sembra un problema… ma non lo è.

Chi le canzoni che fanno emozionare i ragazzi del mondo le scrive e le produce, ovviamente, la lezione (facile) di Chris Rea la sa bene. Per cui è un problemino ben trascurabile.

Durante le feste natalizie di solito recuperavo almeno un pochino di ciò che non ero riuscito ad ascoltare con attenzione durante l’anno per mancanza di tempo. Quest’anno di tempo in casa ne abbiamo avuto, ma è mancata la capacità di lasciarsi andare. Perché per farsi colpire dalla musica bisogna prima di tutto avere il coraggio di abbassare i pugni e farsi prendere a sberle, belle forti…

Ma diciamolo, non ho nessuna voglia di recuperare. Ho voglia di rilassarmi con un po’ di gospel di quello bello. Quelle belle voci black, un po’ religiose, un po’ natalizie ma non troppo, con sotto una sezione ritmica super power.

Non vedo l’ora, prima o poi ricapiterà, di riascoltare live The Harlem Voices, che vanno anche oltre i confini del gospel. Li ho ascoltati live a Brescia in Piazza della Loggia in concerto qualche anno fa. Rispetto al video che trovate qui sotto manca il basso, che sorregge le voci uniche di Eric B Turner e dei suoi colleghi… (ricordo bene che dopo il concerto mi sono fatto la foto con gli artisti, cosa che non faccio mai, manco con quelli famosi, e volevo litigare con uno che mi chiedeva se erano famosi, perché non sono famosi, sono solo magici).

Purtroppo The Harlem Voices su Spotify non ci sono… ma ho un vecchio CD che farà il suo bel lavoro.

Un album che ho intenzione di consumare su Spotify è quello natalizio di Chance The Rapper (nella foto) e Jeremith, che non è certo gospel e natalizio in senso classico, ma rappresenta la perfetta evoluzione del genere in stile 2020. Tra trap, hip hop e rap, eccoci con Merry Christmas Lil Mama, che scivola via perfetto, in sottofondo oppure alzando ben forte il volume. One More Cry, che sto ascoltando per la prima volta mentre scrivo, mi sembra già perfetta per entrare in loop. Synth anni ’80 (ricordate Chris Rea?), manco una nota di chitarra, ritmo lento, ma quell’energia ritmica che di solito a noi bianchi europei manca (c’è ben poco da fare). Non sarà un Natale come gli altri, ma la colonna sonora c’è. Eccome se c’è.

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