God Of War è il gioco esclusiva Sony ormai divenuto culto, soprattutto dopo l’audace ultimo capitolo uscito per Playstation 4 – nominato Game of The Year 2018. Partita nel lontano 2005, la saga segue le vicende dello spartano Kratos, un guerriero senza alcuno scrupolo che, accecato dalla bramosia di forza e potere, rinuncia alla sua anima per divenire un dio della guerra. Ad oggi la serie conta quattro titoli, usciti rispettivamente nel 2007, 2010 e 2018.
Presentazione dovuta conclusa, possiamo iniziare a parlare di ciò che God Of War voglia dire realmente ai propri giocatori. Ad un primo impatto, questa saga videoludica potrebbe essere percepita solo come un semplice tripudio di violenza, sangue e tanta blasfemia d’altri tempi – ma non è così, assolutamente. Partiamo dalle origini: Kratos è un guerriero assetato di sangue, fiero soldato di Sparta, pronto a tutto per soggiogare i propri nemici. Il suo viaggio olimpico inizia quando decide di vendere la propria anima ad Ares (il Dio della guerra greco) per ottenere una forza sovrumana, capace di renderlo invincibile. Questa scelta gli costa non solo l’anima, ma anche tutto ciò che ha di più caro: la sua famiglia. Tutta la saga di God Of War, ripercorrendo l’odissea di Kratos – a.k.a. il Fantasma di Sparta – ci parla di quanto siano importanti le scelte degli esseri umani e di come queste, se prese senza alcuno scrupolo, potrebbero avere delle conseguenze sulle vite di chi ci sta attorno.
Kratos non è un personaggio totalmente inventato. Questo personaggio è liberamente ispirato al mitologico Cratos, incarnazione del potere del dominio che soggioga e si impone sugli avversari. Al contrario della sua controparte divina, Kratos non si oppone ai titani, ma si unisce a loro, ad indicare come in questo caso ci si trovi davanti ad una concezione diversa di potere e di dominio che soggioga rispetto alla mitologia. Già, perché in questo caso chi viene soggiogato dal potere non è un ipotetico avversario, ma il guerriero stesso, che perde l’anima e la propria famiglia nella sua ricerca disperata del potere assoluto. Kratos è guerriero prima di essere uomo, ma scopre di essere Dio ancor più di quanto sia mai stato un guerriero. È proprio quando questo personaggio prende coscienza della sua natura divina che inizia il suo percorso di catarsi verso una nuova esistenza.
Dopo aver compreso di essere stato accecato dalla bramosia di potere che gli ha portato via tutto, Kratos si ribella agli dèi sconfiggendoli uno ad uno. Nella sua sanguinolenta scalata verso la vendetta, scopriamo come gli dèi siano in realtà più umani di quanto si possa pensare e che Kratos, alla fine dei conti, non rappresenti altro che l’umanità stessa. Quell’umanità accecata dalla sete di potere che sfida Dio e la natura per sostituirsi a loro, senza alcuno scrupolo per la collettività, senza pensare a quali saranno le conseguenze. Quella stessa umanità che combatte guerre cruente che non portano mai a niente: umani contro umani; sangue contro sangue; mostri che uccidono altri mostri, alla ricerca infinita del dominio sul prossimo.
Kratos è l’uomo. E l’uomo è Dio. La storia dell’umanità, proprio come quella di Kratos, è caratterizzata dalle scelte che questa ha liberamente compiuto. Nessun deus ex machina, nessun destino già scritto, l’uomo ha deciso – nel bene e nel male – quanto la storia ci insegna. Per Kratos vale la stessa cosa, chiaramente. Nessun Dio si è dimostrato all’altezza della sua volontà, nessun Dio si è potuto opporre alla sua ascesa alla divinità. Talvolta, però, il potere rende ciechi e crea dei mostri. Spesso, quegli stessi mostri che cerchiamo di combattere, siamo noi stessi. Cercando di riscattarsi, Kratos è diventato ciò che più odiava, ciò che voleva totalmente estinguere, arrivando alla conclusione di doverci dare un taglio.
Ecco, dunque, che la catarsi kratosiana arriva al suo culmine nel 2018, con il quarto capitolo della saga principale di God Of War. Kratos è in autoesilio lontano da casa, nel nord Europa caro alla mitologia norrena, dominata da altri dèi ed altri mostri meschini. In questo nuovo regno, Kratos vuole vivere una vita tranquilla, cercando di lasciarsi alle spalle la sua natura mostruosa e violenta.
Sorge spontanea una domanda, guardando al passato ed al presente: cosa lasceremo ai nostri figli? Kratos, di certo, ci risponderebbe che la cosa migliore sia cercare di lasciargli un mondo migliore, fatto di scelte diverse e privo di spargimenti inutili di sangue. L’uomo-Kratos adesso ha un figlio, Atreus, che lui vuole crescere secondo principi diversi da quello che l’hanno mosso per tutta la sua vita. “Noi siamo gli dèi che scegliamo di essere” (frase che Kratos pronuncia nei confronti del figlio). Ecco, questa frase incarna tutto ciò che questo personaggio vuole comunicarci: l’umanità può decidere di cambiare direzione, basta partire dalle generazioni future insegnandogli ad imparare dagli errori fatti in passato. Abbiamo un passato mostruoso, fatto di sangue ed odio incondizionato, ma possiamo ripartire ammettendo i nostri sbagli, ponendoci come esempi da non seguire per permettere alle generazioni future di intraprendere una strada diversa, che non per forza sarà priva di macchia, ma che comunque eviterà il ripetersi dei drammi del passato. Kratos, il guerriero spartano più assetato di sangue della storia ci è riuscito, perché non dovremmo noi?