Antispecismo non è intenerirsi davanti a un cucciolo, e nemmeno mangiare biologico o vegano. Certo, sono tutti comportamenti che nascono da una spinta positiva nei confronti della natura; ma se non sappiamo guardare oltre, rischiamo di depotenziare un pensiero che invece ha una fortissima carica rivoluzionaria rispetto al sentire comune che abbiamo ereditato da secoli di antropocentrismo.

Marco Maurizi, filosofo, insegnante e scrittore, su ReWriters.it con il suo blog Dissonanze, ci illustra l’antispecismo per quello che realmente è, ovvero un pensiero politico.

Antispecismo, pensiero politico

Politico perché prende le mosse dalla consapevolezza che l’essere umano è per sua natura politico, cioè sociale e relazionale; e lavora per trasformare quella relazione da gerarchica – cioè asimmetrica e dominante, ad esclusivo vantaggio della nostra specie e a danno di tutti gli altri viventi – ad orizzontale, capace cioè di considerare l’altro come un nostro pari.

Ma c’è di più. L’altro da noi è l’animale, ma è anche l’essere umano che percepiamo e classifichiamo come diverso: per genere, per etnia, per condizione sociale ed economica, o per qualsiasi altra caratteristica sulla quale possono radicarsi discriminazioni, disuguaglianze, sfruttamento in tutte le sue forme.

Pensare una società umana orizzontale, allora, significa pensare una società in cui ogni alterità è rispettata; significa aver preso coscienza del fatto che sostenibilità ambientale e sostenibilità sociale sono due facce della stessa medaglia, e assumere la liberazione come orizzonte comune per l’intera specie umana e per tutte le altre specie.

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