Sono sempre stato sregolato: lettura disordinata e scomposta, ai limiti del comprensibile, con conseguenti limitazioni della capacità di sognare e progressivi danni a diverse vene della mia fantasia.

Su consiglio di vari conoscenti ho cercato varie cure fai-da te, iniziando a fare colazione alla Feltrinelli e usando la mia libreria per fare gli addominali, ma non miglioravo, c’era bisogno di una cura medica!

Sintomi: Quando leggevo un articolo di giornale in testa mi nuotavano dei saraghi; quando leggevo un romanzo i saraghi pensavo a come dovevo cucinarli; quando leggevo qualsiasi cosa non sapevo che pesci pigliare.

In uno dei tanti ritorni alla mia madre patria (la Sicilia), al banco degli yogurt della Conad di Case Nuove Russo di Patti, dopo dieci anni dal diploma vidi la mia vecchia professoressa di italiano, di quelle vecchio stampo, vecchio ordinamento, quella che diceva: “Poche cose distinguono l’uomo dagli animali, sicuramente tra queste c’è la Poesia! Conoscete i Poeti e sarete meno animali di quello che siete… e saprete leggere anche un giornale!” .

Poveri animali, mi dicevo, non sono mica loro il male del mondo; senza addentrarmi in discorsi filosofici ed esistenziali, la mia vecchia Prof mi aveva dato la ricetta medica di cui avevo bisogno e il giorno stesso andai in libreria, senza tiket sanitario, acquistai i farmaci generici che mi aveva prescritto e iniziai a leggere Poesie.

Questo tempo di privazioni e di impossibilità di trovarsi, ha avvicinato molti attori e attrici italiane alla lettura delle poesie. Leggere davanti ad uno schermo un testo di narrativa o un copione teatrale è faticoso, sia per il/la lettore/trice che per lo/la spettatore/trice, ma leggere una poesia è semplice.
Perché la poesia può quello che non può la drammaturgia?

Le risposte sarebbero molteplici ma mi limito a dire che è proprio la caratteristica della Drammaturgia Teatrale a costituire il limite della sua fruizione attraverso internet: le relazioni, i legami di tensione emotiva tra gli esseri che agiscono nella storia.

Vero è che ci sono diversi tipi di drammaturgia, ma si deve sempre dar vita ad una relazione, nel caso dei monologhi, tra chi racconta e chi ascolta. La poesia non lo richiede. La poesia ha bisogno di viaggiare in solitaria dentro le parole della nostra esperienza, dentro i ricordi dei suoni che non sappiamo riprodurre ma che conosciamo bene.  

Ecco una virtù delle attività social più nobili: dare la possibilità di essere il palcoscenico più esteso per recitare e ascoltare la poesia, ma se è facile tanto quanto navigare su internet, conoscere un poeta non è una cosa di tutti i giorni. Eppure a me è successo.

Scrivere un’email ad un poeta è inusuale, come anche telefonargli, tuttavia Franco Arminio, poeta del nostro tempo e inventore della Paesologia, non solo ha risposto alla mia email quando gli ho scritto, ma mi ha pure dato il suo numero di telefono.

Leggo le poesie/storie di Franco Arminio da anni ma… cosa gli avrei detto, cosa avrei chiesto, e soprattutto, perché lo avevo chiamato? Gli telefono per ringraziarlo e concordare un’intervista e lui mi dice che possiamo farla subito, in quella telefonata. Mi si gela il sangue e mi tornano i saraghi in testa.

“Bene”, gli dico, “iniziamo con la prima domanda”, mentre scrivo a matita su una fattura della lavanderia che mi trovo sotto mano: “Perché leggere poesie oggi?”

Franco Arminio inizia a rispondermi, brevemente, con la voce di un amico che discute con serenità di cose che conosce e che ama. Ha un modo tutto suo di parlare, con un accento indefinito del centro sud, dice le parole velocemente e alcune volte le taglia, altre volte le accenna, fa sentire più le vocali che le consonanti, aggiunge un verbo per rafforzare un significato, fa delle sospensioni sul suono non sul senso: è bello sentirlo parlare.  

Appena trascrivo mezza risposta lui già ha finito perché le sue risposte sono semplici, chiare, precise, senza tante spiegazioni o giri vari.

Scrivendo, però, non riesco a seguire bene il discorso e ad interagire con lui e rimango ad ascoltarlo come si fa quando hai voglia di ascoltare ogni minimo pensiero di chi ti sta parlando. Franco Arminio cita diverse poesie, vari poeti tra i quali Penna e Caproni, dice che Gianni Celati è uno dei suoi maestri di scritture e di amore per i luoghi dell’anima, parla dei giovani e di internet, dei social e della campagna, dei paesi che svelano storie perse nelle pietre e nelle porte aperte, racconta della professione dello scrittore: racconta quello che sente. Dice tanto in pochi minuti.

Chiusa la telefonata scrivo tutto sulla fattura e chiamo qualche amica per dirle che ho parlato con Franco Arminio. Come nei peggiori romanzi, però, la fattura viene buttata per errore, e con essa tutto quello che ero riuscito a scrivere.

Passato qualche mese e vari tentativi di riordinare tutte quelle poche (ma precise) parole ho capito che è impossibile, ci provo, ma sento che nessuna riga racconta bene quell’incontro e non appartiene a Franco. Allora in queste poche righe racconterò di un meraviglioso incontro, fatto al Maxxi poco tempo fa, con questo Poeta del nostro momento, del nostro tempo, perché quando sono insofferente a tutto mi ritornano le sue parole e pure io ritorno da dove sono scappato.

Franco: “…bisogna stare attenti perché tendiamo a cercare più colpevoli che innocenti e tendiamo a essere insofferenti, e tendiamo a produrre rancore, invece il gesto fondamentale sia per gli individui che per le comunità è quello di produrre cura”. Lo dice bene, a modo suo, in questa poesia:

Non adesso, forse, ma prima o poi arriverà una storia in cui capiremo che ognuna delle nostre ossa è impastata con il sudore di tutti, viene dal pallido freddo in cui un miracolo ha bucato il nulla ed è cominciato il mistero in corso, la vita di ognuno ora così tremante e bisognosa di soccorso. Non adesso, forse, ma capiremo che non dobbiamo sprecare il tempo che passiamo assieme, il tempo di un sorriso, di una passeggiata. Guardiamoci, parliamoci con bella, commovente serietà. Curiamoci.

Franco: “… fare un di bagno di umiltà, fare un passo indietro e dare spazio ad una nuova alleanza con animali e piante. La nostra postura eretta, presuntuosa, è quello che forse ha prodotto tanti guasti all’ambiente”.

Mettiti in vacanza
A un certo punto
devi capire
che il dolore che hai subito
non lo devi subire
all’infinito.
Mettiti in vacanza,
la povera vita adulta
non può pagare a oltranza
i debiti dell’infanzia.
Dichiara finite le tue colpe,
scontata la pena.
D’ora in poi ogni giornata
sarà come prima
ma dentro di te
più netta e vera, più limpida
e sincera.
Tu devi solo la più grande dolcezza possibile
a chi verrà e a chi andrà via.
È festa nel tuo cuore,
festeggia in qualche modo
il cuore degli altri.

Franco: “Gli scoraggiatori militanti sono quelle creature che hanno fallito la loro vita e praticano con successo a far fallire la vita degli altri.  Non c’è politica che possa produrre odio o sviluppo se mettiamo acqua in un vaso rotto. Bisogna fare esercizi di ammirazione, di ringraziamento”.

Ps. Franco non ti arrabbiare se non ti piace come ti ho raccontato, l’ho fatto alla maniera di un drammaturgo, ma con grande umiltà, perché della tua meravigliosa capacità di svelare i segreti di Madre Vita ne abbiamo bisogno anche noi scrittori, non solo tutti gli uomini e le donne del tuo tempo presente e futuro.

Ecco i giusti consigli di Franco Arminio per ammalarsi poco: “Resta imperfetto. Non preoccuparti se ti opprimono. Peggio per loro. Resta pronto a cambiare. Fatti a pezzi, ma non troppo piccoli, non ti puoi riattaccare. Tieni conto dei tuoi difetti, non di quelli degli altri. Cerca di conoscere bene il luogo in cui ti trovi. Bada all’attimo e all’impressione. Non trattenerti troppo, non farti il nido. Fai molto sesso, specialmente quando non ti sembra il caso. Non confidare troppo nella medicina: ci sono malattie che sono pericolose solo quando sai di averle. Sappi che i poeti sono più forti dei politici e anche dei mafiosi, ma non lo sanno, non sanno che può vivere solo chi ha le zanne di un animale nella carne. Noi siamo quello che ci accade mentre veniamo morsi. Sappi che si continuerà ancora per un poco con le solite manfrine ma nel complesso è finita, appartieni a una specie stanca, superata. Puoi essere sicuro che si muore e su quello che accade prima cerca di rimanere incerto. Conduci la tua esistenza al buio e per conto tuo. Cerca le tue parole. Chi cerca le sue parole si ammala assai poco”.

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