Ha aperto il 20 settembre e sarà visitabile fino al 30 ottobre 2025 la mostra “Assume the position” di Pacifico Silano, presso Monti 8, in via degli Ausoni, 57 a Roma. Monti 8 è una nuova Galleria d’arte fondata da Lea Ficca e Matteo Di Marco.

La mostra, con testo critico di Roberto D’Onorio, pone problematiche sulle modalità con cui la società approccia al mondo queer, osservando risvolti che ancora oggi pongono degli interrogativi.

Pacifico Silano propone nove quadri

Pacifico Silano propone, per questa prima esposizione in Italia, nove quadri realizzati nel 2025, in cui restituisce sezioni di corpi maschili, da cui estrae con frequenza la parte centrale del torso. Particolari assoluti che evidenziano, in primis, l’assenza di braccia e volti, a testimoniare una ferma concentrazione verso questa “corpografia poetica”, come l’ha definita Roberto D’Onorio.

“Questa mostra è la prima nella capitale e presenta una serie di opere, quasi tutti torsi a grandezza naturale, che Silano ha voluto presentare al pubblico per la prima volta. Un po’ un nuovo inizio sia per l’artista, per il quale questa personale rappresenta il punto di partenza di un nuova indagine, sia per la nostra galleria che ha fortemente voluto Pacifico Silano tra gli attori di questo primo anno in una nuova città, forse anche a sottolineare un cammino di crescita lavorativa e personale che si sviluppa insieme fin dal principio”, rivela Lea Ficca.

L’interesse di Silano per i busti si intreccia con la propria storia personale. La fotografia, infatti, è medium per trattare il dramma dello zio, prematuramente scomparso per via di complicazioni derivanti dalla HIV. Le immagini proposte utilizzano la tecnica della fotografia indiretta e attingono da riviste vintage anni Settanta, legate al mondo LGBTQ+. L’artista si concentra sul petto, restringendo così il proprio orizzonte visivo, ponendo l’attenzione con grande delicatezza al mondo queer. Torna, quindi, indietro nel tempo, esattamente al momento in cui la comunità subì gravi perdite per via della crisi sanitaria che l’aveva colpita.

“Siamo stati la prima galleria a portare il suo lavoro non solo in Italia, ma in Europa. Sentivamo la necessità di dar voce a un artista che doveva essere raccontato, perché la complessità della sua ricerca va oltre l’interesse verso certe tematiche e parte invece da una storia personale che, solo se raccontata, fa comprendere la poesia del suo linguaggio e la profondità dell’artista in quanto essere umano”, conclude Lea Ficca.

I busti, racchiusi da cornici, rimandano a quelli classici dell’antichità, in cui la nudità eroica era avvertita come valore universale di bellezza, ma anche di virtù. L’artista, con questa operazione, da una parte rivaluta la propria storia familiare, conferendo alla stessa valore fondante, dall’altra reintegra e si appassiona ai temi della comunità queer, sempre più spesso attaccata da visioni discriminanti e atteggiamenti di esclusione. Nel proporre torsi di uomini, Silano dà valore allo status esistenziale del gruppo.

Conferisce, al tempo stesso, perdono verso l’altro e propone una visione assertiva che invita a rispettare i bisogni e i diritti di tutti. Un atto sociale teso a ripristinare, a distanza di anni, impegno e cura nei confronti della storia personale e comunitaria, riproponendo quella “tenerezza che l’ordine sociale non ha saputo accogliere”, come si legge del testo di D’Onorio. Problematiche quindi molto ampie, che richiedono una riflessione profonda sulla poetica dell’artista, che va ben oltre la rappresentazione delle opere.

Pacifico Silano, fotografo, classe 1986, è nato a New York, dove tutt’ora vive e lavora. Appartenente ad una famiglia cattolica di origini italiane, si appassiona ben presto alla fotografia che studia a New York. Le sue opere sono state esposte allo Houston Center for Photography e al Bronx Museum.

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