The centre cannot hold è il nuovo progetto espositivo di Monitor Gallery in Roma visitabile fino al 19 luglio 2024.11 artisti portoghesi sono stati selezionati dall’occhio critico e attento del giovane curatore Mattia Tosti. La mostra restituisce una visione dell’arte contemporanea nella terra di Pessoa e Saramago.

Un vero e proprio Viaggio in Portogallo, in cui artisti più giovani e meno giovani si confrontano in un’unica ambientazione, senza necessariamente esser collegati da un comune fil rouge, come vuole indicare il titolo tratto da una poesia di William Butler Yeats.

La mostra. Una panoramica libera da interpretazioni

Ne consegue una visione diacronica e al tempo stesso sincronica del Paese, una panoramica libera da interpretazioni, in cui l’osservatore può spaziare su altri mondi e verificare le pratiche artistiche di terre lontane, affacciate sull’oceano, dove le suggestioni provengono dai venti che spirano da Ovest, e quindi necessariamente diverse dal resto d’Europa.

Alice dos Reis, Diogo Pinto, Gabriel Abrantes, Inês Brites, João Pimenta Gomes, Lourdes Castro, Maria Paz Aires, Pedro Henriques, Pedro Moreira, Sérgio Carronha e Tomás Abreu sono i nomi degli 11 in mostra.

Video, tracce audio, sculture in cera, pittura, ceramica e serigrafia sono i mezzi espressivi di questa mostra insolita, in cui l’osservatore può essere rapito da suggestioni e realtà di altri contesti. Numerose le novità proposte, ma ve ne raccontiamo solo alcune.

Gli artisti, le opere in mostra

Para a vida uma Doenca de Cobre” di Alice dos Reis, classe 1995, è un video in cui l’artista immagina una fittizia intervista a sua nonna che aveva lavorato per lungo tempo in una fabbrica di contraccettivi. Attraverso il suo sguardo, dos Reis affronta il suo argomento principale di ricerca, ossia i processi di riproduzione biologica e costruzione sociale, indagando su possibili speculazioni future in materia di anticoncezionali.

Inês Brites, giovanissima del 1992, avvolge le sue sculture con la cera producendo una nuova reinterpretazione dell’oggetto. La cristallizzazione di attrezzi quotidiani con una nuova patina fa sì che il manufatto assuma un significato diverso e permette all’artista di riflettere sul senso dell’utensile nel momento in cui diviene strumento nelle mani dell’uomo.

João Pimenta Gomes, 1989, sintetizza voci e immagini per indagare il rapporto tra spazio e corpo umano. Slouching Towards Bethlehem è un loop narrativo in cui si vede e si ascolta una donna che esegue esercizi vocali. L’artista riproduce la voce umana attraverso un mellotron e l’effetto è un’esplorazione in una dimensione sonora inedita.

Maria Paz Aires, Porto 1998, realizza una scultura tentacolare in cui pone una riflessione più alta rispetto alla distinzione uomo – donna. Le sue figure immaginifiche e prive di umanità indagano l’identità di genere e suggeriscono nuove interpretazioni, al di fuori degli schemi binari convenzionali.

Pedro Moreira, artista queer del 1990, unisce il fantasy alla mitologia e propone maschere irreali che, nel suo immaginario, rappresentano i volti di un romanzo che è in procinto di scrivere.

Le opere pittoriche di Gabriel Abrantes, 1992, sono abitate da fantasmi surreali realizzati con il programma 3D Maya. In “Ghost Playing Flute” un’assurda figura simile ad un iceberg occupa lo spazio centrale, avanzando velleità umane.

Tomás Abreu, giovanissimo, nel suo dipinto riporta una performance artistica tenuta a Porto in cui due bolle fluttuavano nell’aria, senza scoppiare, stupendo tutti. Si apprese poi che le due sfere erano di plastica.

Gli altri artisti in mostra hanno molto raccontare, e dunque invitiamo a visitare la mostra al più presto.

Monitor Gallery è a Roma in via degli Aurunci 44, 46, 48.

Condividi: